Un qualunque respiro
- Autore: Emily Pigozzi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
La protagonista di "Un qualunque respiro" (Butterfly, 2014) si chiama Eliana, un nome che ricorda vagamente quello dell’autrice, Emily Pigozzi, con la quale, immagino, condivida molte cose, prima fra tutte la sensibilità per certi argomenti e la prontezza di spirito nell’affrontarli, che le hanno permesso di parlare di un tema molto sentito e profondo: la maternità.
La voce narrante è una giovane donna di trent’anni, con un marito ed una vita che la soddisfa pienamente. Ciò che le sembrava qualcosa di ancora troppo lontano e poco desiderabile, diventa lentamente un pensiero insistente, che chiede e pretende di essere ascoltato: avere un figlio.
Una voglia smodata che all’improvviso le riempie le giornate senza che lei neanche se ne renda conto. Proprio lei che ha vissuto in una famiglia indifferente e distaccata, incapace di dimostrarle realmente quell’amore di cui aveva bisogno, quella presenza genitoriale che l’avrebbe fatta sentire protetta. E invece Eliana sa bene che con Alberto, l’uomo che ama, sarà tutto diverso. Egli desidera essere genitore quanto lei e soprattutto è l’uomo della sua vita, l’altra metà della mela, l’uomo sicuro e prezioso che le ha riempito l’esistenza e che le ha regalato l’amore, “caldo e perfetto incavo dei miei sogni.”
Entrambi quindi, uniti più che mai, fautori del proprio destino e delle loro vite eccezionalmente normali, s’immergono corpo e anima nella ricerca di questo bambino che desiderano più di ogni altra cosa, non solo come punto di arrivo della loro storia, ma anche come manifestazione e conferma della loro stessa esistenza oltre se stessi. Eliana conduce una vita normale, con il suo lavoro, la sua casa, il suo gatto ed è proprio nell’atmosfera frenetica di questa semplice esistenza, esemplare nella sua naturalezza e nella sua verità, che s’insinua lentamente l’ombra di una mancata maternità. I mesi passano, la coppia affronta numerosi tentativi, dando spazio a qualsiasi possibilità ma l’assenza e la disillusione sono il pane quotidiano di cui le speranze si nutrono. Eliana sente forte il desiderio di vivere questa esperienza, la sente già dentro, è madre nel cuore, negli occhi, nell’anima.
“E’ come se avessi pudore di questo sentimento troppo grande, delle mie paure. Di questo amore materno che già sento, e che non posso esprimere.”
Non ne parla con nessuno perché è un sentimento sacro che non può essere condiviso per non sminuirlo. Troppo grande e troppo intimo così come pericoloso e doloroso.
Il tema di questa storia è dunque delicato e tormentato. Lo è l’animo della protagonista, lo sono i suoi dubbi e le sue domande irrisolte che restano nell’aria come grida mute che nessuno può ascoltare perché la natura è beffarda e non la puoi comprendere.
Lo stile è pulito, essenziale, si compone di frasi brevi e frequenti punto e a capo che favoriscono una lettura elastica e veloce. Eliana è forte e determinata, ha imparato a non abbattersi e questo diventa sempre più chiaro dalle descrizioni di come reagisce agli eventi. Non c’è pietismo né un approccio lagnoso a questa piccola e tragica attesa che porta il peso di un mondo intero. Perché avere un figlio è naturale ed essere padre e madre può diventare una vera e propria necessità. Ella ha le sue fragilità, la paura l’attanaglia e il tempo le divora la speranza. Il ventre continua ad essere piatto e la casa ha un vuoto che ormai appare incolmabile che prima non c’era: il vuoto di un bambino.
“E’ la vita a farmi paura. Quella che dentro me non germoglia.”
Entrambi cercano di distrarsi con il lavoro, le vacanze, le cene con gli amici ma il fantasma di quel bambino non ancora nato non gli dà tregua. L’odore della disperazione è sempre a due passi dalla porta di casa ed Eliana e Alberto si amano troppo per rinunciare.
L’assenza di quella piccola vita all’interno del proprio corpo di donna diventa per lei una mancanza insopportabile. I luoghi e le persone le ricordano inequivocabilmente quanto tutto sia maledettamente collegato a quel desiderio inespresso che le riempie la vita seppur le sue braccia stiano ancora cullando il nulla. E’ come un velo grigio, questa consapevolezza, pesante e consistente, che opprime tutta la vita, rendendo il presente ed il futuro come uno sguardo senza domani se quel sogno non diventa realtà, l’unico per il quale valga la pena vivere.
Emily Pigozzi è molto brava a trasmettere il senso di attesa snervante e a volte così triste da diventare palpabile. L’immobilità, il timore e l’incertezza, un eterno trattenere il fiato che sembra non finire mai. Sottili, sofferenti e delicati i pensieri di Eliana che vorrebbe costruire la sua casa per i figli che verranno perché come diceva Pirandello, è la casa dei nostri genitori ad essere la culla dei nostri ricordi, il luogo in cui ci riconosciamo, quel luogo caldo e protettivo nel quale siamo cresciuti e abbiamo preso parte a questo mondo.
La vita di Eliana sembra sgretolarsi lentamente sotto il peso delle incertezze che la portano a dubitare persino dell’amore di Alberto che sembra non bastare più. Non le basta per sentire che la sua vita va bene così com’è, non le basta per accontentarsi di non avere un figlio. Eppure l’attesa continua, i mesi scorrono senza alcuna novità, e quel pensiero così pressante sembra aver distrutto qualunque altra cosa, qualsiasi slancio vitale. Si chiede per quale motivo vuole così tanto un bambino. Forse per quel desiderio di immortalità tanto comune a tutti? Per lasciare qualcosa di sé al mondo? Chissà se quel figlio le sarà grato per averlo messo al mondo. Si dice che i genitori non si possano scegliere ma neanche i figli, mentre Alberto, l’uomo che ama, è stata lei stessa a sceglierlo e questo vorrà pur dire qualcosa. Lui ci sarà ancora se lei non distruggerà tutto.
C’è prontezza d’animo nel raccontare questo tipo di sofferenza senza cadere nella banalità ma riuscendo comunque a suscitare emozioni che ti spingono a continuare la lettura. Non si legge abbattimento o senso di sconfitta e seppur brevemente queste sensazioni possono prendere il sopravvento, ciò che si avverte è la voglia di andare avanti senza lasciarsi trascinare giù dalla depressione o dall’autocommiserazione.
Le parole usate ed il modo, quasi frettoloso di comporre le frasi, come per donarci attimi di vita vissuta senza filtri, carichi di emozioni e ansie, spesso risvegliano sentimenti sopiti in ciascuno di noi e tutto ciò che leggiamo diventa palesemente condivisibile.
C’è esaltazione, partecipazione, persino commozione perché l’autrice riesce a coinvolgere chi legge a tal punto da rendere le vicende raccontate, parte di ognuno di noi, in un modo o nell’altro. E la bellezza di queste poche pagine credo sia proprio questa, la semplicità e la verità che spingono a comprendere ed accogliere, provocando quell’empatia che ci fa essere tutt’uno con i protagonisti.
E quando Eliana finalmente resterà incinta, vivremo con lei la sua contentezza, i suoi dubbi e le sue incertezze e soprattutto le difficoltà che dovrà affrontare perché il peggio dovrà ancora arrivare.
Nonostante ciò la nostra protagonista è forte com’è forte il suo amore per ciò che le cresce dentro perché come dice lei stessa:
“Il mio ventre è il custode di tutta la terra.”
La storia narrata assume sempre di più la forma di un diario, il tempo acquista un valore sconfinato, i mesi diventano scadenze impronunciabili, mostri pronti ad addentare qualsiasi illusione. Ma ciò che principalmente fa Eliana in questo romanzo è amare. Ella ama il proprio marito e poi quel figlio che non vuole arrivare ma di cui si sente già madre da quando ha sentito dentro di sé il desiderio di averlo. Sarà lunga la strada verso il paradiso fatto di culle, giocattoli ed omogeneizzati. Quel paradiso in cui ti guardi allo specchio e vedi che la tua pancia sta crescendo. Sarà difficile per lei ed Alberto non perdere definitivamente la speranza per le numerose avversità.
Ciò di cui racconta più di tutto questo romanzo è dell’amore tra un uomo e una donna che supera qualunque ostacolo per poi essere finalmente premiato. Nonostante sia proprio lei ad essere quella più abbattuta e devastata dagli eventi di una maternità così difficile, Alberto non l’abbandona mai e anche nel momento che appare più tragico, la trova nel più impensabile dei nascondigli per riportarla dolcemente tra le sue braccia. Quelle braccia che sanno di casa e che saranno le stesse che stringeranno quel figlio che prima o poi arriverà.
“Lo so, non c’è un solo attimo in cui non l’ho saputo: ci siamo persi e ritrovati mille volte, durante questa ricerca. Ma è lui il padre dei miei figli, anche di quelli che non nasceranno.”
Momenti molto intensi scivolano e lasciano segni che rendono questa lettura coinvolgente. Una donna come tante che non rinuncia al proprio sogno che non è quello materiale ma parla di amore e di maternità. Un sogno che ogni donna dovrebbe condividere, che non dovrebbe mai rinnegare, perché ogni creatura che nasce è un miracolo che si compie. Un miracolo che parla di vita e di futuro e Dio solo sa quanto proprio adesso abbiamo bisogno di tutto questo. Di una speranza che ci insegni a vivere diversamente, che ci regali uno sguardo pieno di coraggio e determinazione perché qualcosa deve prima o poi cambiare. Qualcosa che rompa la staticità, l’immobilità e il senso di vecchio in cui ci siamo pericolosamente incastrati. Che abbia il dono della terra e del cielo perché una nuova vita è anche questo. E che ci regali un nuovo respiro, uno qualunque, purché sia vivo.
Un qualunque respiro
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