Via da qui
- Autore: Alessandra Sarchi
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: minimum fax
- Anno di pubblicazione: 2022
Ogni volta che si legge Alessandra Sarchi si diventa sempre più consapevoli del suo talento indiscusso di scrittrice. Conquista con il suo fraseggio chiaro, articolato, ma non artificioso. Usa un lessico ricercato, ma non barocco. L’architettura delle sue storie è perfetta. Avvolgente la sua sensibilità nel cogliere le atmosfere e restituirle con precisione e nitidezza, pur evocando tutto. Il suo ritmo non è convulso, le sue trame sono ariose, anche quando la vita che racconta è tutt’altro che leggera:
“Ha paura di scivolare ancora di più verso gli anfratti oscuri attorno cui sembra avvolgersi la città, oscuri ma non nascosti, anzi ben visibili a tutti, sotto un cielo di smalto e una luce spietata”.
In questa sua prima raccolta di racconti titolata Via da qui, dopo i romanzi di indubbia caratura letteraria, Alessandra Sarchi esplora e domina la sfera del racconto, dimostrando duttilità nel maneggiare la forma, indice di una personale capacità di imprimere la propria voce sia nella lunghezza del romanzo che nella brevità del racconto, esercizio non facile e non riuscito ai più.
Perché questo sia possibile sono necessari un carattere di scrittrice ben delineato, preciso, un’originalità che Sarchi mostra di avere in modo apprezzabile. In questo libro, edito da minimum fax, le cinque storie raccontate dall’autrice sono pulite, cariche di significati e spunti di riflessione per il lettore.
Via da qui parla di donne alle prese con il loro futuro, la loro storia passata e il presente nel quale vivono sospese in quel limbo istantaneo che è il momento in cui devono, o vogliono, decidere della propria vita. Sarchi indaga il momento della scelta, del cambiamento, come l’attimo immobile ed evanescente in cui tutto quello che è stato non sarà più; come l’istante in cui, tra due passi, rimaniamo sospesi senza ancora toccare terra, pur non toccandola già più. Quello che permea la raccolta è la necessità di decidere per vivere, vivere o sopravvivere.
Sono storie in bilico tra vecchio e nuovo, in cui questo contrasto è simboleggiato dalle due ambientazioni richiamate in quasi tutti i racconti. USA e Italia si oppongono e diventano metafora di adesione al sé in funzione del dove; tra l’America e l’Italia si gioca il passaggio tra nuova e vecchia vita (Cherry Street, L’argine, Fondamenta della Misericordia in cui fa capolino un’idea di America, come in La tana dove è nel vocione di Elvis di Love me tender o in Palazzo della principessa dove “Bologna non è New York”).
In Via da qui, non siamo più in un posto perché già ci sentiamo altrove o non siamo mai stati dove gli altri avrebbero voluto che fossimo. In ogni caso, non siamo ancora arrivati alla meta.
Questo non è il solo fil rouge che lega le cinque storie di Via da qui, il cui titolo emblematico indica proprio la tensione delle protagoniste di togliersi da un luogo o da un’esistenza che sentono non più aderente a se stesse. È forte anche il richiamo comune alla difficoltà delle relazioni di coppia, all’amore femminile in tutte le sue declinazioni. L’occhio di Alessandra Sarchi osserva donne che amano le proprie compagne, sorelle, madri, amiche, figlie, senza tralasciare un esame del ruolo maschile. Quest’ultimo, tuttavia, ne esce sbiadito, sfocato, non fa mai ombra, anzi è l’ombra delle donne di Sarchi. Quell’ombra che quando queste donne cambiano posto per un altrove più realizzante, scompare, lasciando questi uomini scialbi al loro amore per la carriera e alla loro vita al di fuori della coppia.
Sullo sfondo, altro fil rouge importante, è la casa. Si divide tra l’essere ambiente-rifugio e simbolo che rimanda a una riconquista dell’appartenenza a se stesse. In casa, Sarchi punta la sua scrittura, come fosse un occhio di bue, sui sentimenti netti: ostilità, amore, dolore. Tra le mura esplodono le passioni più radicate in noi e Sarchi le inquadra così come sono, reali, tangibili per il lettore.
La casa è simbolo di unione, di fuga e ritorno, luogo dove si ricompone il tutto in queste cinque trame fini e fitte di rapporti umani tessuti come arabeschi. La casa stessa diventa personaggio che ha una connotazione femminile come grembo che custodisce, da cui ci si allontana, ma a cui si può far ritorno nella sua vocazione di persistente accoglienza. Sono molti i piccoli particolari che parlano al lettore che Sarchi semina in un equilibrio narrativo ineccepibile e in cui questi deve cercare le sue domande, la chiave di lettura di Via da qui. Quei dettagli che caratterizzano la storia e possono essere la descrizione di una sfera di luce e il pulviscolo che illumina, o il vento costante che agita o il fiume che scorre, o la luce del sole:
“L’aria era leggera e un po’ salata, si sentiva che c’era il mare vicino.”
Sono tutti elementi, spesso naturali, che Sarchi usa per sottolineare anche il trascorrere del tempo. E che colpiscono, pur rimanendo, in apparenza, solo sotterranei. Perché il tempo è un protagonista importante, anche se poco svelato e sempre accennato di questa raccolta:
“Credo che sia anche per via di questa primavera perenne. Ci si scorda del tempo che passa.”
In questi racconti, seppur brevi, Sarchi indugia, ma non si perde, nella descrizione dei particolari che fanno rivivere la quotidianità dei personaggi. La minuziosità della scrittura intride la pagina di tutte le sfumature della vita e tra questi dettagli c’è sempre un particolare specifico su cui l’autrice si sofferma, che impregna di significato per il tutto di cui diventa simbolo. Che si tratti di una vecchia sedia o del nomignolo di un personaggio, a queste minuzie, accuratamente scelte, l’autrice affida il compito di risvegliare sentimenti nei personaggi e, assieme, di evocare nel lettore riflessioni sull’intersezione reciproca dei sentimenti, delle passioni e dell’amore raccontati.
Il tono delle storie è intimo, e il primo indizio è nell’esergo fatto di quella citazione di Hanif Kureishi da Intimacy che parla di silenzio e di coppia. Ma Alessandra Sarchi riesce a non far ripiegare questa intimità su se stessa, e così le storie rimangono aperte, coinvolgenti e paradigmatiche.
Il percorso di lettura suscita un senso perdurante di nostalgia, che ho sentito come un mal di ritorno, ossia uno stato d’animo che rimanda a un vuoto, una mancanza che vuole essere colmata. Quel longing for che la stessa autrice nomina in un racconto della raccolta.
Via da qui si avverte come un libro denso di rammarico, a tratti amaro, nella fase della presa di coscienza delle sue tante donne protagoniste, nell’attimo del bilancio che sposta tutto sull’esistenza futura. Però, è un libro che non rimane chiuso in ciò che è perduto, bensì si affaccia verso il futuro, è speranza e progetto.
Quelle case in cui tutto si comprende hanno una finestra da cui lo sguardo si getta nel futuro. In Sarchi, seppur evocato, a tratti manifesto, c’è quello spiraglio che manca al racconto carveriano, pur possedendo del grande autore la capacità di guardare in faccia la realtà così com’è, senza veli.
Le storie, le scene, la casa sono cariatidi su cui il tempo è trascorso posando una patina che però è ancora possibile grattare via, come fa Monica con la vernice secca sugli infissi della nuova casa in cui ora vive con Evelyn.
Via da qui è un libro che va lento e permette di essere meditato. In cui i semi del pensiero su tematiche, anche molto attuali e discusse, non sono sbandierati e si lasciano metabolizzare.
Alessandra Sarchi, sapientemente, ci dona il tempo della riflessione.
Via da qui
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