1934
- Autore: Alberto Moravia
- Categoria: Narrativa Italiana
"1934" di Alberto Moravia si incentra tutto su un sentimento: la disperazione. Lucio, il protagonista, un giovane ventisettenne, decide di trascorrere un breve soggiorno a Capri, con l’obiettivo di scrivere un romanzo per "stabilizzare la sua disperazione".
Moravia, nelle sue opere, analizza con profondità tutti i più amari sentimenti umani, come avviene anche nei romanzi "La noia", "Gli indifferenti", "L’automa" e "Il conformista".
Che cos’è la disperazione? È un sentimento che fa parte da sempre della natura dell’essere umano, e che, per quanto ci si impegni, non potrà mai essere scacciato.
"È possibile vivere nella disperazione e non desiderare la morte?"
Questa è la frase iniziale del romanzo, che viene presentata al lettore senza preamboli né introduzioni.
L’obiettivo del giovane intellettuale Lucio è quello non già di superare la sua disperazione esistenziale, cosa che ritiene di non poter fare, ma quello di scrivere un romanzo nel quale il protagonista si suicida. Narrando il suicidio, Lucio si propone così di trasferire i suoi sentimenti sulla carta per evitare di togliersi la vita nella realtà:
"Che cosa intendevo per stabilizzare? In qualche modo, immaginando che la mia vita fosse uno Stato, istituzionalizzare la disperazione, cioè riconoscerla, come legge dello Stato medesimo; tutto questo grazie ad una presa di coscienza che mi avrebbe permesso di creare un equilibrio infrangibile fra disperazione e desiderio..."
Il romanzo è ambientato nel 1934, l’anno in cui il potere di Hitler organizza la "Notte dei lunghi coltelli", ossia l’uccisione di tutti gli oppositori del regime.
Non mancano nel libro considerazioni che riguardano il periodo storico. Lucio, infatti, è un intellettuale antifascista, e, durante una delle sue riflessioni, pensa che forse i regimi dittatoriali esistenti in Italia e in Germania siano la vera causa della sua disperazione. Poi, però, smentisce questa sua conclusione, affermano che sarebbe stato disperato anche se fascismo e nazismo non fossero al potere:
"Sapevo benissimo che, pur nutrendo la stessa avversione, non mi sarei ucciso per il regime politico dominante..."
Durante il viaggio verso Capri (la medesima ambientazione del romanzo "Il disprezzo") Lucio incontra Beate, una giovane donna tormentata, sposata ad un gerarca nazista.
Basta poco perché i due si capiscano: hanno in comune il medesimo sentimento della disperazione.
I loro sguardi si incrociano, e il loro dialogo avviene solo attraverso gli occhi, fino a quando non hanno occasione, dopo di un po’ di tempo, di parlarsi direttamente.
Moravia, in questo romanzo, tratta il tema della doppiezza dell’animo umano, tema caro, peraltro, alla letteratura tedesca, che ha visto in Hermann Hesse uno dei principali narratori sull’argomento (Narciso e Boccadoro rappresentano, ad esempio, due aspetti dell’essere umano, Logos ed Eros). Non a caso, Lucio si è laureato in Germania in letteratura tedesca.
Il doppio è rappresentato attraverso le figure di Beate e della sorella gemella Trude; la prima una donna colta e travagliata, che non riesce ad adattarsi alla realtà circostante fatta di violenza e terrore, e che per questo propone a Lucio il suicidio a due, come fecero Kleist ed Enrichetta. L’altra, Trude, è invece conformista, volgare, non colta, "ghiottona", perché mangia senza freni, fa l’amore senza freni, insomma, per dirla con Platone, rappresenta la parte "concupiscibile" dell’animo umano, cioè quella dedita a soddisfare gli impulsi primitivi. Proprio per questo, le sorelle gemelle sono l’emblema della doppiezza.
La vicenda del romanzo si dipana nell’incertezza: "Chi è Trude?", "Chi è Beate?", interrogativi a cui l’autore non dà una ferma risposta. A volte le due donne si alternano, altre si confondono.
Con questo romanzo Moravia ha forse voluto anche affermare (ma questa è una mia soggettiva interpretazione) che l’essere umano non potrà mai scacciare da sé la parte grezza e ferina, rappresentata da Trude, neanche quelli che, come Lucio, basano la propria vita sulla cultura. E allora non ci rimane che accettarci come siamo: grezzi e concupiscenti, spirituali ed ascetici nello stesso tempo.
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