La paura cammina con i tacchi alti
- Autore: Stefano Iachetti
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
A un certo punto, negli anni Settanta, il poliziottesco tracimava da ogni dove. L’Italia era a mano armata come nei film con Maurizio Merli, il cinema “di genere”, una spugna, lo specchio scuro e riflettente di una nazione al suo ultimo atto. Si moriva di mala, si moriva di politica, si moriva (anche) nude, ed è vero che la paura camminava coi tacchi alti, per rifarmi al titolo del bel libro di Stefano Iachetti dedicato all’altro filone che imperversava in quel periodo, quello del thriller made in Italy: “La paura cammina con i tacchi alti. Il giallo all’italiana raccontato dalle protagoniste e dai protagonisti del cinema degli anni Settanta” (Edizioni Il Foglio, 2017).
Gli anni Settanta sono stati l’età dell’oro del giallo-erotico all’italiana, propagandato da titoli & flani che da soli valevano il prezzo del biglietto: Giochi erotici di una famiglia perbene, La ragazza dal pigiama giallo, Cosa avete fatto a Solange?, Il vizio ha le calze nere, Nude per l’assassino, Sette note in nero, e via, via di questo passo. Per tacere delle stelline e stellette che campeggiavano conturbanti (oppure urlanti) dai manifesti cinematografici: Edwige Fenech, Fermi Benussi, Dalila Di Lazzaro, Erna Shurer, Orchidea De Santis, Malisa Longo. Era la carne che compravano, garantisce Erika Blanc all’autore di questo libro. Ma compravano anche le lacrime e il sangue:
“Mi faceva correre sotto la pioggia gelata nei boschi, in pieno inverno a delle temperature assurde, scalza, i vestiti strappati” (p. 65)
giura la Fenech con riferimento al regista Sergio Martino. E la Bouchet, dal canto suo:
“Durante le riprese di ‘La dama rossa uccide sette volte’ fui ricoverata in ospedale. Stavamo girando in un sotterraneo per il finale del film, quando hanno inondato la scena, già piena di topi. Mi impaurii al punto che mi venne una forte tachicardia” (pp. 71-72)
Cose così. Cose che capitavano nel microcosmo povero ma creativo, al limite del post-situazionismo, del giallo erotico de noantri (ma mica tanto de noantri, se è vero che molte di queste pellicole bistrattate alle nostre latitudini sono dei cult-movie in America). Cose che Stefano Iachetti racconta benissimo, con parole loro, parole uscite di bocca alle attrici-cult del cinema-bis che fu. Una sequela polposa (nel senso del pulp) di interviste che sono storie - che sono incontri-scelte-rinunce-riflessioni -, vita vissuta dietro le quinte e davanti la macchina da presa. Il filo rosso è lo stesso: la bellezza aiuta ma non è tutto, anche se - per dirla con Daniela Giordano - “ho sempre lavorato con i cashsex”. A monte di un’analisi traslata del fenomeno, come scrive Stefano Iachetti i
“film riflettevano le ansie e le angosce del cittadino, in un periodo in cui il tracollo del boom economico aveva generato un senso di paura e disorientamento”.
“La paura cammina con i tacchi alti” è corroborato anche dalle testimonianze rese da alcuni registi che hanno praticato il genere (Aldo Lado, Sergio Martino, Umberto Lenzi, in primis) e dei loro collaboratori (cito, tra i tanti, Stelvio Cipriani perché è stata la vera colonna sonora dell’Italia anni Settanta). Qualcuno accampa ancora stolidi pregiudizi, ma il cinema Italiano - dopo i De Sica, dopo i Visconti, dopo i Fellini, e i Rossellini - è stato anche il loro.
La paura cammina con i tacchi alti. Il giallo all’italiana raccontato dalle protagoniste e dai protagonisti del cinema degli anni Settanta
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