Vincenzo e Filomeno Padula. Due fratelli nel Risorgimento italiano
- Autore: Enrico Padula
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Rubbettino
- Anno di pubblicazione: 2006
“Vincenzo e Filomeno Padula. Due fratelli nel Risorgimento italiano” (Rubbettino, 2006) di Enrico Padula si inscrive a pieno titolo nelle coordinate di un modalità trasversale di scrittura, tra saggio filosofico-politico e romanzo erudito in cui Vincenzo e Filomeno Padula compongono le due ante di un dittico. Ciascuno dei due personaggi evoca, per la sua esemplarità, un passaggio chiave del nostro Risorgimento. “Esemplarità”, si è detto, giacché i due fratelli
furono invece assolutamente rappresentativi di tanti altri loro coetanei, di una generazione e di un secolo i cui ideali e le cui conquiste non si trovarono a essere poi smentiti dalla storia successiva, ma mantengono ancora oggi la loro sostanziale validità.
Vincenzo, nobile figura di sacerdote e patriota, incarna le ragioni di un cristianesimo naturale, che nella ricerca della giustizia e della libertà unicamente può avverare in concreto l’ideale evangelico di amore per il prossimo. Utilizzando con scaltrezza la tecnica manzoniana della digressione, Enrico Padula ricostruisce con stile elegante e asciutto la parabola di Vincenzo, lasciando che la sua figura emerga dall’ambiente, la città di Padula, grande centro abitato dell’allora Principato Citra, che nutrì la sua energia morale ardente di carità.
Di seguito lo sguardo del narratore si restringe, concentrandosi negli scorci di un paesaggio familiare fino a farli coincidere con i gesti ardenti e i pensieri del sacerdote.
Vincenzo diventa ben presto il principale referente nel vallo di Diano del Comitato napoletano, impegnato a organizzare, un’insurrezione popolare, che risalendo dalle province più povere e remote del Regno, avrebbe dovuto travolgere le languenti istituzioni dell’ancien regime borbonico. È tra i primi, sullo scoglio di Quarto, il 5 maggio 1860; nelle battaglie di Calatafimi e Palermo, combattute con la baionetta tra i denti, è sempre tra i più generosi, tanto da mettere più volte a repentaglio la vita, e meritarsi i gradi di capitano. A Milazzo, un pezzo di mitraglia gli spappola il ginocchio; la morte lo colse il 28 agosto 1860, a soli ventotto anni.
A vegliarlo nelle ultime ore era giunto dal paese natio il fratello Filomeno, più giovane di circa un lustro, che già da tempo era al servizio del Decurionato di Padula, inquadrato nelle file della Guardia Nazionale. Se Vincenzo rappresenta la fase rivoluzionaria ed eroica dell’Ottocento, quel:
secolo memorabile e unico, in cui le redini della storia, strappate ai re e ai principi, furono spesso prese dagli uomini comuni.
Filomeno, cresciuto con silenziosa consapevolezza nel cono d’ombra della figura fraterna, incarna invece il tempo chiaroscurale del disinganno, quando fu ormai patente che la rivoluzione del ’60, “l’unica vittoriosa in Italia negli ultimi cinquecento anni” non poteva cancellare di colpo “tutto un retaggio di privilegi e ingiustizie vecchio di secoli” che rinfocolarono rapidamente i pregiudizi, le superstizioni, la diffidenza verso i nuovi governanti.
Dalla sua vecchiaia serena (si spense a settantasei anni , il 30 dicembre 1912) egli ci appare sospeso su un crinale estremo, dove la storia ancora gracile della nostra giovane Nazione sconfina nella terra di nessuno tra due epoche drammatiche: il Risorgimento ormai compiuto, ma non del tutto assimilato, e le ombre di una nuova complessa temperie in cui l’esercizio della memoria e delle più alte idealità resterà sovente confinato alla fede e all’impegno di coloro che si ostineranno a voler parlare il linguaggio anacronistico della Ragione
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