Devozione
- Autore: Giorgio Chiesura
- Categoria: Narrativa Italiana
Chi è stato torturato rimane torturato... chi ha subito il tormento non potrà ambientarsi nel mondo, l’abominio dell’annullamento non si estingue mai. Jean Améry
Giorgio Chiesura, veneziano di famiglia ebraica, giovane ufficiale durante la guerra, dopo l’8 settembre del 1943 si rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò, si rifiutò di nascondersi e si consegnò come prigioniero all’esercito tedesco. Venne internato per due anni in diversi campi di prigionia in Germania. Dopo la liberazione, rientrato a Venezia si laurea in Filosofia del Diritto con Noberto Bobbio. Ha esercitato la professione di magistrato fino alla fine degli anni sessanta. Alcuni dei suoi libri hanno ricevuto numerosi premi: Sicilia 1943, il diario della sua guerra in Sicilia e La zona immobile del 1969 finalista al Premio Strega, il racconto della sua prigionia in Germania. La sua terribile esperienza nei lager nazisti lo segnerà per il resto della sua vita come è stato per Primo Levi, scrittore al quale fa riferimento in alcuni dei capitoli di questo romanzo. Giorgio Chiesura è stato uno scrittore, poeta di raro talento e come spesso accade a molti autori relegati ai margini, si è scoperto poi in seguito una sua unicità nell’espressione letteraria.
Devozione ha per protagonista un ebreo reduce dai campi di concentramento che rientra in Italia, nella sua cittadina veneta, nel settembre del ‘46 dopo un lungo periodo trascorso in un ospedale militare americano in Germania. La storia, narrata in prima persona, è cruda e dai risvolti drammatici. Il nostro protagonista è l’unico superstite della sua intera famiglia, in ricordo della quale lascia a memoria il rudere della casa paterna, bombardata e infine saccheggiata da persone amiche. Si rinchiude nella sua solitudine e nel tormento di quella che fino allora è stata la sua vita. Gira per le campagne deserte con in mano un bastone a difesa dai cani randagi e per questo chiamato da tutti l’ebreo matto, errante.
“Disdegnavo come non mio il mondo in cui mi ritrovavo a dover vivere. Mi sentivo solo un’altra cosa, una cosa atroce, e sapevo che questa cosa atroce era più vera. Quest’altra cosa che avevo dentro, che ero, che parlava con la mia voce, ben lungi dal procurarmi un senso di superiorità sul resto del mondo, anche quando disprezzavo, quando respingevo e ferivo, era solo, unicamente, puramente e totalmente, una immensa, insopportabile vergogna, che urlava in tutto me stesso, mi schiacciava e mi contorceva.“
Inseguiva una guarigione nel silenzio di sé e dei luoghi, ma in quel silenzio risuonavano le urla del lager. Quando un giorno sul giornale lesse della recensione al libro di Primo Levi, ripiombò nella macchina infernale delirante e indecifrabile. Riudì le urla, si rivide rapato, spogliato e coperto con stracci, risentì i pugni in faccia e le bastonate sulla schiena. Gettato nella neve, nudo. Rivide la crudeltà, le folle grigie di gente annullata, la loro marcia verso la morte. Rivide la sua abiezione, la più ripugnante di tutte. Era stato un sonderkommando, uno della squadra speciale. Si occupava dei forni e delle camere a gas. Quando arrivava un treno, o quando venivano selezionati nel lager, la gente, ignara, veniva fatta spogliare in un grande stanzone dove posavano i loro bagagli e poi fatti entrare nelle camere a gas. Mentre loro morivano, i sonderkommando smistavano gli effetti personali. Con dei potenti idranti, successivamente, pulivano i cadaveri all’interno delle docce a gas, tagliando i capelli delle donne e estraendo i denti d’oro. In seguito i corpi venivano trasportati ai forni. Chi rifiutava quel lavoro veniva subito ucciso. Chi lavorava aveva cibo e riceveva in premio dosi di alcool. Lo stato di incoscienza era necessario.
Adesso che è tornato a casa sembra che tutto sia legato al passato. Si ricostruiscono le case, si riaprono i negozi, le persone affollano le strade, ci si riavvicina a chiacchierare e ci si innamora. Non per il nostro protagonista. Nel momento che prova ad avvicinarsi ad una donna, il ricordo dell’orrore vissuto riaffiora e lo ricaccia nella sua solitudine. L’orrore non è solo nel suo ricordo ma gli si manifesta visivamente con la comparsa sul corpo di ripugnanti pustole.
“La sola idea che le mie dita sfiorassero un’altra pelle oppure che le mie dita stringessero, a esempio, un braccio ed affondassero dentro la tenerezza del tessuto come vi erano affondate nel trasportare cadaveri; che una mia mano sfiorasse anche delicatamente capelli simili a quelli che un tempo avevo tagliato ..solo questo, se vi pensavo, mi riempiva tutto di orrore. La mia condanna: mi è proibito per sempre toccare carne umana.“
Non potrà più avere contatti fisici. L’arrivo di Tonina, una giovane fanciulla che dovrà badare alla casa, lo renderà bramoso di desiderio a tal punto che diverrà l’unico soggetto per l’obiettivo della sua macchina fotografica, in una sequenza di foto ossessive e deliranti.
Un romanzo molto particolare da leggere prendendo fiato, la cui trama inizialmente ci fa rivivere la drammatica atrocità di una storia indelebile che si evolve in una singolarità personale e maniacale del protagonista. L’orrore che genera una solitudine non salvifica, perché chi è stato torturato rimane torturato.
Devozione
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