La manomissione delle parole
- Autore: Gianrico Carofiglio
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2010
La genesi di questo piccolo volume, né saggio né trattato scrive l’autore, è da ricercarsi nel titolo. Una parola consumata, svuotata dall’uso eccessivo potrebbe essere rigenerata restituendole il senso, la consistenza, un riscatto, un’emancipazione. Smontare e rimontare la parola (come fosse un giocattolo) è una manomissione, una manipolazione che danneggia, depotenzia la parola e che nell’istante stesso che viene ricomposta diviene libera. È un gioco letterale di cui parte fondamentale sono state le letture dei libri, scrive Gianrico Carofiglio, e nel quale le operazione di rottura e ricostruzione della parola dalla politica, all’etica, alla letteratura invitano ai più significati che la parola assume, ai pensieri che suscita, al potere e all’azione che esercita.
“Mi ha sempre affascinato l’idea che le parole cariche di significato e dunque di forza nascondano in sé un potere diverso e superiore rispetto a quello di comunicare, trasmettere messaggi, raccontare storie. L’idea, cioè, che abbiano il potere di produrre trasformazioni, che possano essere, letteralmente, lo strumento per cambiare il mondo.”
“Le parole fanno le cose”, scriveva John Langshaw Austin, e cosa si può fare con le parole e a cosa possono servire. Molti sono gli spunti di riflessione contenuti ne “La manomissione delle parole”, questo prezioso libro nel quale l’autore esamina alcune tra le parole più significanti: democrazia, potere, vergogna, ribellione, bellezza, scelta ed infine giustizia. La lingua dei giuristi, che Gianrico Carofiglio conosce bene, viene descritta, in un capitolo a parte, come quella più creativa, complessa perché genera norme, “un linguaggio sacerdotale oscuro e totalitario”. Le società poco evolute usano poche parole come le dittature che impoveriscono il linguaggio.
“Il numero delle parole conosciute ed usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia e dell’uguaglianza delle possibilità. Poche parole poche idee, poche possibilità e poca democrazia; più sono le parole che si conoscono, più è ricca la discussione politica e, con essa, la vita democratica”.
Con la citazione della frase di Gustavo Zagrebelsky, l’autore si chiede quali parole e quante sono le parole che possono identificare una società democratica e libera. Il rapporto fra la ricchezza delle parole e ricchezza di possibilità e quindi di democrazia è stata dimostrato in una ricerca scientifica. I ragazzi più violenti, con pochi strumenti del linguaggio non sono capaci di sostenere un dialogo e neanche di comprendere le loro emozioni. La povertà delle parole è una povertà dell’intelligenza. Mentre la manipolazione e l’abuso delle parole nel lessico politico e civile può condurre ad un’ideologia dominante, ad una occupazione della lingua. Basti pensare alla “lingua del potere” durante il fascismo e il nazismo. Era costituita da parole che dovevano manifestare espressioni razziste e xenofobe, degli slogan. Come avviene ancora oggi quando per innescare ostilità vengono scelte e pronunciate le parole “negro, giudeo, terrone”. Un linguaggio oppressivo limitante la conoscenza è stata la lingua del Terzo Reich, lo ricorda Victor Klemperer nei suoi libri: durante il regime nazista aveva appuntato e registrato l’abuso e la violenza sui significati delle parole. Un’assoluta mancanza di democrazia e di libertà era stata attuata alterando la parola e la verità. Le parole opportune al momento opportuno significano agire, scriveva Hannah Arendt:
“l’azione politica si realizza nel discorso annullando il diritto di scelta”.
L’importanza della parole e l’uso che se ne fa è l’elemento centrale di questo interessante ed illuminante testo. Dare senso alle parole per dare senso alle cose, ai rapporti fra le persone e quindi ad una società giusta ed equa che elimini le discriminazioni, come le parole di speranza, giustizia e pace in Blowin’ in the wind di Bob Dylan, la più famosa canzone di rivolta ricordata da Gianrico Carofiglio che da oltre cinquant’anni descrive le differenze sociali inaccettabili tra i più fortunati e i più disperati nel nostro mondo.
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