La battaglia ai confini del mondo
- Autore: Ian Ross
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2016
Si faceva presto a fare carriera nelle legioni di Roma. Bastava non cedere di un passo in battaglia, sia pure al primo scontro, a vent’anni e cercare di sopravvivere lottando contro il nemico e la paura. Un epico battesimo di guerra apre il romanzo “La battaglia ai confini del mondo”, edito questa estate da Piemme (pp. 416, euro 18,50), titolo d’esordio di uno scrittore inglese, Ian Ross, che ama l’Italia e la storia romana e che con questo ottimo debutto avvia una trilogia, “Il tramonto dell’impero”.
Certo, non a tutti capitava di chiudere gli occhi, tenere disperatamente fermo lo scudo e l’arma. Quella, protesa in avanti, colpisce un nemico arrembante e assicura la vittoria all’armata romana in Oriente. Un legionario novizio ha decapitato il comandante della cavalleria persiana sul campo di battaglia di Oxsa. È appena successo allo sbalordito Aurelio Casto, arruolatosi appena sedicenne scappando di casa in Pannonia. È decorato sul posto dall’imperatore Galerio in persona, che gli fa regalare dal tribuno Costantino una torque d’oro, un ricco girocollo, simbolo di coraggio. Sofferente per la lussazione alla spalla riportata nell’urto con cavallo e cavaliere, il giovane non partecipa al leggendario saccheggio dell’accampamento avversario, che arricchisce tanti compagni. A bocca asciutta resta anche lo sciocco che, trovata una borsa piena di strani sassolini, si è tenuto il contenitore e ha gettato via il contenuto: perle e pietre preziose.
Ma non è in Asia Minore che si combatte la battaglia del titolo. Lo scenario si sposta in Britannia.
Sette anni dopo, Aurelio è centurione da uno. La promozione prima dei trent’anni è un raro onore, meritato nella campagna contro i Carpi, sulle grandi pianure a nord del Danubio. Però, comportava un trasferimento obbligato. Ha dovuto lasciare la Seconda Herculia per la Sesta Victrix, una legione di antica creazione, stanziata in Britannia da quasi duecento anni, a Eburacum. Pochi degli uomini all’interno della fortezza avevano però mai visto un combattimento, sebbene parecchi avessero i capelli grigi. Quanto ai legionari della sua centuria, ridotta a sessantanove effettivi abituati alla vita di guarnigione, quel nuovo ufficiale sembra un bastardo senza cuore, dall’aspetto massiccio, taurino, con una faccia scolpita, dai tratti pannonici.
Anche nella remota isola britanna arrivano gli echi di sommovimenti romani. Da qualche tempo, nella capitale è in atto un passaggio di poteri. Si avvicendano e moltiplicano tanti Cesari sul trono imperiale (tra gli altri, sta facendo una carriera vertiginosa l’ex tribuno Costantino). Ed ai confini dell’impero, le turbolenze politiche vengono scambiate dalle tribù sottomesse come segni di debolezza di Roma. Non è una situazione facile.
A settentrione, un capo dei Pitti è morto e la successione diventa come sempre una fase delicata, che gli occupanti romani devono gestire adeguatamente. Casto non ha mai sentito parlare di Vepogeno né della confederazione dei Pitti, un popolo selvaggio del profondo Nord, oltre il confine, nelle terre al di là del vallo di Adriano. Ora tutti i capi tribù si riuniranno per cercare eleggere un nuovo condottiero e quando sono in contrasto tra loro, per Roma diventa più facile dominarli. I Pitti credono che i trattati siano stipulati tra gli uomini, non tra gli stati. Per questo, alla riunione delle tribù va inviata una delegazione diplomatica, col compito di ricordare che i vecchi accordi vanno onorati anche dal nuovo sovrano. Aurelio Casto e la sua centuria saranno il reparto di scorta al messo di Roma. Una guardia d’onore, niente di più. Inviare un’intera coorte potrebbe far pensare a un’invasione e far precipitare le cose verso una direzione non voluta.
Il giovane Casto è un duro combattente, ma nel cuore ha posto per una donna e per una promessa segreta. Dovrà comunque misurarsi con la doppiezza degli uomini e col miraggio del potere, che gioca scherzi atroci. Le sue vicende sono in scala ridotta le stesse dell’impero romano, al tramonto della sua forza. Sono i tempi dell’ascesa di Costantino, l’ultimo grande imperatore. Come Ian Ross sostiene in una nota storica finale, rispetto alle glorie dell’alto impero, di Cesare e di Augusto, di Traiano e di Marco Aurelio, il mondo del tardo impero può sembrare un luogo oscuro, popolato dalla violenza e dalle religioni in lotta tra loro. Gli inizi del IV secolo segnarono però un periodo di personalità potenti, di guerre in tutto il mondo conosciuto. Una specie di rivoluzione, che in pochi decenni spazzò le certezze dell’era classica quando Costantino e la religione cristiana da lui adottata, diedero una nuova forma all’impero e avviarono il futuro dell’Europa.
La battaglia ai confini del mondo. Il tramonto dell'impero (Vol. 1)
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