Certamen 1246
- Autore: Giovanni Casella Piazza
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
È luglio, del 1269, ma non è una bella giornata quella in cui il notaio Giuliano Aielli da Udine torna presso l’Hospitale di Como, il monastero in cui si svolge gran parte della trama di storia, vicende e religione (teologia compresa, quanto basta) proposta da Giovanni Casella Piazza nel romanzo Certamen 1246, pubblicato a fine 2019 da Besa Editrice di Lecce.
Una storia di sacrificio e di lealtà, che coinvolge l’imperatore Federico II, Stupor mundi, e il suo contrasto di sempre con il papato.
L’autore, svizzero italiano, è nato a Lugano nel 1949 ed è un professionista di larghi interessi. Ha condotto studi in materia economico-finanziaria e dopo un’attività iniziale di consulente aziendale ha rivolto le sue attenzioni alla storia medievale e si è dedicato al giornalismo. È stato direttore di un quotidiano della Svizzera italiana, editore televisivo, sceneggiatore e produttore cinematografico. È conosciuto, inoltre, come co-sceneggiatore del film Oltre la nebbia. Il mistero di Rainer Merz, un noir esoterico del 2017, per la regia di Giuseppe Varlotta.
Scienza, conoscenza storica, competenza letteraria, tecnica del linguaggio narrativo: a Casella non manca niente per confezionare un romanzo multidisciplinare non alieno da contenuti filosofici, sostenuti da una tensione narrativa che non ostacola la lettura. Ci sono intrecci e incroci nel tempo (tra le due date indicate, il 1246 del titolo e il 1269 del primo svolgimento), caratteristici sotto tanti aspetti di un giallo. Non ha esagerato chi ha scomodato Umberto Eco per un paragone azzeccato con Il nome della rosa, ma l’economista-storico-giornalista di Lugano viene incontro ai lettori, concedendosi meno divagazioni filosofiche del semiologo alessandrino scomparso nel 2016.
È scomparso anche Zirìolo de la Mora. Il notaio Aielli lo apprende raggiungendo sotto un diluvio estivo il convento benedettino, nel quale un anno prima aveva lasciato il giovane, pupillo del patriarca di Aquileia Gregorio da Montelongo. Il cardinale friulano aveva voluto affidare il ragazzo all’abate Ariberto, illustrando in un documento le ragioni della sua benevolenza nei confronti del giovane, però la pergamena era andata smarrita nel viaggio di andata e il notaio udinese aveva potuto solo spiegare che Zirìolo doveva approfondire aspetti storici su eventi accaduti a Federico II ventitré anni prima.
Lo studente si è però allontanato dal cenobio di Como, come faceva di frequente, questa volta senza fare ritorno. Lo stesso era successo a due novizi, Bencio e Ursino, mai rientrati. Per loro si teme un rapimento, forse un sequestro a opera della corporazione dei mercanti, che vanta crediti nei confronti del monastero. L’abate Ariberto da Cassago va su tutte le furie davanti a una tale ipotesi, che respinge senza eccezioni. A stento bastano a calmarlo i buoni uffici del pacato decano della comunità benedettina, Adamo da Corte.
Ariberto ha vietato ogni ricerca dei due monaci, negando risolutamente di incaricare un suo abile scherano e scontrandosi per questa e altre questioni con Zirìolo, spirito indipendente, capace di tenergli testa.
Messer notaro lo ritiene un ragazzo ponderato e rispettoso, per quanto d’intelligenza vivace e lingua sciolta. Per l’abate, invece, è una peste, di cattivo carattere, impulsivo, petulante e pure supponente.
Soprattutto due le questioni sulle quali la voce di Zirìolo si era levata contro Ariberto, col quale il giovane aveva osato scontrarsi ripetutamente, a detta di altri monaci. Innanzitutto, il mancato intervento dell’abate su intercessione richiesta da una donna. Amica in gioventù, lo aveva implorato di intervenire in aiuto del figlio, trattenuto dagli sgherri del papa. L’altro fatto riguardava un evento ancora più drammatico: due giovani innocenti erano stati inseguiti da una folla scatenata fin sotto l’accesso al convento di Como, ma Ariberto non aveva acconsentito ad aprire il portone, per concedere asilo e salvezza. I malcapitati erano stati orribilmente massacrati proprio sotto l’Hospitale.
Rispetto alla sorte di Bencio e Ursino, il religioso non vuole sentir parlare di rapimenti, ancora meno di rappresaglie. Di Zirìolo non vuol sentire parlare e basta.
Ma entriamo nel vivo della trama. Oltre al giovane friulano, Aielli aveva consegnato all’abate di Como un incartamento riservato, da parte del cardinale di Aquileia, riguardante lo stesso Ariberto. Il notaio non conosceva il contenuto, sapeva solo che Gregorio da Montelongo sollevava allo stesso tempo il benedettino dal voto del silenzio imposto nel 1246 e lo invitava anzi a parlare a Zirìolo delle stagioni in cui da Cassago era stato al servizio dell’imperatore svevo, il secondo Federico, Puer apuliae e re di Sicilia.
Per convincere il recalcitrante Ariberto (“non sono avvezzo a mettere chicchessia al corrente delle mie esperienze”), il notaio lo informa della condizione di prigionia e debolezza in cui versa l’anziano patriarca, incarcerato dal conte di Gorizia per una questione di confini. Questo sembra indurre l’abate a rivedere l’atteggiamento reticente.
Il romanzo Certamen 1246 si sviluppa intorno alle sue vicende alla corte di un imperatore lungimirante, ambizioso e potente, in conflitto ogni giorno con Roma e col potere temporale della Chiesa, che aveva grandi ambizioni di controllo, non solo spirituale, sull’Italia, sull’Europa e sul Mediterraneo.
I protagonisti s’interrogheranno sul perché l’Onnipotente abbia tollerato questo conflitto. È quello che si chiederanno anche i lettori.
Certamen 1246
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