Un cadavere e mezzo. Senza scarpe
- Autore: Giulio Barbarigo
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2017
Due racconti, un romanzo in due titoli, una coppia di inchieste del commissario Bernardi a Venezia: c’è continuità di protagonisti principali, di sede geografica delle vicende gialle e di tecnica narrativa, da poliziesco classico, nel doppio lavoro del veneziano Giulio Barbarigo. “Un cadavere e mezzo. Senza scarpe” è apparso nel 2017, in una veste semplice, ma elegante della casa editrice Biblioteca dei Leoni di Castelfranco Veneto (240 pagine complessive, 12 euro).
Il primo elemento di continuità è costituito dai primattori. Coinvolge il commissario di polizia Fulvio Bernardi e compagnia di giro (la contessa Soranzo e l’agente Erminio Basso). Quanto alla location, è presto detto, si tratta della città lagunare, unica, senza uguali, più che mai adatta al mistero con le sue calli buie che sembrano fatte per nascondere, più che rivelare. La microcriminalità non vi trova spazio, a quanto dicono, ma nei romanzi Venezia si presta ai grandi delitti, ai segreti, alle passioni inconfessabili, che nasconde dietro un volto umido, anche un po’ rugoso.
Quello che c’è e allo stesso tempo non c’è, è l’autore. Il cognome altisonante aveva già destato curiosità, ma la conferma è arrivata dal sito della casa editrice. Non si esita a rivelare che l’indicazione in copertina è uno pseudonimo, ispirato da una nobile famiglia della Serenissima a un veneziano di lungo corso, esperto delle cose locali di ieri e di oggi e che ha meritato una presentazione da Oscar:
conoscitore dei luoghi e di tutte le trame d’amore, di potere, di affari della sua città, conduce con piacevole suspense oltre che alla soluzione degli intrighi e dei delitti, alla scoperta dei molti segreti, traffici, virtù e misteri del suo grande passato, tra grandi raffinatezze superstiti E il becero turismo contemporaneo.
Venendo al primo racconto, l’agente Basso non regge la vista dei cadaveri e la bella e severa patologa gli ha proibito di entrare nell’obitorio, da quando le ha vomitato accanto, davanti al corpo della suicida decapitata da un treno.
Si chiederà: che c’azzecca con Bernardi? C’entra, calma e si capirà.
Ma tu guarda se per commettere un delitto devono scegliere come testimone un commissario di polizia! È una figura incappucciata quella che nottetempo aggredisce a coltellate una donna, in Fondamenta Ognissanti, a Dorsoduro. Le urla attirano l’attenzione di due passanti. Uno è proprio il dott. Fulvio, che ama le passeggiate notturne per Venezia, tanto più quando vuole stare alla larga dalla possessiva contessa.
L’aggredita è una ragazzina di nemmeno vent’anni e ne dimostrerebbe anche di meno se non preferisse radere tutti i capelli. È decisamente fortunata: le coltellate non l’hanno ferita, fermate da un grosso plico che portava sotto la veste. Ha subìto solo una contusione alla testa, cadendo. Non ha riconosciuto l’aggressore.
L’occasione è giusta per approfondire la conoscenza del commissario del San Lorenzo: sulla cinquantina, gran fiuto investigativo, molta misura a tavola e ancora più cautela con vini e alcolici. È comunque un buongustaio di cibi e anche di donne. Ha un modo di fare tutt’altro che conformista, nella conduzione delle indagini di polizia. Si pensi a questa: la ragazza era in procinto di partire per un viaggio di studio a Bagdad e lui l’autorizza a lasciare l’Italia, perché vuole montare una trappola che dovrebbe indurre il bruto a scoprirsi. Simulerà l’uccisione della vittima. Servono un cadavere femminile sotto un lenzuolo, un ficcanaso e un fatto. Li ha sottomano tutti e tre: la decapitata all’obitorio, l’insistente cronista di nera del Gazzettino che deve spargere la notizia della morte e l’accordo di dargli entro una settimana in esclusiva il nome dell’assassino della giovane.
Tutto molto artificiale, ma sembra funzionare. Aggiungiamo una tavoletta incisa a caratteri cuneiformi assiri, un antiquario, l’attraente socia e un acquirente americano. E diamo al tutto un tocco di rosa, che non guasta nelle trame di Barbarigo, ottimo costruttore di caratteri. Di nobile famiglia decaduta ma non economicamente decotta, la contessa Ludovica Soranzo non può che piacere agli uomini. La bellezza arrogante e sensuale ha fatto breccia nel cuore di Bernardi, che tollera la gelosia appassionata e possessiva della compagna solo perché non convivono, restando ognuno a casa propria e perché i caratteri opposti scatenano screzi che regalano poi l’immancabile e piacevolmente erotica rappacificazione.
Nel secondo episodio, “Senza scarpe”, il problema del secolo per il nostro commissario è sottrarsi alla vacanza in crociera pretesa dall’autoritaria e irrefrenabile, ma anche irresistibile, amante. Ci sono scarpe da donna in ballo in questa storia, la contessa Ludovica ne ha comprato un paio a spillo, rosse, con ghirigori gialli, stranamente inadatte al suo look raffinato.
Non indossa calzature, invece, il cadavere di una giovane nei canali della città nella laguna. Il ritrovamento costringerà Bernardi ad accostarsi al gigantesco palazzo navigante superlusso sul quale non avrebbe voluto mettere piede. Polìce oblige, ci sarebbe da dire, le indagini comportano obblighi. Proprio come la nobiltà, noblesse oblige.
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