

Come Ivan Ivanovic questionò con Ivan Nikiforovic
- Autore: Nikolaj Vasil’evic Gogol’
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
L’originalità delle persone, la molteplicità delle possibili combinazioni che determinano le caratteristiche fisiche e anche caratteriali di ogni essere umano e le scelte che ciascuno compie sono da sempre uno degli aspetti che gli scrittori ritengono più interessanti da raccontare nelle loro storie. E l’attenta e sapiente caratterizzazione di questa variegata tipologia di personaggi può fare la differenza, trasformando una vicenda in apparenza semplice in una storia spassosa, esilarante ed emozionante come poche altri. Questo è ciò che troviamo nel racconto contenuto all’ interno della raccolta intitolata Mirgorod, I racconti di Mirgorod o ancora Racconti ucraini, a seconda delle traduzioni, ma presente anche come opera a se stante dal titolo Come Ivan Ivanovic questionò con Ivan Nikiforovic (Passigli, 1997, trad. di C. Grabher) di Nikolaj Gogol’, uno dei più grandi scrittori russi di tutti i tempi e un gigante anche della letteratura a livello mondiale.
Tale raccolta di racconti rappresenta il seguito di un’altra, Veglie alla fattoria presso Dikan’ka. La storia è molto semplice: in un piccolo paese ucraino, Mirgorod appunto, all’ inizio dell’Ottocento, nel periodo del governo zarista quando l’Ucraina era parte integrante dell’ Impero russo, due uomini di mezza età, amici inseparabili ed entrambi proprietari di due fattorie con annesse case e altre proprietà, litigano per un futile motivo e da allora il loro rapporto e la loro stessa vita non sarà più la stessa, rendendo la riappacificazione un vero e proprio affare di stato, che coinvolgerà l’intera comunità locale nella quale sono nati e cresciuti. Una lite davvero banale, ma proprio il risentimento covato da entrambi per questo piccolo episodio mette in luce i limiti e le fragilità non solo dei due protagonisti, ma anche dell’intera società in cui essi vivono, piena di atti formali, vecchie consuetudini e tradizioni tenute in vita più per abitudine e mentalità ristretta che non per autentica convinzione in esse.
Il motivo del dissidio è la presunta, gravissima offesa ricevuta da Ivan Ivanovic, che viene apostrofato con l’ingiurioso epiteto di "papero" per il solo fatto di aver ricevuto una richiesta ritenuta inopportuna dal suo amico relativa a un fucile da collezione, che egli scopre che l’amico possiede e che vorrebbe che gli venisse regalato. Il pretesto per chiederlo è che l’amico non va mai a caccia nemmeno di anatre, abitudine abbastanza diffusa evidentemente a Mirgorod e dintorni, e gli offre in cambio dei maiali e altri animali da allevamento. Un’offerta ritenuta insoddisfacente, anzi persino irrispettosa, e oltretutto l’insistenza della richiesta non fa che peggiorare la situazione. Tutto avviene in casa di Ivan Nikiforovic in un pomeriggio assolato e caldo di primavera. Il solo pronunciare questo appellativo così oltraggioso nei suoi riguardi scatena la reazione di Ivan Ivanovic e, non ricevendo nessuna scusa per una simile offesa, questo determina l’inizio di una vera e propria guerra senza esclusione di colpi tra i due ormai ex amici.
Si tratta ovviamente di un racconto dai toni palesemente comici e dove l’autore che racconta la storia attraverso l’uso di un misterioso narratore onnisciente, che potrebbe forse essere lo stesso Nikolaj Gogol’, partecipa alla vicenda dichiarando apertamente di conoscere i due protagonisti e mostrando sincera stima e affetto per entrambi. Essi vengono descritti come due cittadini rispettabili e la loro amicizia come solida e duratura prima di questo fatto, e dal momento che il litigio finisce addirittura in tribunale, l’intera comunità di Mirgorod, compreso il narratore stesso, è sconvolta dall’accaduto.
Tante le scene comiche e le abitudini bizzarre e divertenti dei due protagonisti, come quella di riposarsi di continuo facendo entrambi almeno un pisolino in pieno giorno sulla veranda della propria abitazione dopo aver fatto un rapido giro di controllo delle rispettive proprietà. Nel racconto tornano i temi cari a Gogol’ come quello del formalismo e la rigidità dell’apparato burocratico nella Russia zarista, della pratica religiosa ortodossa a volte più basata sulla facciata che su una fede e spiritualità vissute in modo autentico almeno da molti personaggi descritti e sulla singolarità di molti di essi. Infatti, con le loro stranezze e manie, essi permettono a Gogol’ di immergere i suoi lettori in un mondo dominato da quel realismo magico che caratterizza gran parte dei suoi libri, un mondo dove la realtà è sempre presente con tutti i tratti sociali, storici e culturali che caratterizza l’epoca e i luoghi dove l’autore è vissuto, ma affiancata da elementi soprannaturali, fantastici e spirituali che lo rendono più affascinante, sempre in sospeso tra verità e fantasia. In questo racconto tuttavia l’elemento magico è meno presente e prevale il lato comico e grottesco, determinato da situazioni buffe e dal carattere un po’ eccentrico e originale dei due protagonisti, entrambi senza moglie e figli. Ivan Ivanovic è vedovo da dieci anni, Ivan Nikiforovic non è mai stato sposato.
Gogol’ però critica anche la società del suo tempo e soprattutto la meschinità in generale del genere umano, il suo egoismo, la sua incapacità di essere generoso fino in fondo e saper perdonare le offese subite. C’è quindi una neppure troppo velata malinconia e rammarico per una società dove è difficile vivere in armonia, che si alterna ai momenti spassosi e briosi del racconto, il quale passa da un ritmo vivace delle situazioni comiche a quello più cadenzato e lento delle scene più descrittive di paesaggi e riflessioni sulla vita. Ancora una volta, come in uno dei suoi capolavori Il cappotto, descrive un modo mirabile le terre in cui ha vissuto, ma in questo caso la componente romantica prevale, dato che la vicenda non si svolge nell’elegante ma anche grande e dispersiva Pietroburgo, allora capitale dell’ Impero russo, bensì nella piccola e rurale Mirgorod e più in generale nella sua Ucraina, dove è nato e alla quale ha deciso di dedicare questi racconti, alcuni fantasiosi e leggendari, altri probabilmente realmente accaduti.
L’umanità e l’originalità dei personaggi di Gogol’ sono una delle componenti più preziose di questo delizioso racconto, dove l’autore dimostra di aver capito davvero tutti i personaggi, anche quelli che critica e sbeffeggia apertamente, evidenziandone i difetti fisici. Interessante è anche la scelta di un linguaggio che da raffinato si fa volutamente più crudo e selvaggio in alcune parti, addirittura quasi animalesco, per riuscire a rendere le bassezze a cui può giungere l’essere umano in preda all’ira e al desiderio di vendetta. Gogol’ ha comunque il grande merito di non annoiare mai con le sue storie, perché a parte qualche passaggio in cui lo stile è un po’ prolisso e pomposo, tipico dell’ Ottocento, che a volte affiora nelle sue opere, decisamente meno però in questo racconto, la forza dei temi trattati e la capacità di coinvolgere il lettore creando empatia con i personaggi descritti garantisce il successo e un coinvolgimento autentico del lettore in ogni sua storia.
Il finale comico ma anche malinconico, che vede il narratore onnisciente piombare direttamente sulla scena e partecipare attivamente all’incontro con i due protagonisti del racconto, durante una sua visita a Mirgorod che avviene parecchi anni dopo lo svolgimento dei fatti narrati, è davvero emblematico, riassumendo e concludendo in modo magistrale il senso più profondo della storia tra risate, miste anche a un po’ di tristezza sull’esistenza umana. Significativa in tal senso a conclusione della storia:
che noia vivere in questo mondo signori miei.
Come Ivanovic questionò con Ivan Nikiforovic è stato pubblicato per la prima volta nel 1834 in Russia, e in Italia, grazie alla casa editrice fiorentina Passigli, nel 1993 nella collana Biblioteca del Viaggiatore con la traduzione di Carlo Grabher.
Nikolaj Vasil’evic Gogol-Janovskij (1809- 1852), nato a Velyki Soroćynci, un villaggio in Ucraina nel distretto di Mirgorod nella provincia di Poltava, e e scomparso a Mosca a nemmeno 43 anni compiuti, è uno dei più grandi scrittori e drammaturghi russi di sempre e non solo. Ci ha lasciato tra le sue opere capolavori come il romanzo incompiuto Le anime morte, la commedia L’ispettore generale e la raccolta Racconti di Pietroburgo.
La sua capacità geniale di emozionare il lettore attraverso storie che fanno anche indignare, riflettere, commuovere denunciando i mali e le miserie della società del suo tempo, che in parte sono ancora gli stessi di oggi, lo rendono un classico che ci lascia sempre spunti preziosi ma anche pagine pregevoli di grande letteratura, di profonda umanità e di grande magia che regalano enormi emozioni ai lettori di tutto il mondo, ma permettono anche di acquisire una maggiore maturità e un più profondo senso di consapevolezza sulla complessità e la meraviglia della vita.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Come Ivan Ivanovic questionò con Ivan Nikiforovic
Lascia il tuo commento