Di Leo Calibro 9. Erotismo e noir nel cinema di Ferdinando Di Leo
- Autore: Gordiano Lupi
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Noir è un termine nobile, attestato sul confine di Giallo e Poliziesco. Poliziottesco indica di contro una diminutio cinematografica. È un termine semi-dispregiativo, da critica intellettual chic, tramandato alla storia per accorpare i film del tipo “Italia a mano armata”. Fernando Di Leo è stato un apripista, un maitre à penser (anche) di quest’ultimo filone, ma bene fanno Gordiano Lupi e Davide Magnisi a rivalutarne lo spessore, attribuendo al suo cinema connotazioni noir piuttosto che poliziottesche.
Il saggio che ne riesamina per intero la corposa filmografia si intitola - appunto - “Di Leo Calibro 9. Erotismo e noir nel cinema di Ferdinando Di Leo” (2017), consta di (ben) 300 pagine, ed è quanto di più esaustivo potrà capitarvi di rintracciare in giro sul regista. A fine lettura l’impressione è che forse non bisognava aspettare lo sdoganamento critico di Quentin Tarantino per accorgersi della qualità del touch dileiano, vincente al botteghino ma anche provetto ideatore di trame e inquadrature. Puntualizzano a riguardo i due autori:
“Quentin Tarantino ha rivalutato molti artigiani del nostro cinema vituperati e distrutti dalla critica italiana e tra questi non poteva mancare Ferdinando Di Leo, regista simbolo del noir alla Scerbanenco, di un poliziottesco atipico e originale, di un erotismo malsano condito di violenza e perversione. Non serviva Tarantino per capire che Di Leo è un autore interessante e capace di rappresentare il male della società contemporanea descrivendone gli eccessi”.
Di Leo vanta una filmografia fluviale, è stato un frequentatore trasversale di storie e suggestioni - western (numerosi gli spaghetti-western cui ha partecipato, sue, tra l’altro, le co-sceneggiature non accreditate di Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più), nazi (Rose rosse per il fuhrer), horror (con venature erotiche: La bestia uccide a sangue freddo), erotico (con venature politiche: Brucia ragazzo, brucia, Avere vent’anni) ma è con quella che Gordiano Lupi chiama “trilogia della mala” (Milano calibro 9, La mala ordina, Il boss) che ha forse raggiunto le vette più autoriali. Fernando Di Leo era e resta, insomma, ininquadrabile da focus univoci. Un uomo curioso, e (quindi) un uomo colto: nell’intervista rilasciata dalla sorella a Davide Magnisi si scopre, per esempio, l’insospettata passione nutrita per il cinema interiore di Ingmar Bergman.
“Io penso che lui abbia sognato tutta la vita di fare un film come Bergman, che era il suo opposto in ogni senso. – riferisce Rita Di Leo – Era molto attratto dai film rarefatti, dove il messaggio era elitario, quindi esattamente l’opposto di quello che poi ha realizzato. È difficile dire quali erano i modelli specifici di Fernando, perché era una persona di grande ampiezza culturale” (p. 159)
La rivelazione è una è delle possibili sorprese in cui potete imbattervi scorrendo le pagine di questo saggio. Se si guarda allo specifico filmico di Di Leo al netto dei pregiudizi ideologici (paradossale, per esempio, che un comunista come lui sia stato continuamente tacciato di girare pellicole reazionarie e destrorse), questi non mancherà di rivelare la vocazione “alta” (meta-cinematografica, impegnata?) di un onnivoro di cinema passato alla storia soprattutto per i film di inseguimenti tra auto che sgommano a tutto gas e cieli di piombo all’italiana. Ultima nota su questo saggio dai contenuti spesso inediti: esce nella collana La cineteca di Caino delle Edizioni Il Foglio: prendete nota perché si tratta di una fucina di riletture critiche sull’illegittimamente bistrattato cinema-bis.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Di Leo Calibro 9. Erotismo e noir nel cinema di Ferdinando Di Leo
Lascia il tuo commento