Andare per la Linea Gotica
- Autore: Andrea Santangelo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2021
Da settembre, nella collana Ritrovare l’Italia itinerari d’autore tra storia e cultura, della casa editrice il Mulino, ecco una valida proposta per appassionati e curiosi. Andare per la Linea Gotica è un agile volume (2021, 160 pagine) dell’architetto ed esperto di storia militare Andrea Santangelo, cinquantenne che vive a Rimini e vanta nella sua produzione saggistica La battaglia di El Alamein (sempre il Mulino, 2020), oltre a biografie di personaggi del Rinascimento, come i Borgia.
La Gotica è il profondo sistema difensivo tedesco sull’Appennino tosco-emiliano, che sbarrò agli Alleati l’accesso alla pianura padana da fine agosto 1944 a metà aprile 1945. Oltre due milioni i militari coinvolti: 300mila italo-tedeschi in prima linea e 400mila di supporto contro 1 milione e mezzo di militari di tutto il mondo, solo la metà dei quali impegnati nei combattimenti. E vanno aggiunti 20mila partigiani italiani, che operavano a ridosso.
Difesa e contrattacco, assalto e sfondamento: come nella Grande Guerra questi uomini furono costretti a scontri sanguinari, sottoposti a un costante logoramento e a sacrifici continui. Pesanti le perdite (tante anche le vittime civili), testimoniate dai numerosi cimiteri di guerra, che si possono visitare nel territorio, distinti per nazionalità.
Le difese correvano di traverso nell’ultimo punto più stretto dello stivale, per 320 chilometri, tra l’alto-medio Adriatico e il Tirreno. Partivano da Pesaro, lungo la foce del nume Foglia, proseguivano verso Piandimeleto, salivano sul monte Carpegna, appoggiandosi poi al passo dei Mandrioli, Alpe di San Benedetto, passo del Muraglione, Giogo di Scarperia, passo della Futa, Vernio, passo della Collina e Borgo a Mezzano. Attraversavano le Alpi Apuane, la Garfagnana e finivano a Marina di Massa, allo sbocco in mare del fiume Magra.
Non era continua, si basava su centri di fuoco appoggiati reciprocamente: fortificazioni nei luoghi più facilmente attaccabili e poi postazioni, reticolati, campi minati, trincee, bunker e torrette di carri interrate. Capisaldi che sfruttavano le asperità naturali e l’orografia appenninica, scaglionati in profondità: se il nemico ne superava uno, un altro lo fermava di nuovo, qualche centinaio di metri indietro.
Fin dallo sbarco alleato nel Sud della penisola a settembre del 1943, il feldmaresciallo Rommel considerava la zona tosco-emiliana l’unico vero ostacolo tattico da rafforzare per fermare l’avanzata angloamericana. Riteneva che altri sistemi difensivi non avrebbero retto. Ma il pari grado Kesselring fece prevalere il tentativo di rallentare il nemico nel Meridione, ancorandosi alle asperità appenniniche tra l’Abruzzo-Molise e il Lazio meridionale. Diverse linee funzionarono tanto bene, da bloccare gli avversari sulla Gustav, con perno a Cassino, fino a maggio del 1944, dando il tempo di rafforzare la Gotica più a Settentrione.
Lavorarono in 50mila per allestirla: 18mila genieri tedeschi, 2mila soldati cecoslovacchi, 250 tecnici norvegesi e 30mila tra prigionieri di guerra e lavoratori coatti dell’organizzazione Todt. In dieci mesi non venne completata, ma servì al suo scopo, diversamente dalla mitica Maginot francese, pur fortificata in ben dodici anni, ma di nessuna utilità bellica.
A rendere efficace la Linea Gotica era da una parte la qualità dei suoi difensori tedeschi (con qualche reparto italiano della Repubblica Sociale fascista). Sebbene in inferiorità numerica, erano esperti e motivati, rafforzati dalla libertà d’iniziativa sul terreno riconosciuta agli ufficiali e sottufficiali. La catena di comando alleata obbligava invece, specie gli inglesi, ad attenersi strettamente agli ordini senza improvvisare. Non consentiva di sfruttare situazioni impreviste.
Cinque i settori esaminati, sulla base del progresso delle posizioni nei sette mesi della Gotica: la battaglia di Rimini, la guerra nelle aree acquitrinose del Ravennate e Ferrarese, i combattimenti per liberare il Bolognese, l’Imolese e la Garfagnana, con uno sguardo anche alle drammatiche e indimenticabili stragi naziste di civili nelle retrovie, prima a Sant’Anna di Stazzema in Lunigiana, poi a Marzabotto-Monte Sole, sulla Porrettana, sopra Bologna.
Vista la bella città in cui l’autore risiede, lavora e collabora con articoli di storia al quotidiano il Resto del Carlino, non è un caso che a Rimini siano dedicate non poche citazioni nel volume. Tra i centri di pari grandezza allora, ha il triste primato di devastazione urbana (distrutto l’89% degli edifici), per la quantità di bombe aeree e d’artiglieria alleate nelle poche giornate in cui si trovò prima linea del fronte difensivo tedesco.
Va detto, con Santangelo, che sulla Linea Gotica i bombardamenti pesanti si dimostrarono in genere controproducenti, anche in settori piani provocavano ammassi di rovine, aprivano crateri e trasformavano il territorio sconvolto in un ostacolo aggiuntivo per le forze corazzate angloamericane, pur enormemente superiori rispetto ai pochi ma validi tank germanici. Il divario dei mezzi vedeva un rapporto favorevole di 20 a 1, cannoni 8 a 1, carri armati 12 a 1, combattenti 3 a 1, mentre navi e soprattutto aerei non si potevano neppure paragonare. Paradossalmente, proprio l’eccessiva motorizzazione divenne un handicap, dove più di ruote e cingoli servivano gli umili muli.
Andare per la Linea Gotica
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