Dark phantasy. Fiabe del macabro e dell’assurdo
- Autore: Cristina Vitagliano
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Nei fumetti, Paperon de Paperoni celebra il decino, la prima moneta guadagnata della sua piscina di dollari. Le edizioni torinesi Pathos dovrebbero mettere sotto vetro Dark phantasy. Fiabe del macabro e dell’assurdo, sette racconti di Cristina Vitagliano, il primo libro di narrativa, pubblicato nel 2016 (albo in brossura, 142 pagine), dopo l’esordio nel mercato editoriale con un testo per l’università. In effetti, dell’antologia è stata prodotta a fine 2019 una gold edition con la copertina rigida che valorizza una delle preziose illustrazioni di Erika Bertoli, nota come Eki Bi, altra giovane, di natali bolognesi, laureata nell’Accademia di Belle Arti della Mole.
Si tratta di una raccolta di novelle che sono fiabe moderne, tanto “avanti” quanto la loro autrice, che ha sempre creduto saldamente in quello che faceva.
Sul sito della casa editrice viene presentata come una giovane e sofisticata dark lady torinese, laureata in lettere moderne nel 2015, amante di Edgar Allan Poe. Nel colloquio in cui ha presentato la sua opera, la luce che brillava negli occhi di Cristina Vitagliano ha conquistato i soci della nuova impresa editoriale torinese: il marchio Pathos Edizioni è attivo dallo stesso 2016, nato dalla mutazione di un centro stampa e dal nome di un cagnolino amatissimo. Immediata la decisione di pubblicare la raccolta di fiabe macabre proposta da quella ragazza e intanto da lei stessa parzialmente diffuse nel formato eBook quand’era ancora impegnata con la tesi.
Si direbbe che al di là della proposta di racconti fantasy il personaggio del libro sia l’autrice: si è detto della grande impressione suscitata negli editori Pathos e sul retro della bella copertina nera del volume è presentata come scrittrice, traduttrice e giornalista praticante (nel 2016), laureata a Torino con tesi su Poe e l’illusionismo, appassionata di letteratura macabra e di “tutto ciò ch’è fantastico, inesatto e anticonvenzionale”, da cui è nata l’idea di scrivere fiabe macabre.
“Non è un capolavoro, non è perfetto, neanche vuole esserlo”, sostiene il giornalista Samuele Pasquino in una prefazione tanto anticonvenzionale che nessuno si sognerebbe mai di premetterla alla propria opera prima, ma che Vitagliano ha convalidato senza battere ciglio. La presenta come un personaggio dei fumetti: “aristocratica nel linguaggio e nella cinetica, estremamente simpatica nel vero dialogo con gli altri, pittoresca in tutto il resto”. Dà del “goliardico e ambiguo” al suo modo di creare le vicende raccontate, distinguendosi nella narrazione delle sette fiabe fantastiche per la “graziosa ingenuità”, dall’alto dei suoi soli 24 anni (sempre allora) e che sembra venire da un mondo irreale, fantasioso e caratterizzato da una sorta di “contrappasso formativo”: ogni storia insiste sull’errore commesso da qualcuno e sulle conseguenze che ne derivano. Negli episodi, non c’è via d’uscita né riscatto per chi agisce e si macchia dei sette peccati. Non c’è possibilità di espiazione: la condanna non ammette appello.
Il pigro funambolo Martino, “che appena nato fu abbandonato”, finisce nelle fauci di un orso. Ortica Bloom, crudele e avara padrona di una fabbrica a Varemonia, viene annegata dalle operaie nella vasca delle vernici. L’egocentrica e superba regina Amantide, salita senza meriti sul trono di Cimaterra al posto del buon re padre Corvino, attirata con l’inganno in una soffitta inaccessibile è consumata dalla fame, sete e disperazione. Il belloccio Tebi, che si lascia prendere facilmente dall’ira, è condannato a vagare solo e triste, come monito per tutti, trasformato da uno stregone in un mostro: corpo d’asino e di mucca, becco di gallina buono non più a parlare, solo a chiocciare. In due regni, rivali dall’inizio dei tempi e che tanto si sono combattuti da essere diventati quanto di più opposto l’uno all’altro, la regina bianca Diandra tradisce il marito re Parsi, ma uccide per errore l’amato Tiran e dovrà galoppare all’infinito verso il reame nero, ignorando se farà mai ritorno. Il signor Marcus B., nel mondo di Mù, aspirava a essere lo stimato sindaco di Vindora, la sua bella e pulita città, ma non avendo lo straccio di una moglie e nemmeno una fidanzata, da presentare agli elettori, scivola in un mondo distorto e complesso che i lettori dovranno scoprire da soli.
Cristina Vitagliano avverte in una premessa che ciascuno dei sette racconti fiabeschi si ispira alle peggiori abitudini e ai vizi più tremendi: i sette peccati capitali, riprovevoli inclinazioni:
- della divoratrice invidia,
- della cieca ira,
- della lussuria incontrollabile,
- dell’avarizia crudele,
- del distruttivo torpore,
- dell’accidia,
- della subdola ingordigia.
Si augura che sia in qualche modo d’insegnamento, visto che di quelle colpe biasimabili ci macchiamo tutti, ogni giorno.
Per quanto tristi nei destini tracciati, i racconti sono in perfetta linea con la mission delle Edizioni Pathos: far sognare, riflettere, soffrire, ricredere e incavolare anche di brutto, quando non se ne può fare a meno.
Dark phantasy. Fiabe del macabro e dell'assurdo
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