Io che amo solo te
- Autore: Luca Bianchini
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2013
Apparentemente, volutamente e squisitamente genuino, il romanzo Io che amo solo te di Luca Bianchini (Mondadori, 2013) si presenta con una scrittura fresca e dinamica.
E’ proprio il dinamismo e l’intreccio dei personaggi sapientemente condotto dallo scrittore a tenere alta la curiosità del lettore.
Ogni capitolo, interrotto “ad hoc” nel momento di maggior “suspense emotiva” è uno stimolo involontario a proseguirne la lettura.
Bei personaggi, che prendono immediatamente fisionomie autonome e caratteriali grazie proprio a una descrizione accurata e delicata.
Una storia tutta italiana, in un’epoca dove il Made in Italy vive il suo peggior momento, storico, economico, sociale:
- Si sentono i profumi della Puglia.
- Si sente il maestrale col quale si apre il romanzo.
- Si sentono gli odori della cucina.
Un romanzo dedicato a giovani e meno giovani perché dentro ci sono entrambe le categorie, ognuno con il proprio presente, alcuni con il proprio passato.
“Io che amo solo te” è un inno all’amore, in tutte le sue forme, ad ogni età, perché si ha sempre bisogno di amore.
Delicato, sufficientemente romantico by-passando però ogni atteggiamento melenso, il romanzo si cala piano piano nei sentimenti più veri, autentici e profondi.
Quello che ne rimane è un messaggio che arriva diretto al cuore:
“se ci credi, credici fino in fondo e osa, perché poi potrebbe essere troppo tardi”.
Io che amo solo te
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Il racconto è ambientato in Puglia, a Polignano, una bellissima cittadina sul mare. Chi come me conosce il posto, lo riconoscerà (e forse anche qualche personaggio ispirato a persone reali nel nome o nelle gesta, come Giancarlo Showman che davvero è conosciuto in zona), chi non ci è mai stato probabilmente vorrà andarci.
L’autore infatti è così bravo nel descrivere il paesaggio che al lettore sembra vederlo il mare su cui s’affaccia la cucina di Ninella e di sentire il vento di maestrale che batte alle persiane e pare minacciare la riuscita dell’evento intorno cui ruota tutta la storia: il matrimonio tra Chiara e Damiano, preparato nei minimi dettagli soprattutto dalle di lei madre-Ninella appunto, una sarta cinquantenne vedova-e ancor più dalla di lui madre-Matildela “first lady” di Polignano,detta così perché abita in un palazzone ed è sposata al “re delle patate”, Domenico detto Don Mimì. Le due donne sono in costante frizione non solo per la supremazia sui preparativi delle nozze,ma anche e soprattutto perché in gioventù don Mimì e Ninella erano stati innamorati,ma lui era stato costretto a lasciarla per via di uno scandalo in cui era coinvolto Tony, il fratello di lei.
I personaggi che si affacciano nei tre giorni di racconto-il giorno prima, il giorno delle nozze, ed il giorno seguente- sono molteplici e divertenti:
La cosa che suona buffa, o amara, è che il vero amore qui pare essere rappresentato più da Ninella e Mimì, che non si sono mai dimenticati, che per anni sono andati in chiesa con la speranza di scambiarsi uno sguardo e non dai giovani sposi che arrivano al matrimonio più per il “doversi sistemare” che non per convinzione e sentimenti.
Molto dolce il sentimento a distanza tra i due cinquantenni, la “rivincita” di Ninella ed il loro riavvicinamento con un ballo proprio al matrimonio dei loro figli ed ancor più l’indomani, soli, con sottofondo le note della celebre canzone di Sergio Endrigo, da cui il titolo del romanzo… Ma anche lo scoprirsi innamorati dei due giovani sposi,con Damiano che capisce che
Uno spaccato molto veritiero del Sud caldo, legato al mare, alle tradizioni, alla famiglia. Molti i sentimenti sommersi-l’amore tra Ninella e don Mimì, l’omosessualità di Orlando, i piccoli tradimenti degli sposi alla vigilia delle nozze -i non detti, la mentalità tipica dei paesini del sud del “sistemarsi”, del “non rompere” al marito, del tenere dei piccoli segreti per sempre, dell’importanza di ciò che pensa e dice la gente…
Un libro tutto made in Puglia, da gustare magari con qualche tarallino locale, in riva al mare.
Io che amo solo te è un romanzo che riesce a coinvolgere il lettore sin dall’inizio: mi sono sentita come se fossi stata tra i 287 invitati del matrimonio, i personaggi sembrano così reali. Luca Bianchini è stato molto bravo nel creare una storia da leggere tutta d’un fiato, la curiosità di sapere come si evolvono le vicende è troppo forte. Il "vissero tutti felici e contenti" in alcuni tratti sembra anche lontano.
Quanti eventi possono accadere in un solo weekend? Tanti, forse anche troppi, soprattutto se fuori imperversa il maestrale, arrivato in anticipo rispetto al previsto e considerata come la peggiore sventura che possa accadere durante un matrimonio. Puo’ filare tutto liscio ma se c’è il maestrale gli invitati ricorderanno solo di quello.
Quello che mi ha colpito di piú é lo spessore psicologico delle figure: non vi sono personaggi piatti, tutto è caratterizzato dai sentimenti con cui vivono gli eventi. Luca Bianchini è bravissimo a descrivere i personaggi e li fa amare soprattutto per i loro difetti: le paure e le ansie di Chiara, la smania ossessiva di Nancy di voler perdere, prima delle nozze della sorella, sia la verginità che 5 kg, la paura di Orlando di far scoprire la propria omosessualità e, soprattutto, la relazione con l’Innominato, la sfrontatezza di Damiano che a poche ore dalle nozze tradisce Chiara, la freddezza della First Lady nell’organizzare il matrimonio. E poi vi sono Ninella e Don Mimì, sposi mancati che per ironia della sorte si ritrovano al matrimonio dei rispettivi figli. A tutti è data la giusta importanza, non vi sono protagonisti e personaggi secondari.
Lo stile è semplice, niente pensieri complessi e oscuri.
Il personaggio che ho amato di più è Ninella: tipica donna del Sud, molto coraggiosa, rimane vedova molto giovane e da sola cresce le due figlie, Chiara e Nancy. E’ davvero un vulcano che attende solo il momento per esplodere. Il personaggio che ho amato di meno è l’Innominato, ovvero l’amante di Orlando, uomo losco e dalla doppia vita.
In definitiva ve lo consiglio: per l’ambientazione (davvero vi sembrerà di essere a Polignano), per la storia d’amore tra Ninella e Don Mimì, per lo stile con cui è stato scritto.
Quando si parla di un libro di inconfutabile successo, come questo “Io che amo solo te”, si è inevitabilmente portati a essere molto prudenti, talvolta indulgenti, nelle proprie valutazioni. E’ come se si avesse timore di andare controcorrente, come se il non allinearsi al parere predominante del pubblico equivalesse a una declassazione, allo schierarsi automaticamente dalla parte del torto. Pronta in ogni momento, in agguato, è la classica frase “Non lo hai capito, prova a rileggerlo!” Frase che, in questo caso, potrebbe fare sorridere, data l’estrema semplicità sia della trama che della scrittura di Bianchini, che di fatto costituisce il punto di forza, ma anche la debolezza, del romanzo.
I precedenti libri di Bianchini, infatti, lo vedevano alle prese con storie un po’ meno lineari di questa, e con personaggi più caratterizzati: in tali contesti, la scrittura aperta, chiara, quasi elementare fungeva da azzeccato contrasto con il resto, arricchendo la narrazione. In questo caso, invece, sia la scrittura che la trama e i personaggi vanno nella stessa direzione, e possono risultare, nella loro linearità, piuttosto inconsistenti. Non che si tratti di un brutto libro, ma neppure di un capolavoro: è una storia leggera e sorridente da leggere sotto l’ombrellone o accanto al fuoco.
La canzone di Endrigo, malgrado sia esplicitamente citata nel titolo, si intreccia con la trama solo nell’ultima scena. Del resto, moltissime canzoni d’amore avrebbero potuto fare da sottofondo alla trama di questo romanzo quasi “corale”, in cui amori e tradimenti di ogni genere si intrecciano, tanto che si ha quasi l’impressione che lo scrittore consideri l’infedeltà una parte integrante di qualsiasi rapporto sentimentale, un semplice e scontato caso della vita. Lo sguardo che Bianchini passa sui suoi personaggi è di indulgenza, di simpatia, anche (soprattutto) quando si tradiscono, magari a vicenda, ovviamente nel nome dell’amore sovrano che ha la precedenza su tutto e su tutti.
Il tema ricorrente dei libri di Bianchini sembra essere quello dello scavezzacollo che si pente e mette la testa a posto. In questo caso si tratta di Damiano, che ha deciso di impalmare Chiara senza convinzione, solo per sistemarsi. La stessa Chiara, del resto, ha più a cuore la cerimonia del fidanzato stesso: tanto è vero che, il giorno prima delle nozze, Damiano tradisce Chiara e Chiara… quasi (tipico del personaggio femminile). Il padre di Damiano, Don Mimì, cerca di evitare al figlio un errore madornale: lui stesso, anni prima, non seppe opporsi ai suoi genitori, e rinunciò a Ninella, la madre di Chiara. Ma mentre gli sposini si scoprono innamorati proprio durante la cerimonia (piuttosto inverosimile, a meno che non si tratti di suggestione), i vecchi innamorati rinverdiscono il loro sentimento, con gran dispetto di Matilde, la moglie di Mimì. Fra lei e Ninella scatta una rivalità tale che il confine tra amore per Mimì e voglia di primeggiare sull’altra diventa sempre più labile.
Il tutto, però, dà un’impressione di accennato, di sospeso. Anche il coming out di Orlando, fratello di Damiano, che ama un uomo sposato, non provoca particolari reazioni: è una caduta attutita. Neppure il lungo pranzo di nozze offre particolari descrizioni degli usi e costumi di Polignano a Mare, splendida località dove si svolge il romanzo, ma pone piuttosto l’accento sui fatti puri e semplici. La lettura scorre bene (in questo senso Bianchini è una garanzia), ma non lascia poi molto.