Un amore partigiano. Storia di Gianna e Neri, eroi scomodi della Resistenza
- Autore: Mirella Serri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2014
Ci sono storie che non si possono dimenticare, quella che "Un amore partigiano. Storia di Gianna e Neri, eroi scomodi della Resistenza" descrive è stata a lungo ignorata e sconfessata per poi essere riportata alla luce.
Un amore partigiano (Longanesi, 2014) inizia col narrare di un destino che si appresta a essere funesto per due donne che in quel giorno del 1945 si sono incrociate: Claretta Petacci, scortata in auto dai partigiani di Dongo, e la staffetta Gianna, nome di battaglia di Giuseppina Tuissi, una giovane partigiana poco più che ventenne, con sul corpo ancora evidenti i segni delle torture dei nazifascisti.
L’autrice Mirella Serri, docente di Giornalismo e Letteratura all’Università La Sapienza di Roma, in questo saggio, ricostruisce la tragica storia di due giovani partigiani giustiziati dai loro compagni di partito, un mistero tenuto segreto a lungo e che ad oggi rappresenta una ferita ancora aperta nella storia della Resistenza. Ci son voluti più di sessant’anni per poter restituire, l’onore al capitano Neri e alla sua compagna Gianna, dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e da Walter Veltroni.
La loro storia di combattenti della Resistenza è stata raccolta dalle pagine dei diari e dalle annotazioni sui taccuini degli stessi protagonisti e dalle testimonianze dei compagni e dei familiari.
Il capitano Neri, Luigi Canali, era chiamato la primula rossa del Comasco. Campione di corsa ad ostacoli era nato a Como in una famiglia con ideali socialisti. Ben educato, dava sempre il lei evitando il voi fascista, amava tenere in tasca un taccuino dove annotava le sue riflessioni e curiosità. Scriveva nella lingua dell’Esperando augurandosi che un giorno potesse divenire la lingua parlata dai lavoratori. Leggeva Marx, Proudhon, Turati, Papini e Prezzolini e non gradiva D’Annunzio. Dopo l’8 settembre aderì alla Resistenza ed istituì il primo Comitato di Liberazione Nazionale a Dongo. Sposato e con la moglie in attesa di un figlio, di mattina era un onesto ragioniere e di notte era il temuto fuorilegge la primula rossa. Quando la situazione precipitò fu obbligato a prendere la strada della montagna. Neri era un uomo serio e leale, fu capace di coordinare le Brigate garibaldine sparse nelle valli della Lombardia e per queste sue doti di comandante si conquistò nel partito antipatie e consensi.
Gianna era nata ad Abbiategrasso in una famiglia di operai comunisti. A Milano entrò a far parte dei ragazzi di Baggio (una lapide in via Tibaldi ricorda il loro sacrificio) e quando il suo primo amore (Gianni Alippi) venne ucciso, in suo ricordo volle essere chiamata Gianna. Poche settimane prima di quell’episodio, tutta Milano era rimasta inorridita dalla fucilazione di quindici antifascisti da parte dei tedeschi, a seguito dell’attentato ad un loro camion di soldati, nel quale non era morto nessuno. Il capitano Saevecke delle SS che diventerà noto come il boia di piazza Loreto, permise ai corpi esposti nel piazzale di essere vilipesi e chiamati mucchi di immondizia, di essere coperti di sputi impedendo ai parenti di avvicinarsi. Questo episodio porterà alla morte il giovane Alippi e per Giuseppina non ci sarà altro pensiero che la lotta armata. Il capitano Neri era a capo della Resistenza comasca con la 52sima brigata Garibaldi, quando la mattina del 27 aprile 1945 con l’aiuto di altre divisioni bloccò una autocolonna tedesca diretta in Svizzera e in uno dei camion in fila fu riconosciuto, con il volto nascosto da un elmetto, il Duce. Anche Gianna era li con lui, partecipò alla cattura di Mussolini, della Petacci e di altri gerarchi in fuga. Nei giorni che seguirono catalogarono scrupolosamente l’oro e i gioielli sequestrati ai prigionieri e lo consegnarono agli alti dirigenti del partito. Dei nostri due giovani partigiani, poi, non si saprà più nulla. Incarcerati dai loro stessi compagni di lotta, verranno giustiziati come traditori. La storia farà riemergere i contrasti di Neri con i dirigenti del PCI, testimone insieme a Gianna dell’oro di Dongo, sempre negato dal partito comunista, e la sua decisa e ferma opposizione alla fucilazione del Duce e della sua amante.
Questo scrisse Gianna il 23 maggio 1945, un mese prima di essere uccisa.
“Purtroppo questa lettera sarà mal scritta perché non sono certa delle mie attuali facoltà mentali; prima i fascisti e ora i miei compagni, gli uomini che guidano il mio Partito, il Partito per il quale ho vissuto, per cui vivo, hanno contribuito a rendermi così: essi mi hanno tolto l’onore, mi hanno quasi messa nell’impossibilità di vivere e mi hanno tolto anche la persona cara per cui avrei dato volentieri la vita."
Una pagina nera nella storia della liberazione d’Italia e nella storia del PCI, portata alla luce e descritta dall’autrice con rigore e verità. Un libro importante, sulla drammatica e atroce verità di due eroi scomodi della Resistenza, per i quali ancora oggi non esiste alcuna memoria.
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