Vineland
- Autore: Thomas Pynchon
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2023
Il capolavoro di Pynchon Vineland è stato riedito nel luglio 2023 con l’iniziativa “Americana” del Corriere della Sera, arricchito dalla prefazione a firma di Sandro Veronesi.
È possibile congetturare sulla realtà sia riproducendola in maniera fedele (come in Guerra e Pace, ne I miserabili e in generale nel romanzo storico dell’800), sia edificando un mondo sintetico, con regole che non rispettano né la scienza, né il conformismo (come Kafka ne Il processo e soprattutto ne La metamorfosi); in entrambi gli approcci si discorre di universali simbolici non di fattispecie concrete, nel secondo è agevole comprenderlo ma è così anche nel primo: il Napoleone di Tolstoj non è quello degli storici, anch’esso è una finzione funzionale alla costruzione di un archetipo.
Thomas Pynchon è lo scrittore vivente più rappresentativo del secondo metodo, che ha contribuito a definire come canone, influenzando grandemente l’altro gigante di tale sistema, Foster Wallace. In Vineland, Pynchon muove le fila delle sue invenzioni-marionette, vorticando il sabba di presunti extraterrestri, di zombi, di musicisti post pop e post rock, in fondo post tutto: eppure nessuna di tali, pur fantasiose, figure è più improbabile delle caricature degli sgherri di Reagan, dediti a ogni tipo di commercio morale, o dei loro antagonisti, i rivoluzionari hippies.
In questo artefatto mondo di polistirolo, Zoyd Wheeler, nullafacente per caso e hippy per vocazione, emarginato in quanto fedele a questa cultura mentre gli USA hanno virato su quella yuppie, vive a Vineland, una contea immaginaria della California, grazie a una sovvenzione per una patologia psichiatrica, della quale è chiamato periodicamente a dare prova con un pubblico gesto di follia, devastando un locale pubblico. Durante una di queste performance, Zoyd rincontra il suo nemico giurato, l’agente Hector, che gli confida che i fondi stanziati dal governo Reagan per i “pentiti collaborazionisti” sono stati abrogati per cui è probabile che la sua ex-moglie Frenesi, che di tali fondi si giova, torni da lui con la coda fra le gambe. Praire, la figlia di Zoyd e Frenesi, mentre è alla ricerca della madre incontra DL Chastain, una conoscente di Frenesi, che è divenuta una sorta di schiava sessuale, ma non solo, del mafioso Ralph Waivone che l’incarica di eliminare il magistrato Brock Vond, l’attentato, però, fallisce.
La tesi chiave del romanzo, sostenuta da Brock - l’antagonista, il contraltare, di Zoyd - è che il potere, la forza, ha un magnetismo a cui non è possibile resistere e che si estrinseca anche con i comuni mezzi di propaganda, in quegli anni la televisione: secondo Pynchon, i giovani rivoluzionari degli anni sessanta-settanta erano in realtà facilmente arruolabile nelle schiere dei conservatori:
Il genio di Brock Vond consisteva nell’aver scorto nelle attività della sinistra negli anni sessanta non una minaccia bensì un inconscio desiderio di ordine … l’intuizione sulla quale scommetteva era che quei ragazzini ribelli sarebbero stati facili da convincere e da addestrare…
Questa capacità seduttiva del Male è la radice del tramonto dei valori delle comunità umane. Il personaggio che più incarna la deriva verso il conservatorismo dei presunti rivoluzionari è Frenesi, che tradisce il suo credo e viene arruolata nelle truppe della reazione.
La trama gira in un vortice, gli innumerevoli piani narrativi si disperdono lasciando – volutamente – il lettore abbandonato e inebetito, fanno la comparsa personaggi che risultano archetipi delle forme di potere e di anti-potere: uno di questi è rappresentato dai thanatoidi - uguali alla morte però differenti – che sono al contempo vivi e morti e che passano buona parte del loro tempo davanti alla tivù; nel romanzo è sempre presente il riverbero della televisione che confonde la realtà anziché renderla comprensibile.
Alla tribù dei thanatoidi appartiene anche Weed Atman, un professore che aveva fondato una sorta di mini-stato basato su un comunismo platonico, la Repubblica Popolare del rock and roll, e che è stato ucciso da un suo discepolo, armato da Frenesi a sua volta plagiata dal magistrato Brock.
Grazie all’aiuto di DL, Frenesi riesce a scappare dalla gabbia, anche psicologica, in cui è segregata, conosce il suo futuro marito, Zoyd Wheeler, ma in seguito alla nascita della figlia, in preda alla depressione post partum, scappa dal tetto coniugale; farà rientro a Vineland per l’annuale convegno degli hippies durante il quale Brock si fa calare da un elicottero per sedurre Praire: l’elicottero, che viene richiamato alla base a causa dei tagli dei fondi federali, precipita e Brock finisce sottoterra dove le anime dei morti attendono di essere traghettate nel regno degli inferi.
Ma in Pynchon non ci può essere lieto fine: il potere corrompe tutti, Prairie torna sul luogo dove Brock ha tentato di rapirla e si sdraia a terra in attesa che il potere la possegga e cancelli in lei ogni traccia di resistenza.
La distopia costruita da Pynchon è funzionale alla descrizione della stretta relazione che lega la politica alla vita, che Foucault definì biopolitica: l’interconnessione tra opposti, tra l’individuo e lo Stato, tra libertà del singolo e dispositivi di potere; questi aspetti sono incarnati da Brock Vond, dalla sua doppia natura dionisiaca di depositario della norma e schiavo della lussuria, indefesso giustiziere e frequentatore di circoli di giovani hippy interessato alla loro musica e alla loro vicinanza…
sperando che la luce lo aiutasse quanto bastava a ingannarsi e trovare una ragazza su cui proiettare il fantasma di Frenesi, qualcuna che… gli offrisse una canna e si lasciasse portare a casa, su quel divano chiazzato di sperma e si lasciasse prendere e…
Vineland è la più estrema critica di ogni forma di dominio, di controllo politico della società: secondo l’autore non esistono mai poteri buoni.
L’inferno descritto da Pynchon è più distopico del labirinto orwelliano di 1984, dell’inferno eugenetico creato da Huxley ne Il mondo nuovo, dell’impasse morale descritta da Sofocle in Antigone e Creonte; in Pynchon potere e antipotere sono facce di una stessa medaglia, quella della volontà di potenza, il nietzschiano (dis)valore primordiale che caratterizza i rapporti umani, nei confronti di cui non c’è salvezza.
Da ultimo: quando si parla di Pynchon non si può tacere sulla forma, definita con pirotecniche invenzioni narrative e linguistiche, che viene destruttura svuotando di contenuti la confortevole certezza del romanzo tradizionale che una volta si sarebbe definito borghese: Vineland, forse ancora più de L’arcobaleno della gravità e al pari di Infinite Jest di David Foster Wallace, è il vero monumento novecentesco al postmoderno, il manifesto dei connotati mefistofelici della politica spiegati con il fluviale linguaggio, che annichilisce ogni interstizio creando la continuità in un mondo discontinuo, che è la cifra di Pynchon.
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