Urlo & Kaddish
- Autore: Allen Ginsberg
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Il Saggiatore
“Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte da pazzia”.
Così si apre il capolavoro di Allen Ginsberg, Urlo, pubblicato negli Stati Uniti nel 1956. E la pazzia permea anche un’altra delle sue opere fondamentali, Kaddish, un poema che altro non è se non un lamento funebre per la madre Naomi, afflitta da una misteriosa malattia psicologica. Le due opere si trovano in Italia raccolte insieme nel volume Urlo & Kaddish (trad. di L. Fontana), pubblicato da il Saggiatore nel 2013 e riedito nel 2015.
Allen Ginsberg faceva parte della cosiddetta beat generation, ovvero di quella generazione di giovani scrittori americani, di cui il più noto fu certamente Jack Kerouac, i quali rifiutavano il conformismo della loro società.
Nel 1955, mentre si trovava a San Francisco, Ginsberg ebbe l’occasione di leggere per la prima volta davanti a un pubblico i versi dell’Urlo, durante una serata che prese il nome di “Sei poeti alla Galleria Six”. Come si evince dal titolo, l’intero poema è un grido di dolore ma anche di celebrazione. Si celebra infatti una vita sciolta da vincoli, libera di intraprendere rapporti omosessuali, ma al tempo stesso si denuncia la triste situazione in cui versano le periferie americane, il disagio e le difficoltà di chi lotta ogni giorno per sopravvivere in un mondo che lo schiaccia. La parte centrale del testo si concentra sull’immagine di Moloch, demone della religione ebraica (di cui Ginsberg faceva parte), qui inteso come personificazione della società capitalista americana. La conclusione è invece dedicata a Carl Solomon, poeta incontrato nella casa di cura di Rockland. Durante tutto il poema il tema del manicomio ritorna più volte, così come il tema della madre, anch’essa ricoverata in una clinica. Dati i molti riferimenti espliciti a pratiche sessuali e al consumo di droghe, l’Urlo, appena pubblicato, incorse in un processo per oscenità e fu sottoposto a una revisione purificatrice. Il testo venne però considerato di grande importanza sociale e l’editore di Ginsberg vinse la causa.
Proprio lo stesso anno del processo si spengeva Naomi Ginsberg, e il figlio scrisse per lei Kaddish, iniziato l’anno successivo a Parigi al Beat Hotel e terminato nel 1959 a New York. Allen ricorda qui di quando, ancora ragazzino, si vide costretto ad accompagnare la madre presso una clinica psichiatrica. Dopo questo primo ricovero se ne susseguirono parecchi altri e la donna restò internata complessivamente per più di quindici anni, fu sottoposta a lobotomia e morì ancora rinchiusa in manicomio, lasciando Allen con la consapevolezza che, dopo quanto accaduto, “non c’è più niente da dire e niente da piangere”. La poesia è un tentativo di ricordarla, sciogliendo con le parole gli stretti nodi dei sensi di colpa che sempre hanno accompagnato Ginsberg, mai perdonatosi per aver lasciato la madre tra le mura della clinica.
Urlo & kaddish
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