Un uomo pieno di gioia
- Autore: Cesare Garboli
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: minimum fax
- Anno di pubblicazione: 2021
Antonio Delfini, scrittore e poeta modenese, fu uno degli amici più intimi di Cesare Garboli. Un maestro della prosa del Novecento, scrive Emanuele Trevi nella prefazione a Un uomo pieno di gioia (minimum fax, 2021), in un magnifico racconto che è qualcosa di più e qualcosa di meno di un saggio di critica letteraria.
Poco più di novanta pagine per narrare il mondo di Delfini, intessuto di irrazionalità; uno scrittore autodidatta, fuori dagli schemi che con la letteratura viveva “un rapporto magico”. Una lettura importante e preziosa per la conoscenza di un grande autore della nostra letteratura, purtroppo dimenticato. Cesare Garboli scrittore, interprete e curatore di libri e opere d’arte, fu un accademico che si fece molti nemici, scrive Trevi che del “grande critico” è stato amico, e da un certo periodo della sua vita in poi cominciò a essere venerato da una schiera di critici e scrittori alle prime armi, gente di teatro e editori intelligenti.
Garboli, appena diciassettenne, allievo di Natalino Sapegno, conobbe Antonio Delfini, trentanove anni, sul lungomare di Viareggio nel 1946. Lo conobbe come scrittore, per altri un nobile decaduto inoperoso, e lo classificò fra i personaggi di Dostoevskij. Nel suo ritratto letterario, Delfini scrittore era “solo il magnifico pezzo di vetro in cui si rispecchiava senza riconoscersi”, un personaggio che aspettava di essere scritto, il protagonista di una crisi di identità totale vissuta come un gioco.
“C’era in Delfini una natura segreta, estremamente commovente, di uomo e bambino che chiede sempre aiuto, ma non dà mai il proprio cuore; e l’amicizia era per Delfini, in questo senso, un diritto capriccioso.“
Nato a Modena, figlio di proprietari terrieri, crebbe con la madre e la sorella come un piccolo lord, benestanti ma non in grado di gestire le rendite; morì che non possedeva neanche un soldo. Delfini è stato uno di quei pochi uomini a cui è capitato a cinquant’anni, per questioni burocratiche, di vedere suo padre morto all’età di trent’anni in perfetto stato di conservazione, in uniforme con le mani conserte! Contemporaneo di Gadda, Moravia, Montale, Landolfi, fu giudicato ingiustamente noioso; vero è che non fosse un conversatore brillante e né uomo di mondo, perché per dare il meglio di sé “aveva bisogno della solitudine e della notte”. Non faceva progetti, né li realizzava.
Uno scrittore disarmato, continua Garboli nel descriverlo, la cui forza era di esprimersi con grazia. Il suoi libri non hanno avuto successo, erano apprezzati ma non erano venduti.
“Bello, bellissimo, la letteratura è quella lì, è cosi che scrive, ma non posso: non so che dire”, era una delle risposte ricorrenti. Una vita trascorsa pressappoco in solitudine, ma senza la tristezza e l’afflizione della solitudine. La coabitazione con se stesso, temuta e fuggita, la sentiva tollerabile come una salvezza; la curiosità per se stesso era “la curiosità leopardiana”, quella che si rivolge a un altro.
Un capitolo della sua vita, racconta Garboli, riguarda gli anni del Fascismo. Delfini si iscrisse al Fascio a dodici anni, incantato dai racconti di un giovane aviatore dannunziano. Negli anni Trenta il Fascismo non era per lui più tollerabile, ma mai sentì di essere un oppositore. Governato dalle emozioni, condivideva la ribellione, la stessa che lo condusse adolescente a scegliere il Duce. Delfini era “un gentiluomo anarchico” e se contestava le istituzioni lo faceva per fedeltà a istituzioni del passato quali la Patria, il Popolo, il Papa. La politica la considerava una nobile passione, così tanto da poter indurre un uomo a battersi in duello.
“Il fascista che era in Delfini disprezzava il liberale, e il gentiluomo che era Delfini disprezzava il fascista.“
Il saggio di Cesare Garboli è un piccolo gioiello, approfondito e minuzioso, nel quale il critico racconta di un uomo indifeso quasi ingenuo, della sua prosa, dei suoi libri, dei suoi Diari, e per chi lo leggerà “sarà un luogo della vita da attraversare, una scoperta, una realtà da incontrare e conoscere”; la vita di un uomo così disperato, così dissennato ma pieno di gioia.
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