Confessioni e anatemi
- Autore: Emil Cioran
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2007
Emil Cioran aveva il terrore di essere diventato uno scrittore e un filosofo conosciuto non solo in Francia, ma in traduzione in quasi tutta l’Europa.
Uomo di mille contraddizioni, però, aveva piacere di parlare con tanti giovani e insegnanti e gente del popolo che facevano la fila per arrivare alla sua mansarda parigina che condivideva con la moglie, Simone Boué.
Sempre sofferente di insonnia, ma anche di acciacchi dovuti all’età, Cioran non poteva più scendere per strada e girare liberamente per Parigi. Non solo non c’era più in lui la forza fisica, ma Parigi era totalmente cambiata da trent’anni e più: macchine a qualsiasi ora, bar aperti e affollati la notte, soprattutto di sabato, negli altri giorni gente dimessa che cercava un posto per dormire e qualcosa da mangiare. Nel frattempo un editore italiano, Roberto Calasso, aveva deciso di tradurre quasi tutte le opere del filosofo, iniziando proprio dall’ultima. E anche in Italia arrivarono i libri di Emil Cioran, partendo dall’ultimo pubblicato in vita, nel 1987. Il titolo era Confessioni e Anatemi (Adelphi editore, 2007, trad. Mario Bortolotto) ed ebbe subito un discreto successo. Poi l’accoppiata Cioran-Adelphi diventò uno stile di certi intellettuali blasé, che facevano dell’indifferenza verso le cose del mondo il loro marchio di origine.
In realtà, il filosofo romeno aveva in simpatia più la persona semplice, che si svegliava presto la mattina per fare un lavoro che non si era scelta, ma se lo faceva bastare. Il tutto mentre prendeva in giro sé stesso che era diventato una sorta di guru dell’intellighenzia francese - e non solo, che passava la mattinata nei bistrot, parlando della definitiva morte dell’esistenzialismo francese, da Sartre e Camus.
Al filosofo romeno le persone intelligenti, che sapevano di esserlo, provocavano una noia infinita, perché non si rendevano conto di fare una vita facile, solo perché erano figli della buona borghesia parigina, non conoscevano le periferie della città, erano concentrati solo su sé stessi.
Lui si giustificava con la pigrizia e col farsi piacere qualsiasi leccornia che gli veniva regalata, ma in cuore suo era sì uno scettico miscredente, ma era anche una persona sentimentale che amava la sobrietà e la decenza e fu un involontario vegetariano, perché detestava i mattatoi e le sofferenze sugli animali.
Troviamo aforismi che recitano:
Anche se gravemente disturbato, dice banalità su banalità. Di tanto in tanto un’osservazione che sfiora il cretinismo e il genio. La disgregazione del cervello deve pur servire a qualcosa
E sembra parlare soprattutto di sé stesso, che negli ultimi anni di vita soffrì del Morbo d’Alzheimer.
Scorrendo le pagine troviamo:
I tratti scettici così rari nei Padri della Chiesa, sono ritenuti oggi moderni. Evidentemente perché il Cristianesimo ha svolto il suo compito, e ciò che agli inizi, annunciava la sua fine è ora materia di diletto.
Gli aforismi sulle religioni rivelate erano sempre molto duri. Cioran salvava solo il buddismo, inteso come “non religione” e alcuni tratti dell’induismo. Era l’ateo più religioso di Parigi. Lesse fino all’ultimo la Bibbia, il Talmud e i Vangeli e di solito non era d’accordo su niente, perché l’uomo era niente e le sue pretese di avere dei vantaggi dopo la morte gli sembravano un segno tangibile della volgarità umana, che cerca un Senso nonostante tutte le convinzioni che sciorina.
Come si è già scritto gli aforismi ultimi della raccolta erano brevissimi, come rivelano questi esempi:
- Quando non si ha più voglia di manifestarsi, ci si rifugia nella musica, provvidenza degli abulici;
- Non accettava di vivere a rimorchio di Dio;
- Ciò che so demolisce ciò che voglio
Il suo francese era affilato e magnifico, con una riga, una riga appena disegnava il suo mondo e le nostre meschinità. E ora è forse il caso di lasciare andare Cioran che nell’ultimo aforisma del suo ultimo libro pubblicato in vita scrive:
Dopo tutto non ho perso il mio tempo, anch’io mi sono dimenato, come chiunque altro, in questo universo aberrante.
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