Una ballata del mare salato. Il romanzo di Hugo Pratt

Non è che uno nasce coi piedi per terra. Prima di smettere definitivamente di sognare leggevo i fumetti e quelli di Corto Maltese erano i miei preferiti. Mi ci “smarrivo” dentro, entusiasta com’ero di mare, imprevisti e - data l’età acerba - di donne esotiche.

Anche adesso che (purtroppo) sono immune alla sospensione di credulità, i disegni e le storie di Hugo Pratt rimangono, per me, madeleine sull’altrove, passaggi segreti per possibilità quasi metafisiche. Profumano di salsedine, estate, viaggio, tesori perduti, città invisibili, distanze incolmabili (come soltanto in un paio di dischi di Paolo Conte), dove gli eroi malinconici sono maliarde (im)possibili, farabutti ed eroi, simboli di un mondo terracqueo precluso ai non-sognatori. Con il valore aggiunto dello spessore psicologico adulto che fa credibilità (altro che gli improbabili supereroi della Marvel).

Non aggiungo nulla di nuovo se affermo che “La ballata del mare salato” è La storia per antonomasia di Corto Maltese. La sua versione romanzata è freschissima di stampa per Rizzoli-Lizard e - ragazzi miei, credetemi sulla parola - non perde un grammo rispetto all’originale a fumetti.

Il marinaio più enigmatico della Gioconda di Leonardo si staglia dalle pagine (251 + appendice di acquerelli da leccarsi i baffi, se li avete), girovaga tra isole e isolotti scampati alle rotte dell’Oceano Pacifico, circondato dal consueto campionario di personaggi da leggenda (naufraghi e pirati in primo luogo), cinici per vocazione e per stato di necessità, nel contesto più vero del vero del primo conflitto mondiale, in un andirivieni per acque tempestose di sommergibili, incrociatori e altre meraviglie da "strisce" per grandi (o per piccoli già grandi).

Un saliscendi di trovate, cambi di rotta, situazioni al limite dell’impossibile (la trama va assaporata, non svelata), per questo primo tomo di una collana che promette di editare anche il resto della produzione saggistico-romanzesca di Hugo Pratt.

L’occasione ideale per scoprire che rispetto alla statura letteraria del narratore riminese, Wilbur Smith e Patrick O’Brian sono delle mezzecalzette. Avventuratevi tra le pieghe di questo libro che si legge come un film, e fatemi sapere.