Amore assoluto e altri futili esercizi di Giulia Serughetti

Una giovane donna quasi trascinata da un cagnolino che le strappa il giunzaglio: questa l’immagine di copertina che Marcos y Marcos ha scelto per la raccolta di brevi raccontini, aneddoti, riflessioni, fantasie e “inutili esercizi” con cui Giulia Serughetti, una quarantenne romana che lavora nel cinema, esordisce nella narrativa. Sono 34 i pezzi di Amore assoluto e altri futili esercizi su cui l’autrice intesse i suoi spunti, non soltanto autobiografici, raccontando molto di sé e delle sue inquietudini: il suo attaccamento profondo al nonno, elegante e profumato, le mani lisce e curate, la parmigiana di melanzane essiccate e fritte, insuperata, che la nonna pugliese, cattiva, sapeva preparare, il liceo romano, pariolino, in cui era sempre stata a disagio, la consapevolezza della propria identità sessuale.

Ossessiva, maniaca del controllo, molto nevrotica, la narratrice ha finalmente trovato una sorta di serenità dopo l’incontro con Olivia, una cocker spaniel con la quale vive in simbiosi, girando per le vie di Roma per fotografarne la bellezza folgorante. Nel raccontare le sue storie, le sue sconfitte, l’amore per Silvia, la fidanzata che l’ha abbandonata, gli incontri con tante femmine ex eterosessuali, la ricerca spasmodica dell’amore, quella della felicità attraverso i più diversi espedienti, anche il ritiro Yoga con i suoi immancabili riti, delusioni e fallimenti, passeggiate nel parco, sporco, di villa Glori, alla ricerca dei pony dove, da piccola, nessuno l’aveva mai fatta salire.
E poi profumi, puzze, l’odore del ragù che deve bollire quattro ore, gli insulti volgari alla ragazza che l’ha tradita, spingendola al “turpiloquio patriarcale”: puttana non è chi si gode liberamente il sesso, ma chi è cattiva, precisa alla sua psicanalista.

Un esordio brillante, una scrittura contemporanea, segmentata, piena di frasi idiomatiche tipiche del nostro tempo rapido, che rapidamente consuma incontri, amori, rapporti, sguardi. C’è anche qualche poesia, piccole filastrocche, “Una tracina mi pungerà/Il bagno non farò — I bambini sono crudeli/Con loro non giocherò”, una ricerca spasmodica di essere amata, da parte della voce narrante, che alternando diversi registri sembra voler superare infelicità e solitudine attraverso la lucida spietatezza del suo linguaggio tagliente.