Bucanieri
- Autore: Edith Wharton
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Corbaccio
“A Saratoga la stagione delle corse era al culmine. Il termometro era salito oltre i trenta gradi, e una nebbiolina dorata filtrava i raggi del sole, alzandosi dagli olmi lungo la via di fronte al Grand Union Hotel e dagli stenti prati illuminati di giovani alberi e protetti contro le scorrerie di cani e bambini da una bassa staccionata bianca”.
La signora St. George era seduta nell’ampia veranda dell’albergo con una brocca di limonata ghiacciata sul tavolo accanto e un ventaglio di palma nella sua piccola mano. La donna scrutava l’esterno osservando la maggior parte delle signore presenti riflettendo con “una sorta di melanconica disapprovazione” su quanto fossero cambiati i tempi da quando, dieci anni prima, aveva trascinato le gonne cariche di crinolina avanti e indietro sulla stessa veranda.
Tutto era cambiato da quando le crinoline erano passate di moda, rimpiazzate da un generale scompiglio. Ora ognuna indossava ciò che meglio le pareva e una vera signora si distingueva difficilmente da un’attrice... quello che invece non era mutato per nulla era la corsa tra le matrone ad accasare le proprie figlie con i migliori partiti in circolazione. A motivo di ciò la consorte del colonnello St. George, personaggio importante di Wall Street, simbolo dei “parvenu” americani, diventati ricchi grazie alla forza della propria determinazione, trascorreva molte ore nel suo passatempo preferito. Eccola quindi intenta nel catalogare e valutare mentalmente gli attributi fisici delle signorine che affiancavano le sue figlie Virginia (Jinny) e Annabel (Nan), nei tragitti su e giù per la veranda, le stesse che per parecchie ore ogni notte danzavano valzer e polke nei salotti lunghi e spogli dell’albergo.
Lizzie Elmsworth, figlia maggiore della grossa ed esuberante signora Elmsworth era considerata una bellezza bruna non certo all’altezza dei capelli e della carnagione madreperlacea di Virginia che possedeva onde di capelli di un ricco biondo. Però Lizzie aveva in misura preoccupante ciò che si chiama stile, dove poteva aver mai preso una Elmsworth “quell’incedere tanto superbo”? Le sorelle minori di Lizzie e Virginia, Annabel e Mabel erano rispettivamente la prima “troppo ossuta e dentuta per costituire un futuro pericolo”, la seconda pur non essendo un’autentica bellezza come Virginia, si avviava a diventare quel che si dice una donna affascinante. La signora St. George si domandava se lei e la signora Elmsworth avrebbero dovuto fare fronte comune contro le nuove arrivate soprattutto nei confronti di Miss Conchita Clossom di origine brasiliana dal fascino esotico, di conseguenza pericolosissima.
“Virginia, non voglio che tu ti faccia vedere in giro con quella strana ragazza”.
Il solo modo che la signora St. George conosceva “per governare le figlie era gridar loro senza sosta di non fare questo e di non fare quello”. Nan ascoltava il continuo battibecco tra sua madre e sua sorella, il suo cruccio era l’imminente arrivo di una governante inglese che l’avrebbe sorvegliata a vista, minando la sua pur limitata libertà di giovane in fiore.
“Laura Testvalley si fermò sulla banchina di legno della stazione di Saratoga Springs, N. Y., e si guardò intorno. La scena non era molto incoraggiante, ma non si era aspettata che lo fosse, e comunque la cosa non le importava granché. Era in America da diciotto mesi, e non era certo per le bellezze architettoniche o paesaggistiche che si era spinta tanto lontano”.
Il romanzo Bucanieri (titolo originale The Buccaneers, traduzione di Chiara Gabutti), rappresenta l’ultimo di Edith Wharton (1862-1937) che morì prima di porre la parola fine al testo. In una nota finale scritta da Marion Mainwaring nella prima edizione italiana del volume pubblicato da Guanda nel 1993, la curatrice del libro precisa che alla sua morte la Wharton aveva redatto circa 89.000 parole di questo romanzo. Il suo esecutore letterario Gaillard Lapsey, fece pubblicare il manoscritto incompleto a New York l’anno successivo operando “alcuni emendamenti necessari ai fini della comprensione e della coerenza”. Stessa operazione ha fatto Marion Mainwaring avvertendo i lettori che il linguaggio originale si può trovare nell’edizione del 1938.
La grande autrice americana descrive con ironia e raffinatezza l’approdo nel cuore dell’Europa, nella vecchia e sussiegosa Inghilterra, di cinque ragazze provenienti dal Nuovo Mondo in cerca di mariti di alto e antico lignaggio. La vecchia aristocrazia finanziaria di Wall Street alla quale la Wharton apparteneva per nascita, disprezzava i nuovi ricchi, questi “bucanieri” il cui cospicuo gruzzolo era troppo recente per garantire un passaporto in società. Se il bel mondo newyorkese aveva visto negare “il visto d’ingresso” a cinque gemme colpevoli di non possedere un adeguato background, cioè retaggio, il vecchio mondo britannico carico di titoli nobiliari era pronto a lasciarsi conquistare, sedurre e perché no, acquistare dalle graziose avventuriere.
Ancora una volta lo sguardo acuto di Edith Wharton attraverso la figura della governante Laura Testvalley (vero nome Testavaglia, discendente di patrioti del Risorgimento e cugina del pittore e poeta Dante Gabriel Rossetti), la quale “nel corso della sua carriera aveva dovuto imparare in fretta la difficile arte di trovare la propria collocazione”, disvela il cinismo e i pregiudizi del Grande Paese e l’ipocrisia al di qua dell’Oceano Atlantico. Due mondi, due culture, due modi di pensare completamente diversi che Edith, amica e confidente di Henry James, conosceva molto bene.
Un romanzo che è un gioiello di finezza la cui lettura o rilettura è caldamente consigliata.
“Donde veniste, felici fanciulle, donde veniste, a schiera, e così gioiosamente?” Dante Gabriel Rossetti.
Bucanieri
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