L’amaro sapore dei fichi secchi
- Autore: Annamaria Zito
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
“L’indifferenza è il peso morto della storia.” (Antonio Gramsci)
Una pagina della nostra storia, ricordata nei cuori della gente che l’ha vissuta e nelle parole di chi la racconta per strapparla all’oblio. Annamaria Zito, giovane scrittrice pugliese, dopo aver esordito con il romanzo L’altra faccia del cammeo, ambientato nell’800, torna a narrare una storia intensa, reale e drammatica.
Avvenimenti dolorosi, violenze efferate sulla popolazione, sulle donne, sui bambini durante la Seconda guerra mondiale nei paesi del Centro Italia e non solo. Un orrore perpetuato e consumato nel 1944 dal contingente marocchino dell’esercito francese, considerato oggi un crimine contro l’umanità. Dopo la battaglia di Montecassino, lo squadrone africano, chiamati goumièrs, agli ordini del generale francese Juin, sfondarono per primi la linea Gustav, la barriera difensiva voluta da Hitler dal Tirreno all’Adriatico, costringendo i tedeschi ad arretrare. I profughi della Ciociaria videro arrivare i liberatori, e con loro una barbarie senza precedenti: i goumièrs rubarono, devastarono, uccisero e violentarono. I bottini di guerra furono donne, bambini, uomini e prigionieri. La loro furia travolse tutto e tutti ed il prezzo più alto venne pagato dai cittadini di Esperia, dove è ambientata la nostra storia.
Mariuccia è una sopravvissuta alla guerra. Una vecchia cicatrice giace da sempre lì sulla sua anima, solo di tanto in tanto si ravviva divenendo color porpora. Non ricorda il perché e non vuole andare a fondo nella ricerca della verità. Nell’estate del 1972, nei giorni di dolore per la perdita della madre, il suo cuore è stretto in una morsa di disperazione e d’angoscia. Un nodo alla gola la stringe, è preda di mille paure e vive incubi notturni. La mano della mamma molto giovane, grande e sporca, le schiaccia la bocca e le sussurra di stare ferma e zitta. Non è un sogno, le sue notti insonne nascondono altro. Riaffiorano dagli incubi ombre di uomini e donne che corrono, urla, sangue. Sono i ricordi degli orrori ai quali aveva dovuto assistere da bambina. Sono lì ad attenderla, sono le urla della memoria che devastano l’animo e il volto di chi ha dovuto subirle. Mariuccia inizia a ricordare quando insieme alla sua famiglia abbandonò la casa di campagna per correre a rifugiarsi sui monti. La loro vita in campagna era cadenzata dal silenzio e dettata dalle stagioni. La gente viveva di bestiame, di minestre e sacrifici
“e convinta che al di là delle sue terre non esistesse niente altro”
Mariuccia aveva sette anni ed era una bambina felice che giocava con sua sorella Ada, più grande di qualche anno. Ricorda quando golosa dei “fichi secchi, dal dolce sapore dell’estate”, li sottraeva dalla fila indiana sul graticcio di vimini posti di faccia al sole che la mamma e la nonna preparavano nel periodo della raccolta. E poi “un rombo attraversò il silenzio” e tutto finì all’improvviso. Il tempo di riempire le ceste di viveri e le lenzuola dei propri averi e in
“un lungo corteo funebre, straziante nel suo silenzio con le braccia appesantite da bambini irrequieti”
via sui Monti Aurunci. Bisognava nascondersi nei boschi, nelle grotte, sempre più in alto, per poter guardare in basso la vallata e osservare chi potesse arrivare. La fame, il freddo, non allentavano la grande paura della guerra, l’odore di bruciato e il rumore delle armi. Nascosti insieme ai tanti sfollati della zona, in rifugi provvisori, potevano solo immaginare ciò che accadeva fuori, nelle loro campagne, nei loro paesi: Pontecorvo, Esperia, Montecassino. Dopo settimane di fuoco, neanche la pioggia intensa di giorni riuscì a ripulire l’aria dall’odore acre di morte. Gli americani erano arrivati, si voleva tornare a casa, e con loro arrivarono anche i soldati del C.E.F. Una tragedia da non dimenticare.
“Nulla tornerà come prima. Nulla. E amaro diventerà il sapore dei fichi secchi, ingoiati velocemente per non farli cadere, nella corsa verso la salvezza… E amaro sarà il futuro se decidiamo di vivere nella paura, se omettiamo la storia, se rinneghiamo ciò che siamo stati. Perché tacere vuol dire morire e io ho deciso di vivere.”
Il sacrificio di tante donne, bambini, uomini è, nella volontà dell’autrice, di non esser più taciuto, celato. Il dolore va liberato e la verità raccontata, perché ancora oggi la guerra porta con sé esecuzioni, torture e stupri. Un romanzo scritto con passione, impegno e cuore. Rileggere il passato è sempre un esercizio doloroso, ma “L’amaro sapore dei fichi secchi” vuole rendere giustizia soprattutto alle tante bambine e donne rimaste vittime di una indicibile crudeltà.
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