Conoscevo un angelo di Guido Mattioni

“Conoscevo un angelo” è il titolo del terzo romanzo dello scrittore e giornalista udinese, milanese d’adozione, Guido Mattioni. L’opera è edita nel giugno 2015 da Ink Edizioni, quella medesima casa editrice con cui l’allievo di Indro Montanelli ha pubblicato i suoi primi due romanzi valorizzati dalla critica: “Ascoltavo le maree” (2013) e “Soltanto il cielo non ha confini” (2014). Ancora una volta, Mattioni sceglie di ambientare la trama negli Stati Uniti.
“Conoscevo un angelo” è un’opera scritta con proprietà di linguaggio ed estrema competenza narrativa: quello stesso stile pulito ed elegante che da sempre si riconosce all’autore. In evidenza è l’importanza della “strada” come maestra di vita e di tutti quegli incontri che si fanno quando si è apolidi, o ancor meglio nomadi, che tanto arricchiscono il bagaglio di vita. Conoscenze che si radicano dentro e animano i pensieri. In particolare, quei ricordi dell’infanzia del protagonista, Howard Johnson detto “il Rosso” – per via dei capelli – , che sempre affiorano e riempiono i momenti di sconforto, tanto da indurre a credere che vi sia qualcosa di spirituale. Sono uomini e donne, dagli occhi incredibilmente azzurri, quasi li avessero rubati al cielo, che sono stati a “vegliare” durante la sua infanzia, come fossero angeli custodi.

“Il vecchio se ne stava là, fermo sul marciapiede della Main Street di Woodstock. Aveva un’espressione così felice da sembrare in compagnia del mondo. Non so se fu per via della scopa alla quale si appoggiava o per lo strano berretto che indossava, ma come angelo mi apparve subito un po’ bizzarro”.

L’io narrante è proprio Howard Johnson, figlio di piazzisti che girano l’America su un camper, che ha ereditato il nome dalla catena di motel in cui è stato concepito. Il racconto si snoda attraverso diversi flashback, che hanno inizio quando il ragazzo ha dieci anni e lo ritrovano uomo di mezza età.
Un’infanzia trascorsa sempre in giro con mamma e papà, con soste nei vari campeggi del Paese, fino a quando, alla soglia dei cinquant’anni, Howard viene colpito da un ictus. Rimasto invalido, egli è costretto a fermarsi in una vera e propria casa nel North Carolina, accanto a quella vecchia Route Number One che ancora gli parla di viaggi e di gente di passaggio.
Sono le storie di creature senza radici, come lui, ad avere sempre affascinato Howard ed è di loro che egli ci parla.
Narrazioni dure, a tratti struggenti, come quella di Jonathan, l’angelo che spazza le vie di Woodstock e che odora di sciroppo d’acero; oppure quella di Jack e Pat, attempati cantanti costretti ad esibirsi ogni sera con giacche fuori moda, che attentano alla loro dignità, pur di pagare le cure al figlio gravemente malato. O ancora, incontriamo Candice e Marilou, una coppia di donne omosessuali che viaggiano su una roulotte rosa e fanno le estetiste itineranti. Facciamo anche la conoscenza di Abe, il pescatore di granchi che conserva i ricordi in una scatola di latta, come imparerà a fare il protagonista.
Tutte queste storie – ve ne sono molte altre – s’intersecano e si dividono, proprio come le strade d’America, e hanno per Howard il sapore di casa, di famiglia, assieme a tutti gli odori, i sapori e i paesaggi che rimangono indelebili nella sua memoria.
Mattioni mette in evidenza il fatto che non ci sia età per cambiare vita e che la vera felicità stia nel privilegio di vivere secondo inclinazione. Non vi sono regole fisse: soltanto desideri, che i più coraggiosi hanno animo d’inseguire.
La gioia nasce dall’essere lì, in quell’esatto momento, e dal non desiderare di stare da nessun’altra parte al mondo.
“Conoscevo un angelo” si rivela un viaggio appassionante attraverso l’America, quel Paese che Mattioni conosce bene, per essere stato inviato speciale e nominato cittadino onorario di Savannah, in Georgia, dove ha ambientato il suo primo romanzo. Ma, soprattutto, è la storia di un viaggio nelle emozioni, di quelle che non si dimenticano e toccano nel profondo.