Un paese, il suo dialetto, la sua gente. Oggi, ieri e avant’ieri
- Autore: Lino Ferrante
- Categoria: Saggistica
Lino Ferrante, insegnate e cultore del mondo abruzzese, ha pubblicato molti studi sulla cultura e sul linguaggio del suo amato paese, Rapino, come Il lago intorno alla luna… e Aspettando il cavallo bianco. Questo piccolo manuale, Un paese, il suo dialetto, la sua gente. Oggi, ieri e avant’ieri (èDicola) nasce dall’amore che il suo autore nutre per il suo paese natale; esso è organizzato in tre sezioni: piccolo dizionario di nomi, spiegazioni di locuzioni e analisi di aggettivi.
La seconda parte del manuale è molto particolare in quanto contiene espressioni agro-dolci, tra l’ironico e il faceto divenute proverbiali, non solo nella società rapinese ma anche nei paesi limitrofi come ad esempio: “L’omme pijète a la rote” [Lo hanno preso alla Ruota], per indicare i neonati esposti e lasciati alla Ruota, ospizio ben noto nel Regno delle Due Sicilie, cui Rapino apparteneva.
O ancora “Sante Faleche!”: esclamazione di meraviglia e di invocazione a San Falco, scandita sillaba per sillaba per indicare una persona di estrema voracità.
“A sorte di Ddi… evviva Francische”: risposta di un contadino che, nulla conoscendo dei grandi eventi dell’Unità d’Italia, fermato da uno sparuto gruppo di soldati borbonici in fuga, riesce a salvarsi invocando il nome del re Francesco II. Casi della vita!
E ancora, per indicare una persona molto stanca: “Pare c’à ite a San iàcheme di Halizie” [Pare che è andato a San Giacomo di Galizia].
Tra queste pagine rivivono anche personaggi assunti ad archetipi, quasi maschere della palliata, come: Ciabbaccone, uomo bonario; “Flumene di Pappàngele”, donna sempre adorna di monili di nessun valore che si presentava ad ogni festa; Zi’ Cristofaro, esattore delle imposte che si divertiva a richiamare l’attenzione dei passanti con fragorosi starnuti e molti altri.
Questo mondo ormai lontano nel tempo non è esente da espressioni forti che l’autore dichiara esplicitamente di non voler inserire. Ne cito solo uno: “nu butte di sangue”, [un fiotto di sangue, lessico longobardo] che, se unito a “puzza fa”, è un chiaro malaugurio.
Un’espressione di meraviglia molto nota e ancora in uso nel parlato colloquiale è “Marammé”.
Merita un cenno anche l’uso de “Lu Breve”, fino agli anni 30 del Novecento, sacchetto indossato come collana con erbe magiche e propiziatorie.
Il testo è corredato da alcuni disegni dell’artista Luciano Primavera e da una presentazione di Mario D’Alessandro. Purtroppo non ci sono le trascrizioni fonetiche delle lemmi e delle espressioni.
Rapino è un paese di origini pre-italiche: Touta Maruca, nel suo territorio in epoca preistorica è stata trovata una statuetta dedicata a Cerere, dea dell’abbondanza e ci sono tracce, oltre l’abitato, in zona montana, di mura di un tempio dedicato alla prostituzione sacra. Reminiscenze di questi culti pagani restano nel culto mariano e nella famosa processione delle verginelle dedicate alla Madonna dell’ acqua (8 maggio). Oggi il paese è molto noto per la realizzazione di pregiati manufatti in ceramica che videro una prima diffusione con il noto ceramista Fedele Cappelletti (1847/1922).
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Un paese, il suo dialetto, la sua gente. Oggi, ieri e avant’ieri
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