Un reggiano alla corte del Negus
- Autore: Giovanni Fontanesi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
Tre volte in missione nel Corno d’Africa per spirito personale d’avventura, simulando obiettivi commerciali, ma con lo scopo di piantarvi saldamente la bandiera tricolore. Sono le spedizioni a fine Ottocento di un inviato italiano in Etiopia, raccontate con dovizia di documenti e immagini nel mega volume (un colosso in brossura 21x30 cm) “Un reggiano alla corte del Negus: i viaggi africani del capitano Vincenzo Ferrari, 1831-1910”, pubblicato dalle edizioni Mattioli 1885 di Fidenza, Parma, ad aprile 2014 (pp. 502, euro 20,00).
Lo firma il professor Giovanni Fontanesi, docente di lingue straniere a Reggio Emilia, saggista e autore di ricerche storiche, in particolare sul periodo napoleonico e risorgimentale nel territorio reggiano.
Il conterraneo che ha tanto attirato l’attenzione del ricercatore (da indurlo a consultare pazientemente quasi trecento atti, carteggi e a proporle con tante riproduzioni fotografiche in bianconero) è un militare e successivamente soprattutto esploratore e diplomatico.
Figlio di un autorevole protagonista della vita politica e della storia di Reggio a metà Ottocento, Pietro Ferrari, e di Virginia Bolognini, il capitano Vincenzo era il nono di quindici figli, otto dei quali maschi. Tutti gli uomini della famiglia parteciparono alla stagione risorgimentale, allevati dal padre alla più fiera italianità. Quattro servirono nella Guardia Mobile civica reggiana, al fianco delle armate del Regno Sardo nel 1848. Sempre nel corso della prima guerra d’indipendenza, due si arruolarono come sottotenenti nella Brigata Cuneo tra i reparti di Carlo Alberto. Giulio fu tra i caduti della battaglia di Novara del 1849.
Vincenzo stesso e Filippo servirono nell’esercito piemontese, partecipando alla battaglia di San Martino nel giugno 1859, dove il secondo subì una ferita che lo condusse all’amputazione di un braccio. Il terzo conflitto d’indipendenza vide la partecipazione, oltre al solito Vincenzo, del fratello Giovanni Battista, fatto prigioniero dagli austriaci nella battaglia persa a Custoza nel 1866 e recluso per qualche mese a Graz.
A San Martino, Vincenzo Ferrari aveva appena diciotto anni. Si era messo alle spalle gli studi da geometra appena completati, dopo aver accantonato quelli classici presso i Gesuiti. Volontario, aveva combattuto tra i prestigiosi Granatieri di Sardegna, riportando una ferita di proiettile a una gamba, nei combattimenti sulle colline mantovane.
Riarruolato in fanteria nel 1860, prima da sergente poi da sottotenente prese parte alle campagne meridionali contro il brigantaggio, fino al 1866, anche in qualità di aiutante della Brigata Modena. La terza campagna contro l’Austria lo vide luogotenente dei Granatieri nell’armata del generale Cialdini. Il collocamento definitivo a riposo dall’esercito avvenne a domanda nel 1870.
Nemmeno dieci anni dopo, si aprono le pagine delle missioni in Eritrea e Abissinia. Alla prima, tra il 1878 e il 1879, si aggrega come accompagnatore pagante, autofinanziandosi per sopportare le spese. È la spedizione commerciale nello Scioa, guidata dall’esploratore Pellegrino Matteucci. Un cronista locale descrisse sul quotidiano reggiano L’Italia del centro la riunione della sezione locale del Club Alpino Italiano, in cui avvenne il commiato augurale in omaggio al socio che partiva per l’Africa. Si potrà cogliere il clima dell’epoca, oltre a un profilo del protagonista.
“È uno di quell’eroica famiglia che con virtù antica mandò tutti i suoi figli a combattere le battaglie dell’indipendenza, prende parte alla spedizione che si propone di visitare il regno al centro del continente e stabilirvi relazioni commerciali con l’Italia. Alto nella persona, asciutto di membra, col maschio volto abbronzato dal sole, si dimostra in grado di affrontare i disagi e le paurose vicende che attendono l’europeo tra quei popoli selvaggi. Andrà a sfidare pericoli di paesi ignoti e barbari, per farvi suonare amato e rispettato il nome d’Italia”.
L’esperienza lo rese adatto a una nuova missione, questa volta con un ruolo ufficiale. Nel 1884-85 fece parte della delegazione diplomatica del Ministero degli Esteri presso il negus Giovanni IV, per tranquillizzarlo sugli obiettivi “non aggressivi” nei confronti dell’Etiopia dopo l’occupazione di Massaua.
Nel 1888-89, terza spedizione, di carattere economico e commerciale, per verificare la possibilità di sfruttare utilmente la regione agricola di Cheren, ai fini della Società Reggiana per l’Africa, da lui costituita insieme ad altri compagni d’avventura. Il progetto fallì, per varie ragioni, non ultime difficoltà di ordine finanziario e la morte improvvisa di un componente.
Significativo un passaggio del testo di Giovanni Fontanesi: ebbero un effetto nefasto i contatti avviati nel corso del primo soggiorno africano con ras Menelik, futuro negus. Per una serie di equivoci, fecero nascere la falsa convinzione che una penetrazione italiana nel territorio etiopico sarebbe stata ben accetta dai signori locali. Niente di più sbagliato. Era il primo passo verso la sconfitta di Adua.
Un reggiano alla corte del Negus. I viaggi africani del capitano Vincenzo Ferrari, 1831-1910
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