Una terra imperfetta
- Autore: Delia Morea
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Avagliano
- Anno di pubblicazione: 2013
“Una terra imperfetta” (Avagliano, 2013) è un racconto quasi epico che ha per protagonista una donna coraggiosa, Anna Diamante, che la scrittrice napoletana Delia Morea segue dalla sua infanzia, in una Napoli fine Ottocento colpita dal colera che le ha appena strappato la madre, una cantante argentina dalla voce e dal viso bellissimo, fino all’età matura. E’ questo lo spunto narrativo per costruire un grande affresco che ha per reale prima attrice la città di Napoli, vista nei suoi anni più gloriosi, quelli della Belle Epoque, che coincidono con un grande sviluppo economico, uno slancio urbanistico, un momento di grande entusiasmo e creatività che vedono la nascita della grande canzone napoletana d’autore, quella dei caffè-concerto, dei teatri di varietà, della nuova commedia, di una grande letteratura. In questo mondo turbinoso, dove alla grandezza di nomi di artisti, poeti, comici, pittori, musicisti, scienziati, architetti si contrappone una miseria sconfortante, una fame atavica mai appagata, un’endemica condizione di malattia e di disperazione della maggior parte dei napoletani, qui si muovono i personaggi che la fantasia della scrittrice ci presenta.
Anna Diamante è figlia di Antonio, che dopo la perdita della amata Estrelita impegna le sue energie per l’educazione della figlia, alla quale insegna l’arte del canto, mentre lui si dedica alla giocoleria e soprattutto ad un’arte che si sta affermando, l’ipnosi. Presto la timida Annina, che ha nel giovane e strambo Pasqualino un amico devoto e un fedele accompagnatore, decide di darsi al bel canto e riesce fortunosamente ad entrare nel difficile mondo delle “sciantose”, aiutata da un artista bello e già affermato, Davide Buonocuore, che sarà il grande e infelice l’amore della sua vita.
La vicenda si dirama in tanti rivoli, che vedono la comparsa di molti personaggi veri di quell’epoca favolosa:
- Eduardo Scarpetta, nella cui nuova compagnia teatrale Antonio Diamante fa da suggeritore,
- Salvatore Di Giacomo, le cui struggenti canzoni vengono interpretate nei nuovi teatri, l’Eden, il Salone Margherita, il Mercadante, lo stesso San Carlo,
- Matilde Serao accompagnata da Scarfoglio, che non perde una prima teatrale, sempre con il suo taccuino pronto alla critica dei nuovi spettacoli che si susseguono sera dopo sera,
- Gennaro Pasquariello, acclamato dal pubblico,
- Gilda Mignonette,
- Cléo de Merode.
Ai personaggi veri si affiancano quelli di fantasia, come la splendida Nanà, che fa impazzire gli uomini con il suo corpo sinuoso e non lesina la sua partecipazione a eventi stravaganti, come una cavalcata seminuda sul lungomare di Santa Lucia per pubblicizzare un purgante, farsi ritrarre da pittori famosi come Sirolli, Mancini, Netti, Migliaro e addirittura dopo aver posato per dagherrotipi d’arte forse si cimenterà con una nuova follia che in Francia hanno inventato i fratelli Lumière, il cinema.
Anche se il palcoscenico principale del romanzo resta Napoli, tuttavia ci si sposta con Anna
- a Roma, dove durante una fortunata tournée verrà avvicinata da un nobile napoletano, Gerardo che riuscirà a sposarla rendendola poi prigioniera dei suoi capricci di uomo violento;
- a Capri, dove per interessamento del grande scienziato svedese Axel Munthe riuscirà a riparare per curarsi con la psicanalisi, dopo un periodo terribile trascorso in un manicomio-lager dove il marito l’aveva rinchiusa per liberarsene;
- a Venezia, dove tenterà di raggiungere il vecchio amico di suo padre e dove infine potrà a crearsi una nuova vita libera.
Un romanzo lungo, che occupa un lasso di tempo che comprende la fine del secolo, l’avvento del nuovo, la Prima Guerra mondiale, con la quale si conclude tradizionalmente la Belle Epoque, e oltre. La lingua di cui la scrittrice si serve è un italiano classico infarcito di francesismi (capitonné, decolletè, abat-jour, savoir faire, etagère, salle à mangér, atelier, foyer), come nella miglior tradizione dell’aristocrazia napoletana, che si alterna a espressioni dialettali, colorite formule del folklore partenopeo, soprattutto in bocca a popolani, gente umile di cui il romanzo è disseminato, a far da comprimari ai personaggi protagonisti: cameriere, autisti, uomini di fiducia, suore, maestranze varie, che costruiscono l’essenza di quel popolo napoletano, il ventre di Napoli, come lo aveva definito la grande Donna Matilde.
Brani di canzoni immortali, spaccati di città in costruzione, come la grande Galleria Vittorio Emanuele, l’apertura del Rettifilo, i Grandi Magazzini Mele, i nuovi teatri, il bar Gambrinus... Tutta Napoli con la sua maestà si propone come un grande scenario, da Posillipo al Vomero, dai palazzi nobiliari al Chiatamone fin giù, nei bassi soffocanti dove si muore di denutrizione e mancanza d’aria: davvero, dice l’autrice, un Terra Imperfetta, che non riesce ancora oggi a vincere le sue drammatiche contraddizioni, pur mantenendo quel fascino che è solo suo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Una terra imperfetta
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