Arrivederci a Berlino est
- Autore: Roberto Moliterni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2015
Le piccole grandi storie del Titta e di Malvina nel romanzo Arrivederci a Berlino est di Roberto Moliterni (Rai Libri, 2015) si svolgono come i fili di una matassa che ora si ingarbugliano ora si dipanano.
Simili i caratteri dei due protagonisti (sanguigni e idealisti, ma anche spiriti liberi e inquieti), simili le loro storie (la guerra che li travolge, il dopoguerra che li vede entrambi spioni di regimi differenti, ma che si insinua nel libro non essere molto diversi). Il filo che li lega è quello dell’amore, ma alla fine si dimostra un filo troppo fragile ed esile per reggere alla violenza della Storia.
Italia fascista e Italia repubblicana (ma quest’ultima assomiglia molto alla prima a causa di servizi segreti deviati come il Sifar), comunismo albanese e comunismo tedesco (quello della DDR): forze storiche troppo grandi perché i nostri due protagonisti riescano a sopravvivere alla bufera che travolge le loro povere vite, che sono solo pedine nelle mani dello scacchiere della grande Storia che si sviluppa dalla fine della guerra.
Più che un romanzo sul Muro di Berlino, sulla DDR e il suo grigiore, sul socialismo reale e le sue nefandezze, questo è un romanzo antimilitarista, nel senso che si intravede nella cieca violenza scatenata dalla Seconda guerra mondiale l’origine di ogni male, sia da parte del Titta che di Malvina. La loro speranza di una nuova vita nel 1948 in Albania, con l’attesa della prima figlia, viene spezzata dagli epigoni maligni della guerra appena conclusasi, che insegue i nostri protagonisti in questo sogno di una rinascita fuori dal mondo, nella speranza che il mondo si dimentichi di loro e del loro passato.
Il Titta, dopo essere stato strappato a Malvina nel 1948, rincorre il sogno di ritrovarla, di ricominciare una vita con lei, ma la Berlino del Muro, la Berlino divisa in due parti, è come le loro vite che non si possono più riunire.
L’altra figura tragica del romanzo è Hellen, giovane di belle speranze, figura del Titta e di Malvina da giovani, anche lei alla ricerca di una libertà impossibile, di una realizzazione che sembra a portata di mano, ma che si infrange proprio contro quel muro che voleva oltrepassare.
E il finale del libro, con la liberazione del Titta dalle rigide e oppressive prigioni della Stasi dopo la caduta del Muro di Berlino, non appare per nulla consolante e per nulla liberatorio: Malvina si è suicidata, Hellen è morta nel tentativo di oltrepassare il muro. I due sogni che avevano tenuto in vita il Titta e dato un senso alla sua vita insensata si sono infranti contro la dura realtà della Storia. I muri non sono solo quelli reali, ma quelli che ciascuno tira su dentro il proprio cuore e che sono il frutto delle ferite della Storia. Non resta che piangere insieme alla madre di Hellen, osservando una foto sbiadita.
La scrittura del romanzo è sicura e condotta con forte mano dal narratore esterno, che ci conduce alla scoperta delle diverse vite del Titta con salti temporali improvvisi in avanti e all’indietro. Asciutta e al contempo espressiva la descrizione dei protagonisti, la narrazione è sempre tesa e non indulge mai a cadute di tensione o a romanticismi.
La scelta stilistica fatta rende ancora più piccole le già piccole vite dei protagonisti, ce le fa apparire ancor più in balia di forze oscure e soverchianti, mette a fuoco la morale amara del libro: nessuno è libero, non c’è nessuna possibilità di salvezza. La Storia è un rullo che spiana tutti e tutto.
Arrivederci a Berlino est è un romanzo di stampo neorealista, il Titta è un vinto della Storia.
Arrivederci a Berlino est
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