Blu paonazzo
- Autore: Giovanna Baldissin Molli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2017
Un romanzo ispirato da una grande città veneta, Padova, dalla sua storia nel XV secolo, dal grande patrimonio artistico e architettonico che tuttora la rendono famosa e ammirata nel mondo. “Blu paonazzo”, opera prima narrativa di una storica dell’arte, la veneta Giovanna Baldissin Molli, è stato pubblicato a fine 2017 dalle Edizioni Il Prato, di Saonara (PD), in una veste grafica particolarmente curata (184 pagine, 15 euro). I proventi della pubblicazione vengono devoluti interamente alla Veneranda Arca di Sant’Antonio, per il restauro dei capolavori della basilica patavina.
Chilometrico, ma certamente accattivante il sottotitolo, sulla copertina di questo quarto volume della collana Storie venete: “Furti, amori e crimini sotto le cupole del Santo al tempo di Donatello a Padova”.
Un giallo storico, ma anche un saggio d’arte, che ha per protagonista lo scultore fiorentino Donato di Niccolò di Betto Bardi (1382/90-1466), detto Donatello, al servizio questa volta della città cara al santo di Lisbona. A Padova l’eccelso artista toscano ci sta stretto, ma deve starci. La gente è sempre imbronciata, il clima ancora peggio, molto spesso nebbioso, freddo d’inverno, riarso d’estate.
Strade, piazze, palazzi e chiese sono quelli del borgo antoniano, descritti dall’esperta Baldissin Molli nel loro aspetto a metà 1400. Se alcuni dei personaggi sono storici, la maggior parte invece è farina dell’autrice. Il romanzo è un’opera di fantasia, pur collocata in quel contesto storico-artistico. Caratteri, fisionomie e modo di parlare dei personaggi derivano da uomini e donne di oggi, in carne ed ossa, che Giovanna dice di conoscere e di frequentare. Dubita che i diretti e dirette interessate vi si possano riconoscere, ma questo ricorso a identità ispiratrici contemporanee rende la narrazione molto moderna ed attuale.
Sicché, Donatello è tutt’altro che contento d’essere a Padova. Non si trova a suo agio con gente che considera appiccicosa e di cui non sopporta nemmeno la parlata, un “birignao” slargato e petulante. Non c’era modo però di sottrarsi alla volontà di Cosimo de’ Medici, al quale doveva tanto. Il doge Foscari, dell’alleata Venezia, si era rivolto al signore di Firenze per ottenere i servigi del noto e geniale scultore, al quale affidare la realizzazione proprio nella basilica del Santo di una tomba monumentale in cui inumare lo scomparso capitano generale dell’esercito della Serenissima, Erasmo da Narni, il Gattamelata.
In questa storia l’autrice ha modo di esaltare la maestria di Donatello con la pietra, il marmo, il bronzo, il legno: amava forzare la materia e toglierla a colpi di scalpello, scoprendo le vene dei marmi, la vita nel tronco cercando in questo e in quelli movimento e contrasti. Così come amava il procedimento contrario, aggiungere materia, modellando la creta umida, dando il soffio della vita ai calchi che avrebbero consentito le plastiche fusioni della lega di rame e stagno.
Il romanzo si svolge nel corso della presenza di Donato Bardi a Padova, tra il 1443 e il 1453, ospite dei volenterosi frati francescani, nel convento di Bovolenta. L’atmosfera in città è cupa. Già proverbialmente poco espansivi, i padovani soffrono la perdita della libertà, dopo la pesante sconfitta inflitta dalle armate della nemica Repubblica di Venezia.
Giovanna Baldissin Molli veste anche i panni di giallista, sopra quelli della docente universitaria di storia delle arti applicate e dell’oreficeria (è anche Massara della Veneranda Arca, in quanto componente del Collegio di Presidenza della Fabbriceria antoniana). Hanno un significato in questa storia i furti sacrileghi che si verificano nella basilica, la lunga ricerca dei responsabili e la punizione che ne deriverà… senza fare sconti a nessuno.
Ma ci sono anche protagonisti ulteriori, oltre agli artisti, all’arte e alle vicende del Veneto a metà 1400. Sono indubbiamente le donne, tratteggiate dalla scrittrice di Conegliano con amorevole profondità. Una è senz’altro la gagliarda vedova del condottiero umbro, Giacoma da Leonessa, una vera leonessa, come se il luogo d’origine le avrebbe impresso il carattere, rendendola capace di dire la sua in un mondo allora tutto al maschile.
Poi c’è Ymila, la servetta che accudisce Giovanni Antonio, il piccolo erede di Erasmo e Giacoma. La ragazza fa breccia nel carattere sentimentalmente ascetico di Donatello rispetto alle donne. Le sublimava nelle Madonne e nelle figure femminili che realizzava, amava accarezzare solo il marmo, il legno, le forme bronzee alle quali dava vita, ma la giovane serva lo conquista, diventando dapprima la sua confidente.
Passioni, furori, ruberie: c’è azione nel romanzo della docente veneta, innamorata dell’arte. Oltre alle vicende immaginarie degli artisti, vi racconta quelle autentiche del grande patrimonio di opere legate al culto del santo portoghese, trapiantato a Padova. Una ricchezza ingente per la città, che in particolare al tempo della narrazione si arricchì del monumento equestre eretto nella piazza della basilica, col lavoro dello scultore fiorentino, a ricordo dello scomparso capitano generale delle armate veneziane. La sagoma della mole bronzea inconfondibile campeggia sulla copertina, insieme alla skyline del centro storico patavino.
Blu paonazzo. Furti, amori e crimini sotto le cupole del Santo al tempo di Donatello a Padova
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