Il posto di ognuno. L’estate del commissario Ricciardi di Maurizio de Giovanni

Lo vidi arrivare al Gambrinus mentre sorseggiavo un ottimo caffè, seduto a un tavolino defilato dall’immancabile calca. L’espressione era assorta, lo sguardo quasi assente. Non traspariva neanche la sofferenza che, senza alcun dubbio, anche lui provava per il caldo insopportabile di quell’estate: sembrava non curarsene affatto, un po’ come il suo indomabile ciuffo che spadroneggiava sulla fronte.
Anche questa volta, il Commissario Ricciardi aveva trovato pane per i suoi denti. Sulle sue capacità non c’era alcun dubbio, ma in una città afflitta dagli stessi problemi che assediavano l’intera nazione agli inizi degli anni Trenta, si faceva presto a essere bollati per una semplice diceria; e quella che lo riguardava non era molto benevola, arrivando addirittura a parlare di un uomo capace di portare sfortuna, senza curarsi di comprendere il motivo della sua riservatezza, della sua solitudine. Senza curarsi del Fatto, come lui stesso lo chiamava.
Tra i tanti pensieri che si agitavano nella sua mente, certamente non mancava il ricordo di quella domanda che, durante l’interrogatorio, Matteo Musso duca di Camparino gli aveva rivolto, facendolo trasalire:

Avete mai parlato con un morto, commissario?

Ben presto si era reso conto che ciò che intendeva il suo interlocutore non aveva niente a che vedere con il Fatto, ma gli aveva comunque lasciato uno strano sapore in bocca...
La sua ordinazione al bar non cambiava praticamente mai, immutabile come la sua espressione di quella mattina. Immaginai che stesse ripercorrendo mentalmente gli accadimenti degli ultimi giorni, di cui molti in città parlavano: l’omicidio della duchessa di Camparino, personaggio molto conosciuto; il marito immobilizzato da tempo nel letto e, per certi versi, morto ben prima della non più amata seconda moglie; un giovane duca confinato di sua volontà all’ultimo piano del palazzo di famiglia, lontano dall’odiata matrigna e completamente assorbito dalla cura del suo giardino, quanto meno in apparenza. Senza dimenticare le scenate di gelosia fatte in pubblico dall’amante della frizzante duchessa, la famiglia da questi abbandonata, la vergogna. E l’assassino?
Insomma, c’erano tutti gli elementi di un vero e proprio rompicapo.
Fortunatamente, il Commissario Ricciardi poteva contare sull’aiuto dell’infaticabile Brigadiere Maione che, tuttavia, questa volta si trovava a combattere anche con altri fantasmi, tutti personali. Ma, nonostante ciò, l’imponente collaboratore non si risparmiava, anche se la ruvida dieta a cui aveva deciso di sottoporsi metteva a dura prova la sua resistenza.
Guardai sconsolato la mia tazzina vuota, soltanto per sorridere all’idea di rimpiazzarla con una fragrante sfogliatella. Ma non immaginavo ancora che, alla fine, il caso si sarebbe rivelato quasi come questo storico dolce: strati che svelano strati, che svelano realtà sorprendenti momento dopo momento. Lo stupore può raggiungere vette insospettabili.
E cosa dire dell’amore? Imprevedibile oltre ogni immaginazione, si presenta nelle forme più inconsuete e colpisce senza preavviso, senza dare scampo. Dove? Allo stomaco, naturalmente, proprio dove il nostro Commissario (e non solo) non può evitare di provare tutte quelle strane sensazioni che lo accompagneranno per tutto il racconto; un po’ come Enrica, Livia, il Fatto...

La forza della scrittura di Maurizio de Giovanni mi ha fatto immaginare di vivere in prima persona quest’avventura, Il posto di ognuno. L’estate del commissario Ricciardi (Einaudi, 2012), ad appena pochi tavoli di distanza dal Commissario Ricciardi nello storico Gran Caffè Gambrinus.
Ognuno dei personaggi che si affaccia sulla scena di questo romanzo lascia un solco profondo, da protagonista, caratterizzato con sapiente maestria da una penna di indiscutibile abilità, capace di catturare il lettore per trasportarlo in una realtà che sembra ormai distante da noi, ma che invece, per certi versi, è ancora spaventosamente vicina.

Davvero un’estate intensa, quella del Commissario Ricciardi.