Alla fine lui muore
- Autore: Alberto Caviglia
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giuntina
- Anno di pubblicazione: 2021
Molto difficile ridere e voler raccontare ad altri il motivo del divertimento: leggendo le due liste, rispettivamente al capitolo 6 e al capitolo 16 del libro davvero esilarante di Alberto Caviglia, si sorride, si ride, ci si identifica, si vuole condividere, si è contenti che uno scrittore giovane come il romano Alberto Caviglia, già autore del romanzo indimenticabile Olocaustico, abbia scritto Alla fine lui muore (Giuntina 2021).
Il proverbio yiddish “Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi progetti” è posto in esergo ai 18 brevi capitoli in cui Caviglia condensa il suo pensiero su gioventù, vecchiaia, malattia, morte, amore, religione, scuola, infanzia, famiglia, social, cibo, amici, riti sociali, ebraismo, Roma… Mi accorgo che sto facendo anche io una lista, contagiata dalla leggerezza con cui lo scrittore ha costruito il suo romanzo, in cui una sorta di educazione sentimentale dell’io narrante, l’ebreo romano Duccio Contini, ci fa inoltrare attraverso i meandri di una psicologia che sembra contorta e contraddittoria, ma che invece mostra una sensibilità e un’intelligenza straordinarie nell’affrontare e cercare di comprendere le tante assurdità del nostro vivere attuale, a Roma, come forse nel mondo occidentale tutto, dove vita e morte, salute e malattia, giovinezza e vecchiaia si pongono alla nostra attenzione giornaliera in questo periodo di pandemia in modo martellante, quasi ossessivo.
La cifra narrativa di Caviglia è il paradosso, nel quale ci trascina e da cui noi lettori veniamo letteralmente risucchiati; la convivenza del narratore con la molesta inquilina Michelle, disordinata, sciatta, casinara, racconta il modo in cui gli anziani, tra cui Duccio ha deciso di iscriversi, vedono i difetti dei più giovani. Nel descrivere i riti della giornata, il desiderio di non uscire, la pigrizia nel dover affrontare telefonate con amici con cui il dialogo sembra spento, la voglia di passare la vita in farmacia, rimpinzandosi di medicinali, integratori, pillole destinate a lenire ogni tipo di disagio fisico e mentale; l’idea di sbarazzarsi di tutto ciò che ossessiona le nostre giornate, lo smartphone sostituito con il vecchio telefono di bachelite, la riesumazione del giradischi, parola nota solo a chi ha passato i sessant’anni, credo, il plaid sulle ginocchia, il capodanno in solitudine, il gusto macabro per gli epitaffi, ci parlano di una generazione che ha vissuto la sua parte importante di vita e che ora si avvia verso la sua conclusione, e di cui lo scrittore sa ricostruire riti, abitudini, manie, con una accuratezza notevole e un acuto senso critico.
Una grande fantasia, quella di Alberto Caviglia, quando descrive i preparativi per la festa d’addio alla vita che il narratore ha deciso di offrire a villa Miani, tempio della ricca e incolta borghesia romana, ebrea e non: compresi menu, drink e dress code. Spregiudicato quanto basta, Caviglia manda il suo protagonista in una chiesa cattolica, all’Oratorio, proponendo una divertente dissertazione tra le varie religioni e il loro senso dell’aldilà, mentre chiama Boss il Dio di Abramo, quello che non aveva esitato a chiedergli il sacrificio estremo, l’uccisione del figlio. Ironia, sarcasmo e critica feroce si mescolano nell’imperdibile libro di Caviglia con un sottile divertimento intellettuale.
Alla fine lui muore
Amazon.it: 13,30 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Alla fine lui muore
Lascia il tuo commento