Odiare l’odio. Dalle grandi persecuzioni del Novecento alla violenza sui social: le conseguenze tragiche di una malattia del nostro tempo
- Autore: Walter Veltroni
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2020
Le riflessioni che Walter Veltroni compie in Odiare l’odio. Dalle grandi persecuzioni del Novecento alla violenza sui social: le conseguenze tragiche di una malattia del nostro tempo (Rizzoli, 2020) partono dal periodo del ventennio fascista, riguardano il periodo della gioventù dell’autore e gli anni di piombo e arrivano fino ai giorni attuali.
Dei tempi passati, esaminati con la lente deformante dell’odio, non c’è molto da rimpiangere. L’odio è una malattia grave, carica di conseguenze, che non ci abbandona neanche oggi:
“L’odio si insinua nei pertugi delle nostre incertezze, delle nostre inquietudini, nei nostri disagi, della coscienza talvolta rabbiosa delle ingiustizie del mondo. Di quelle sociali, di quelle civili. Si infila nelle ferite del nostro tempo e progressivamente ci domina. Si impadronisce delle nostre parole, dei nostri stati d’animo, ci fa guardare con occhi diversi coloro che sono di fronte a noi. L’odio, da quando si è diffuso, ha determinato, nella storia dell’umanità, i momenti più tragici e le pagine più scure”.
In questo agile volume, Veltroni mette da parte la veste da "buonista", che pure gli riconosciamo e apprezziamo assai, ed esamina con piglio intelligente le ragioni dell’odio che cresce e dilaga nella società, perché c’è chi alimenta paura, sfiducia, rancore.
Strumento di diffusione dell’odio sono le parole, vere e proprie pietre che colpiscono e abbattono qualsiasi forma di diversità e di alterità, che possono riguardare persone comuni da considerare oggetto da colpire sui social dove tutto si amplifica. Lo straniero, il migrante, il diverso, diventano bersaglio nelle campagne di odio in Italia, in America e in quelle parti del mondo dove si alimentano fake news per scatenare reazioni emotive di odio e l’odio conduce alla violenza.
Veltroni invita a odiare l’odio per dare nuova linfa alla democrazia in crisi, e così conclude:
“Io non rinuncio all’idea che questo mio Paese, e non solo il mio Paese, sia costituito per la stragrande maggioranza da persone che rifiutano la logica dell’odio e pensano che invece sia possibile, di nuovo, vivere in una società aperta, inclusiva, ordinata, giusta socialmente. Attenta ai temi ambientali, ai diritti sociali e civili delle persone. Se noi che odiamo l’odio troveremo le parole giuste, allora la libertà avrà un futuro. E nel futuro ci sarà la libertà”.
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Pensavamo che la generazione dei nostri padri, che ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze catastrofiche di una guerra scaturita dall’odio tra popoli nato dalla presunzione di superiorità della razza, avesse esaurito tutti gli obbrobri e abomini a cui il mondo potesse assistere. E invece non è così. Il fil rouge dell’odio ha continuato ad imbrattare le generazioni che sono venute dopo assumendo ancora una volta il concetto di ‘diverso’ a fondamento del suo esistere.
Il dopoguerra che avrebbe dovuto far rinascere quella concordia tra le genti, che avrebbe seppellito l’odio e gli orrori della guerra civile presto si ripropose nella contrapposizione tra fascisti e comunisti: “sparare ad un fascista non è un reato o morte ai rossi sono prima slogan poi azioni” divenne la parola d’ordine di giovani accecati dall’ odio. Negli anni di piombo essere un ragazzo di destra o di sinistra era un buon motivo per temere per la propria vita. Ancora una volta l’odio da sentimento diventa il prologo della violenza.
Non è finita qua, in una manciata di anni abbiamo visto scorrere il sangue della contrapposizione: la morte in diretta è entrata nel nostro quotidiano, la paura premonitrice dell’odio oggi ci porta ad accusare sui social chiunque vien individuato come il nemico che ci priva delle nostre certezze. Parole livide sono diventate protagoniste degli odiatori da tastiera. Odio e violenza non sono separabili. Il primo genera la seconda.
L’autore conclude con un invito al lettore: “a chi odia, a chi semina la paura, rispondere con un linguaggio opposto, che è il linguaggio della ragione e della speranza”.