Castigliego e i tormenti del Papa di Alessandro Maurizi

Alessandro Maurizi torna in libreria con Castigliego e i tormenti del Papa (Fratelli Frilli Editori, 2019), un altro libro che vede nuovamente protagonista Manuel Castigliego e le sue indagini. Lui è un uomo giovane, bello, libero e indipendente, con un bel viso dai vivaci occhi azzurri, ma con qualche ferita amorosa di troppo. Si definisce un uomo dall’esistenza banale, anche se così non è:

La mia storia è così banale da annoiare anche me. Sono cresciuto in una masseria vicino a Lecce di proprietà di mia madre. Lei è morta parecchi anni fa, anche mio padre se n’è andato, ma in Andalusia. È tornato da dove era venuto. Sono figlio unico e abito con un gatto nero di nome Salgado. Tutto qui.

Investigatore capace, intuitivo e al di fuori delle regole, ma molto rispettoso; in questo caso si deve occupare di inchieste delicate che coinvolgono direttamente lo stesso Vaticano. In primis c’è uno strano suicidio: il giornalista Freitas, che tanto si era occupato di inchieste sullo stesso Vaticano, si è sparato (o almeno così pare), con accanto un biglietto inquietante con una sola parola: “Sheol”.
Che significa? Castigliego chiede lumi all’arcivescovo Delfo Furiesi, che gli spiega:

È il luogo dei morti dell’Antico Testamento. In quel luogo ci sono tutti i defunti destinati a marcire, senza distinzione sociale, un luogo dove la morte rende tutti uguali. Alcuni lo definiscono come l’inferno sulla terra.

Nel frattempo un nuovo Papa viene eletto, ma durante il Conclave quattro cardinali vengono avvelenati con te e Belladonna e uno di essi muore. È necessario scoprire quali ombre oscure infettano il luogo e per farlo occorre usare grande cautela. Castigliego si trova ben presto a dover fare i conti con altre morti violente, che paiono tutte connesse in un unico oscuro progetto, difficile da risolvere.
Una lettura intrigante, svolta all’ombra del mistero e dell’intrigo in quel luogo ricco di fascino che è il Vaticano stesso. Un connubio di umane passioni che sconvolgono quel “piccolo uomo vestito di bianco che viene da lontano”, che nella finzione letteraria si chiama Celestino V, ma che è facilmente riconducibile ad un’altra identità. Una lettura che è un misto di umana pietas e violenza bieca, all’insegna di una umanità sofferente, con qualche sprazzo di luce e di sensibilità.