Zio Cardellino
- Autore: Luciano De Crescenzo
- Categoria: Narrativa Italiana
Zio Cardellino è il titolo del romanzo di De Crescenzo pubblicato dall’editore Mondadori nel 1981. A caratterizzarlo, più che la trama, è l’invenzione del personaggio mentre dalla scrittura, fluida e scorrevole, affiora una tematica attualissima: il rapporto tra omologazione e diversità, tra un’esigenza di libertà e un senso di prigionia (“Perché nella vita il mangiare non è tutto e qualche volta si sente anche il bisogno di volarsene via”). Non vi mancano di certo venature di quell’umorismo amato dall’autore (il “divertimento”, s’intende, come “commozione”), ma a sorprendere è soprattutto la dimensione favolistica e mitologica, che innerva la narrazione e la piega verso l’ecologia della mente entro la sacralità della natura.
Nella prefazione l’autore chiarisce che lo spunto gli è stato dato da Nino Manfredi quando con lui ed Elvio Porta lavorava alla sceneggiatura del film “La Mazzetta”, tratto dal libro omonimo di Attilio Veraldi. Questo l’intento dichiarato di Manfredi:
Vorrei tanto fare un film in cui il protagonista si trasformasse pian piano in uccello fino a perdere completamente l’uso della parola.
Da qui la messa in moto dell’immaginazione di De Crescenzo che, tra il presente e il passato, si identifica con un passero. Può dirsi questo suo libro un racconto autobiografico trascritto in forma surreale o una rivisitazione delle Metamorfosi di Ovidio oppure la storia di un uomo che diventa pazzo? Vediamo alcuni tratti distintivi del protagonista.
Si chiama Luca Perrella, napoletano laureato in chimica e assunto alla IBM ITALIA di Milano come rappresentante di calcolatori elettronici, ruolo da lui svolto con apprezzabile competenza; poi si sposa per difendersi dalla solitudine: “non ce la fa più a vivere nel grigio e mangiare nelle tavole calde”. Via via comprende l’organizzazione dell’azienda in cui lavora funzionale all’ordine e al potere gerarchico, all’ipocrisia e alla mera produttività. Egli rispetto ai colleghi è un “diverso”: quando parla emette anche dei fischi. Cinguetta come un fringuello e, senza rendersene conto, si muove in modo bizzarramente inconsueto, reggendosi su una gamba soltanto proprio come fanno le gru. Adatta il suono all’interlocutore: “ad esempio, quando si rivolgeva alla moglie gli scappava il verso della cornacchia”.
Piace l’episodio in cui ricorda l’incontro tra lui bambino e il Signore degli uccelli in occasione della festa del patrono del suo paese, San Giorgio a Cremano. Raccontato per dare una possibile spiegazione al suo modo di esprimersi, si inquadra nella suggestiva narrativa del realismo magico. Intanto, gli occhi di colleghi e superiori sono puntati su di lui: “la Norma non prevede che un dipendente possa cinguettare nelle ore di lavoro”. Viene così minacciata l’onorabilità dell’azienda, dove gli edifici sono tetri e grigi e la gioia viene considerata un peccato.
La diversità è di per sé un reato, perché si discosta dal tipo “medio”. Quindi il comportamento da seguire va uniformato: “tutti in riga, bellini, e tutti dentro la media” come nel letto di Procuste.
È la nipotina Chicca a chiamarlo “Zio Cardellino” ed è con lei che ha una dolcissima relazione modulata sul dialogo e sul racconto, sul gioco e sulla morale liberatrice.
L’atmosfera fiabesca dell’insieme si manifesta in gustosi squarci narrativi, come ad esempio l’incontro a Roma, a villa Pamphili, di Luca con il prof. Pellegrini che parla con gli alberi: entrambi “diversi” ed entrambi amanti dei volatili e della natura. Di conversazione in conversazione, il loro discorso si sposta sul mito egizio di Geb e di Nut, non mancano citazioni di Virgilio e di Ovidio e le battute finali restituiscono alla fantasia il valore di realtà: “Tutto quello che si vuole è possibile”.
Intanto, i dirigenti aziendali vogliono sbarazzarsi di lui. In cerca di prove utili allo scopo, rovistano nei suoi cassetti, analizzano le sue poesie e addirittura vi scorgono indizi di spionaggio industriale. A segnare il corso degli eventi è un guazzabuglio tremendo, dove non mancano tratti pirandelliani che accomunano Luca, che vuole imparare a volare, alla purezza francescana di Vitangelo Moscarda. La decisione dei familiari di internarlo in una casa di cura è irrevocabile, ma non potrà realizzarsi:
Elisabetta fu la prima a varcare la soglia e subito si accorse che Luca non era più nella stanza: la finestra era aperta e così pure la grata di ferro. Il lucchetto era spezzato. Tutti i grandi si precipitarono alla finestra per guardare giù nella strada. Solo Chicca, alzando lo sguardo verso il cielo, ebbe l’impressione di vedere un uccello volare lentamente, proprio nella direzione del sole.
Per gli adulti che misurano la realtà con la ragione, egli si è suicidato; per la piccolina, il cui sguardo è aperto al fantastico, ha invece realizzato il suo sogno. Durante la fase di mutismo assoluto è riuscito a renderlo concreto. In sostanza, il libro piace: leggendolo, vi si respira un senso di leggerezza con cui si vorrebbe vivere la vita senza quei pesi che l’appesantiscono.
Zio Cardellino
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Questo libro lo porto nel cuore. Luciano De Crescenzo resta per sempre un Grande!