Brighton Rock di Graham Greene

Primo romanzo in cui Graham Greene tocca e indaga i temi religiosi e morali e grazie al quale viene definito dalla critica uno scrittore cattolico. Ambientato nella Brighton degli anni Trenta, Brighton Rock (Sellerio, 2023, trad. di Alessandro Carrera, postfazione di Domenico Scarpa), inizia come un classico poliziesco per poi mutarsi in una riflessione sul Bene e sul Male, su Giusto e Sbagliato, sulla salvezza e la dannazione.
Come scrive lo stesso Greene nella prefazione all’edizione del 1970, solo le prime cinquanta pagine sono tutto ciò che resta del poliziesco e l’autore avrebbe anche voluto toglierle. Degenerato in riflessione teologica sì, ma rimane comunque un grande thriller con una trama solida e avvincente.
Le prime righe ci regalano già un incipit che incolla dalla prima pagina:

Hale sapeva, a meno di tre ore dal suo arrivo a Brighton, che volevano ucciderlo.

Hale è un mediocre giornalista che arriva a Brighton con il compito di distribuire cartoncini per un concorso indetto dal suo giornale.
Ha un programma da seguire, un percorso, ma sa anche che presto lo uccideranno perché invischiato nella lotta tra bande criminali. Brighton è allora, come adesso, una colorata e briosa località turistica a un’ora di treno da Londra, meta di gite fuori porta inglesi.
Brighton Rock è il nome di un dolciume tipico, un bastoncino di zucchero. L’allegra e solare Brighton si contrappone alla Brighton di Greene, uno sfondo cupo e grigio in cui l’autore fa muovere i suoi personaggi per dare vita a una storia violenta e sordida. Da qui la critica inizia a parlare di una “Greeneland” come di quell’ambientazione squallida, tetra, un’immensa periferia miserabile, che solo Greene sa creare.

Hale viene ucciso da Pinkie, un diciassettenne a capo di una banda criminale che Greene chiama semplicemente “il Ragazzo”. Nel suo disperato tentativo di sfuggire alla banda, Hale conosce e si confida con Ida Arnold che una volta appresa la sua morte per cause naturali si insospettisce e si mette a investigare sul caso.
Ma Pinkie commette un errore: si fa cogliere da Rose, la cameriera di un locale, mentre tenta di coprire le tracce dell’omicidio di Hale.
Da qui la ragazza diventa una testimone pericolosa. Pinkie la seduce arrivando a sposarla affinché non sia costretta dalla legge a testimoniare contro di lui. Rose è ingenua, innamorata, più volte definita una stupida, profondamente religiosa. Così come religioso è Pinkie: cantava nel coro della chiesa, aveva in programma di farsi prete, dispensa citazioni in latino. È ossessionato dal peccato del contatto fisico ma per lui l’espiazione delle sue malefatte avverrà solo nell’aldilà.

Ida è un personaggio diametralmente opposto. Una donna florida e monumentale che ama la vita e la vive non risparmiandosi in nulla. Esageratamente allegra, fin troppo leggera e spesso ubriaca. Ama ciò che è giusto e da qui l’esigenza, la necessità, di rendere giustizia a Hale. Non è religiosa ma abbraccia lo spiritismo e una sensibilità morale in netto contrasto con l’ineluttabilità del male di cui si fanno portavoce Pinkie e Rose.
I personaggi diventano il simbolo della contrapposizione tra una moralità che prevede semplicemente “Giusto” e “Sbagliato” e l’approccio teologico in cui la dannazione e la salvezza sono impenetrabili dagli esseri umani.
“Giusto” e “Sbagliato” guidano il credo di Ida Arnold; ma per Rose sono due parole che non significano nulla.

Il loro sapore era cancellato da cibi più forti: il Bene e il Male. Su questi la donna non le avrebbe potuto insegnare niente che lei non sapesse già. Aveva la prova matematica che Pinkie fosse il Male: che importava che le sue azioni fossero giuste o sbagliate?»

Ida si spinge oltre il suo intento di investigare sul caso. Vuole salvare Rose da Pinkie, ma la ragazza è disposta a seguirlo fino alla sua dannazione.
Il finale è tragico, amaro così tanto che sorprende lo stesso Greene, come scrive al suo agente letterario:

Nelle ultime 5.000 parole il romanzo si è rivoltato e mi ha morso…