Chi ha ucciso Sarah?
- Autore: Andrej Longo
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2009
“Stava sdraiata per terra, tra le scale e il portone dove mi trovavo io, con la faccia girata verso il pavimento. E stava intorcinata su se stessa, come a una gatta che dormiva. Ma lei non dormiva. Era morta”.
Così il giovane poliziotto Acanfora descrive il suo primo ritrovamento di un cadavere, che è di una altrettanto giovane donna, residente nell’elegante quartiere di Posillipo che, dall’alto, incanta tutto il Golfo di Napoli. Andrej Longo - ischitano con un nome che è un omaggio del padre al romanzo “Guerra e Pace” di Tolstoj - con “Chi ha ucciso Sarah?” (Adelphi, 2009, pp. 184, euro 17,00), scrive un giallo che potrebbe essere un classico del genere ma, in realtà, di classico ha ben poco.
C’è un’indagine su una morte misteriosa, (quella della ragazza nel titolo) avvenuta nell’androne di un condominio abitato da gente rispettabile e perbene: il commissario che coordina una squadra, l’analisi della scena del crimine, i testimoni da sentire, i relativi interrogatori e gli alibi da considerare. Si sospetta del fidanzato Sandro, di buona famiglia, con cui la vittima aveva litigato, ma c’è anche Genny, il suo ex, con il vizio di essere troppo manesco e originario di un rione malfamato, col quale intratteneva un rapporto osteggiato dal padre di lei.
In seguito ci si chiede se sia stata una senzatetto che era stata vista aggirarsi nei dintorni del palazzo, o addirittura, uno degli inquilini:
“In ogni caso, a forza ci dovevano pittare da sopra a quella storia. La città violenta, l’assassino che veniva da giù alla Sanità, mò il barbone e poi ci mancava solo che era stata la camorra e stavamo al completo”
dice Acanfora, che ha una visione del mondo, e della sua professione, ancora acerba ma è sensibile e intelligente. Si accorge di queste doti Santagata, il suo superiore, con cui instaura una sincera amicizia.
Santagata è stato un alcolista e ora beve tè da una bottiglietta di whisky: ha un passato alle spalle che gli tormenta l’animo dovuto alla tragica fine della moglie, di cui si sente responsabile. Tutti, nel suo ambiente di lavoro, non conoscendo la vicenda dubitano sul reale contenuto di quella fiaschetta e fanno pettegolezzi ma l’unico con cui ne parla, pur non riferendosi a sé stesso, è proprio Acanfora, che però intuisce.
Questo è il contesto in cui si muove Andrej Longo, che fa un’operazione di denuncia sociale con un chiaro intento narrativo: parlare d’altro utilizzando i canoni di una precisa e individuabile forma letteraria. Il capoluogo campano, in questo racconto, è molto importante e viene descritto dall’autore perfettamente, ma non è solo immagine di motorini guidati in due senza casco, microcriminalità o associazioni camorristiche. Dietro le porte delle case di ognuno di noi, quale sia il suo livello economico e culturale, si può trovare del marcio. Anche l’indifferenza e la brutta, insana abitudine di voltarsi dall’altra parte ci sono ovunque, spesso per non correre il rischio di trovare degli ostacoli che interrompono bruscamente la routine, salvo poi rivoltarsi dal lato giusto quando fa più comodo.
“Fermati sei pazzo. Quelli ti ammazzano, se pazzo, fermati, chi t’ ’o ffa fà, pensa ai fatti tuoi”
intima una signora al proprio marito che sente le urla della povera Sarah e si mette lo scrupolo se intervenire o meno. Il finale lascia l’amaro in bocca e non è di conforto per nessuno.
Chi ha ucciso Sarah?
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