Corruzione al Palazzo di Giustizia
- Autore: Ugo Betti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
Solitamente non amo il teatro del secondo Novecento, ma "Corruzione al Palazzo di Giustizia" costituisce una bella eccezione. Scritto nel 1944 in un momento delicato per l’Italia, è ambientato forse per motivi di censura in una cittadina immaginaria dove avviene un episodio di corruzione che coinvolge alcuni giudici. La città parla dell’avvenimento, i giudici pensano di trovare subito un capro espiatorio e proprio il colpevole accusa un giudice anziano che non riesce a difendersi se non alla fine. Tuttavia i rimorsi si fanno sentire e perciò decide di confessare la Verità all’Alto Revisore, ma con un finale inatteso.
L’opera è stata considerata l’idea della impossibilità di scegliere tra bene o male, l’impossibilità di un’autentica notizia. Sono tutti colpevoli, ma nessuno è colpevole e i giudici non sanno cosa sia la giustizia. Almeno apparentemente.
Ugo Betti ha un profondo senso dell’onore e crede che i suoi personaggi lo sentano e sappiano discernere la verità.
Il dramma in fondo ha un finale positivo perché si assiste alla presa di coscienza del colpevole. La giustizia è possibile anche se gli uomini non riescono a vederla.
Lettura consigliata a chi non si ferma in superficie, ma ama andare oltre delle azioni umane. Ma non scoraggiatevi se la troverete ostica come lettura: questa è vera letteratura e vale sempre proporla.
Corruzione al Palazzo di giustizia
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