L’eredità dell’abate nero
- Autore: Marcello Simoni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2017
Secretum Saga, primo capitolo: tornano le atmosfere sospese care a Marcello Simoni: castelli e villaggi medievali, strade buie di borghi e città, boschi impenetrabili, complotti, misteri, esoterismo, stregoneria. Sono a disposizione dei fan di ben diciotto Paesi, nell’ultimissimo romanzo storico del narratore emiliano-romagnolo, “L’eredità dell’abate nero”, che apre la nuova serie narrativa (Newton Compton Editori, giugno 2017, pp. 348, euro 9,90, ebook euro 4,99).
Sarebbe lungo citare i successi di Marcello Simoni. Basti il primo per tutti, “Il mercante di libri maledetti”, edito da Newton Compton nel 2011 e vincitore del 30° Premio Bancarella, risultato sorprendente per un romanzo di cappa e spada, dopotutto. Nelle pagine dell’ex bibliotecario archeologo, a suo agio con le lettere antiche (la sua laurea), vivono epigoni della grande letteratura d’avventura, di Ivanhoe e Robin Hood, dell’Orlando Furioso e dei Borgia, accanto a qualche Indiana Jones in calzebrache e farsetto e oltre alla varia umanità pezzente, sul tipo di quella che popola i bassifondi parigini in Victor Hugo.
Ma lo stile inconfondibile e l’ispirazione felice dello scrittore di Comacchio rendono la sua narrativa inimitabile, di assoluto successo internazionale.
Il primo vip storico che s’incontra nella saga è Cosimo de’ Medici, signore di Firenze nella seconda metà del 1400. Subito dopo si scopre che anche allora chi voleva rubare indisturbato doveva vestire di scuro e sporcare il volto di nero, come gli attuali incursori militari, per nascondersi al buio.
Ma questi accorgimenti non basteranno a Tigrinus, non eviteranno l’arresto del giovane furfantello nella cripta di Santa Trinità. Non potrà nulla, per liberarlo dagli uomini del Bargello, il complice fidato che lo attende fuori, il nano Caco.
Il ragazzo, certamente ladro ma niente affatto assassino, ha però avuto il tempo di cogliere lo sguardo di messer Giannotto Bruni, pugnalato nella cappella sotterranea dell’abbazia fiorentina. Cos’ha visto negli occhi della vittima, oltre a rabbia e dolore? Quali sono state le ultime parole del morente, prima di spirare?
Non ha perciò sulla coscienza l’omicidio del banchiere, ucciso da uno sconosciuto, ma per il giovane furfante, è comunque una fortuna che della sua sorte si interessi come sempre Sua Signoria in persona. Il de’ Medici lo raggiunge perfino nelle segrete delle Stinche, il carcere dove hanno chiuso il ragazzo, che non si fida del tutto di Cosimo: non sa perché quell’uomo potente l’abbia protetto fin dall’infanzia, affidandolo a vari tutori, senza dirgli mai nulla sulle sue origini. Ignora le ragioni che spingono il potente nobile ad avere tanta pazienza con lui, ribelle ad ogni forma di regola e morale.
Da dove viene Tigninus? Ritorna ai primi ricordi, lo sciabordio del mare e un brusio di lingue esotiche. Sente di appartenere a un mondo lontano e questo accresce la smania e l’incapacità di adattarsi a una vita regolare.
Farebbe bene ad affidarsi totalmente al Signore della città per difendersi dai congiunti del Bruni, che chiedono giustizia e lo vogliono morto, il figlio del banchiere e soprattutto Bianca, vendicativa nipote. Ha voglia Tigrinus a sperticarsi che il pugnalatore si copriva con un turbante e che la causa dell’omicidio è una somma enorme: duemila fiorini, anzi, seimila! Una nave con la stiva piena di ricchezze è sparita, dopo aver lasciato Famagosta.
La ragazza non trattiene lo sdegno nell’apprendere che il ladro non assassino è stato liberato. Si è riunito a Caco e sta raggiungendo il luogo dell’appuntamento indicatogli dal de’ Medici. Camminando, non può fare a meno di tornare col pensiero a Bianca, la fanciulla combattiva entrata furente nella sua cella, la più bella donna mai vista.
Anche lei pensa a lui, ma per tutt’altre ragioni. Intanto, però, non riesce a ricacciare qualche dubbio: le sembra difficile che un uomo avveduto come lo zio possa essere caduto sotto il pugnale di un ladruncolo. Propone al cugino Angelo di assoldare qualcuno, per trovare il giovane furfante e strappargli la verità una volta per tutte.
Intanto, per quali motivi il de’ Medici ha voluto affidare un incarico a Tigrinus? Ha bisogno della sua mano lesta e pronta a tutto. Gli sta a cuore un frate, Lionardo da Pistoia, in viaggio verso la rocca del cardinale Bessarione, a Frascati. Cosimo tiene alla sicurezza del monaco e all’integrità del libro prezioso che questi porta con sé, redatto in Oriente.
Si scatena una giostra, in cui tutti rincorrono tutti e nessuno può dirsi preda o cacciatore. Scaltro e capace, Tigrinus disperde la scorta e mette le mani su Lionardo e sul libro, la Tavola di Smeraldo, che sta tanto a cuore a sua Signoria. Pare, però, che quel testo indecifrabile, ricco di un potere misterioso e di un significato simbolico, sia solo una copia.
Del resto,
“l’Abate Nero non avrebbe mai permesso a nessuno di circolare col vero esemplare del libro”
dice l’anziano frate, guardando il giovane Tigrinus e notando per la prima volta le striature bianche che macchiano i capelli mori del ragazzo. Sono le stesse del Monaco Nero.
Prima del prologo, Marcello Simoni ha avvertito che se la trama si basa su personaggi d’invenzione, è invece storia che nel 1459 il monaco Lionardo da Pistoia sia entrato in possesso in Macedonia di manoscritti sacri, con contenuti alchemici ed esoterici e che li abbia consegnati a due uomini controversi: il cardinale Bessarione e Cosimo de’ Medici.
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