Deus Vult
- Autore: Alberto Busca
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Deus vult! (Dio lo vuole!), espressione latina legata alle crociate, è il titolo di un film di un paio di anni fa, in costume medioevale, ambientato nelle Langhe piemontesi e dal dicembre 2022 è anche romanzo, tratto da quella pellicola, a firma del pinerolese Alberto Busca, pubblicato con particolare, pregevole cura grafica da LAReditore di Perosa Argentina (Torino, 144 pagine).
Deus lo vult era lo slogan con cui Pietro l’Eremita concludeva le prediche per infiammare i cuori in vista della crociata dei pezzenti. Venne adottato come
motto dall’Ordine cavalleresco del Santo Sepolcro di Gerusalemme e si estese a tutte le spedizioni europee per liberare i Luoghi Santi. Abbiamo detto ch’è pure il titolo del lungometraggio storico in dialetto langarolo, ambientato nel 1250 e con riferimenti ad eventi realmente accaduti nella Langa e Roero, in provincia di Cuneo. Si deve a un’iniziativa dell’Associazione storico-culturale Compagnia dell’Artiglio del Drago, di Monticello d’Alba, che dal 2013 rievoca con grande attenzione filologica antichi mestieri, abbigliamenti d’epoca e figure militari e civili langarole del XIII secolo.
Il proposito di realizzare una versione letteraria ha cominciato a prendere forma da dicembre del 2021. A margine della presentazione di un romanzo storico precedente di Busca (1064 Pignerol, sempre per LAReditore), i dirigenti dell’Associazione e della casa editrice torinese convennero sul progetto di ricavare dal film una versione narrativa, affidata ad Alberto.
“Si decise che l’onere dovesse toccare a me, l’onore da parte mia era indubbio, il successo l’avrebbero stabilito i lettori”.
Affrancato dall’esigenza di condurre ricerche su fonti e fatti, dal momento che aveva a disposizione le indagini preliminari alla sceneggiatura, ha scelto di concentrarsi sugli aspetti letterari e romanzeschi di una trasposizione dalla pellicola, andando ad approfondire nelle pagine i dettagli che possono sfuggire seguendo la rapida successione delle immagini. Come il film, anche il romanzo rappresenta
“un inchino alle terre intorno ad Alba e ai personaggi che le percorsero nel nostro lontano Medio Evo”.
Le crociate c’entrano solo marginalmente, spiega, perché il motto-titolo è un espediente dell’uomo, che attribuiva alla volontà di Dio i propri desideri egoistici.
I catari (dal latino: puri, perfetti) o, se vogliamo, gli eretici catari, erano tutt’uno con il territorio delle Langhe, dalla regione provenzale di Albi si erano allargati nell’Italia nord-occidentale. Cristiani veterosservanti perseguitati duramente dalla Chiesa cattolica, le contestavano d’essere corrotta dal desiderio di potere e ricchezza, credevano tanto in Dio che nel demonio e ritenevano che l’uomo potesse salvarsi respingendo il male.
È coeva alle prime reggenze vescovili, all’avvio dell’epoca dei vescovi-conti, la nascita di un gruppo cataro, eliminato nel 1028 per conto dell’arcivescovo Ariberto d’Intimiano.
Il romanzo prende le mosse dalla prima crociata anticatara nell’Albese, con una premessa nell’interrogatorio al quale nel 1027 l’arcivescovo sottopone a Torino Gerardo di Monforte, capo degli albigesi nelle Langhe. Incalzato dal vescovo-conte, il cataro non nega di credere in Dio, ma di ritenerlo artefice solo del bene, mentre il male è creazione di Satana. Conferma così ad Ariberto di perseverare in una dottrina ereticale e si espone alle pesanti conseguenze, confidando nella volontà di Dio (“Si Deus vult, fiat voluntas sua”, sia fatta la sua volontà”).
Sulle prime, l’arcivescovo lo lascia libero, sottovalutando i catari, “macchia” minuscola nel tessuto immenso della Chiesa, ma quelli si moltiplicano, stringendosi intorno a Gerardo come a un capo carismatico per il quale avrebbero affrontato la morte. Questo apre una prospettiva politica da sfruttare, mentre Corrado il Salico sta raggiungendo Roma per farsi incoronare imperatore. Vescovi e nobili hanno il problema di sostenerlo, senza però scontentare il pontefice. L’eresia catara sembra perfetta per “servire l’uno e l’altro, eliminando un nucleo che sconfessa il credo religioso del papa e non riconosce l’autorità politica imperiale.
Nelle Langhe, oltre ai nobili, Ariberto ha per alleati e strumenti preziosi i monaci benedettini. Gerardo e i suoi si sono asserragliati nell’immenso castello di Monforte, della contessa Berta. Assediarlo è il primo passo di una crociata che ha lo scopo di “estirpare le erbacce” dalle colline. Non c’è una vera guarnigione a difendere il maniero dagli armati del marchese Olderico Manfredi. La contessa e Gerardo si arrendono con duecento catari. Vengono condotti a Milano, dove in gran parte rifiutano di abiurare e affrontano la morte convinti di ottenere la grazia di Dio.
Alberico è certo di avere sgominato l’eresia catara in Piemonte, ma due secoli dopo nuove spedizioni devono regolare i conti in Francia con gli albigesi, prima a Beziers, poi a Montsegur.
Alcuni scampati riparano nell’Albese, tra Monticello, Roddi, Verduno, nei possedimenti del conte Enrico, che lascia gli uomini liberi di pensare quello che credono. Dalla sua parte c’è frate Gilberto da Novara, gli sono contro il vescovo Ilario e il nuovo Signore di Alba, Geruzio, maldisposto ad accettare che degli eretici si nascondano in quelle terre. Minacciati dalla spietata persecuzione cattolica, di fatto accerchiati, i protagonisti devono tentare di tutto per restituire la terra e il castello alla figlia di Enrico.
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