Dalla Chiesa. Un papà con gli alamari
- Autore: Simona, Rita e Nando Dalla Chiesa
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: San Paolo
- Anno di pubblicazione: 2017
Dalla Chiesa. Un papà con gli alamari (Edizioni San Paolo, 2017) non è una biografia, ma un sentito e coinvolgente percorso narrativo tra i sentimenti e le emozioni, i luoghi e i valori del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nella figura di genitore, papà, come recita significativamente il titolo di copertina.
Nel titolo fa da guida Simona, ma alla stesura del libro hanno partecipato anche gli altri due figli: Nando e Rita. Questi raccontano il loro padre come era nel privato, nel quotidiano, offrendo al lettore un’immagine diversa da quella pubblica di uomo delle istituzioni, uomo dello Stato, fino all’estremo sacrificio.
Carlo Alberto Dalla Chiesa fu assassinato, insieme alla seconda moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo, a Palermo il 3 settembre 1982.
In queste pagine si racconta il tratto più familiare del “Generale” grazie appunto ai figli Simona, Rita e Nando che hanno aperto questi cassetti della memoria in una stanza dei ricordi, a volte toccanti, in cui emerge una figura sensibile, una persona anche tenera. Una tenerezza che si riscontra anche nei vari aneddoti che vengono raccontati per mostrare al pubblico chi era veramente Carlo Alberto dalla Chiesa.
Questo grazie proprio alla figlia più piccola, Simona, che ha vissuto più a lungo a casa dei genitori e che racconta di questo padre affettuoso che pur di stare loro vicino, anche nei momenti più difficili del suo percorso pubblico, non faceva mai mancare nulla.
Il libro inizia con una sorta di “testamento spirituale”, una testimonianza morale. Si tratta di una lettera che viene scritta dal Generale proprio quando è in viaggio in aereo, avvertito poco prima della nomina a Prefetto, verso Palermo, dopo l’uccisione di Pio La Torre.
È una lettera piena di amore e sentimenti di affetto verso i figli e la moglie Dora, cui pure era molto legato. Attraverso queste righe si racconta lui stesso.
Alcuni passaggi sono particolarmente significativi:
Vi voglio bene, tanto, ed in questo momento vi chiedo di essermi vicino così come nei mesi e negli anni che verranno. Vogliatevi soprattutto e sempre il bene di ora! Quanto vi ho scritto, l’ho fatto a 7- 8000 metri di altezza, in cielo mentre l’aereo mi portava veloce verso Palermo. Dietro di me lasciavo con gli alamari, la giornata di Pastrengo, ma in alcune stazioni c’era un saluto con un braccio alzato e una lacrima che in silenzio scendeva sul “volto”. Certamente ero e sono stato più vicino lassù, alla cara e dolce immagine di mamma! Vi abbraccio forte, forte, il vostro papà.
Emerge da queste poche righe la figura di una persona che era il pilastro di una unità familiare, che sembra ora come delegare il suo amore paterno all’amore tra i fratelli che devono restare sempre uniti.
Dalla Chiesa era un uomo delle istituzioni che era stato lasciato solo, sin dal suo arrivo a Palermo dove non incontrò le autorità locali che non furono per nulla amichevoli e accoglienti. Una solitudine che già traspare dai contenuti della lettera e che, a posteriori, esprime un senso di inquietudine.
La lettera venne recapitata ai figli in modi e tempi diversi. Era stata quella la giornata in cui Dalla Chiesa aveva lasciato a Pastrengo la divisa di carabiniere, che era la sua stessa essenza come pure gli “alamari” che lui affermava avere cuciti sulla pelle, in quanto essere carabiniere era per lui il suo tratto identitario e che ha permeato la vita sua e dei suoi figli.
La giornata di Pastrengo, come recita la lettera, era stato un appuntamento importante per l’Arma, in cui Dalla Chiesa aveva lasciato e dismesso la sua divisa, il suo ruolo per assumerne un altro e raccogliere una nuova sfida.
Diveniva un Prefetto in una città che palesemente da un punto di vista istituzionale cioè nelle sue cariche pubbliche, gli erano stati ostili, dal Sindaco, al Presidente della Regione, il sottosegretario dell’epoca siciliano. Questi in toto, avevano voluto segnare il distacco dal nuovo Prefetto come a far capire a chi contava in certi ambienti siciliani, sia della criminalità che della politica, dell’economia, delle istituzioni “coinvolte” che questo Generale, non avrebbe avuto vita facile. Lo stesso sottosegretario disse chiaramente come non avrebbe avuto nessun altro potere maggiore a quello degli altri prefetti d’Italia. Il Sindaco si rifiutò di andare a salutarlo perché pretendeva che fosse lui ad andare e altre “gentilezze“ si ebbero anche da parte del Presidente della Regione.
Simona Dalla Chiesa riporta come la sua fosse una famiglia assolutamente normale, con un padre che amava la buona cucina, che seguiva le squadre di calcio preferite e a cui piaceva ascoltare le canzoni tradizionali alla Orietta Berti.
Inoltre Carlo Alberto leggeva moltissimo e gli piaceva confrontarsi con i figli sulle sue letture. Amava immensamente anche i suoi cani.
Ma la cosa principale che si riporta del Generale e ciò che diceva a proposito della criminalità cioè che anche nel peggiore delinquente bisogna vedere “quella scintilla di umanità” che comunque c’è e con cui bisogna dialogare. Ed è questo un insegnamento incredibile di solidarietà umana e di rispetto verso gli altri.
Dalla Chiesa andava non nei "salotti buoni" ma nelle fabbriche e nelle scuole per scuotere le coscienze e far rinascere la società civile, a iniziare dalle componenti più giovani e se ne ebbero i riscontri con le manifestazioni di partecipazione popolari di grande respiro.
Un episodio resta impresso nel racconto dei figli quando si ebbe a dare loro la notizia dell’assassinio in un modo del tutto improprio e privo di sensibilità verso i familiari più stretti. Si disse loro che vi era stato un incidente e il Generale era “malconcio”.
Il funerale poi venne fatto in fretta e furia, senza quasi dare il tempo materiale ai figli di raggiungere il luogo e rendergli il dovuto omaggio anche da parte dei semplici cittadini. Un funerale che parve seguire la stessa linea di coerenza della precedente fredda accoglienza, come a dire che questo era il saluto.
Perché si temeva, si disse allora, la reazione popolare, ma fu un tentativo fallito. Quel giorno Piazza San Domenico era piena di gente comune, arrampicata dovunque, e la gente che si avvicinava poiché voleva dare conforto. In tanti si presentavano ai figli per stringere loro la mano, ribadendo come fossero estranei a quell’atroce delitto.
Le massime autorità istituzionali, tutte presenti, a cominciare da Sandro Pertini.
Per quanto riguarda Andreotti, referente di molti politici locali, ci si chiese perché non fosse venuto al funerale e questi rispose che “preferiva i battesimi ai funerali”.
Carlo Alberto Dalla Chiesa. Un papà con gli alamari
Amazon.it: 15,19 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Dalla Chiesa. Un papà con gli alamari
Lascia il tuo commento