Storia della commedia sexy all’italiana
- Autore: Gordiano Lupi
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Mi pare fosse in La soldatessa alle grandi manovre: Gianfranco D’Angelo sfoggiava una zazzera ricciuta che a un colonnello qualsiasi – un colonnello che non si chiamasse Buttiglione o roba del genere – gli sarebbe venuto quanto meno un coccolone. Inutile star qui a menarla per le lunghe: tra plot, personaggi e contesti vari, gli eroticomici possiedono una vena paradossale tutta loro. Prendere o lasciare, ma un conto è Malizia un conto sono le dottoresse e le poliziotte in carriera. Uno Ultimo tango a Zagarolo (1973), uno Mia moglie torna a scuola. Che cosa è stata la commedia erotica, nel suo periodo aureo collocabile tra i Settanta e gli Ottanta del Novecento italiano, lo spiega pane al pane Gordiano Lupi, che ai registi del genere dedica questa “Storia della commedia sexy all’italiana” (Edizioni Sensoinverso, 2017):
“La commedia sexy (…) è un genere italiano al cento per cento ed è una diretta filiazione della commedia classica, forse è il solo genere a non risentire di alcuna suggestione esterofila. Nella commedia erotica tutto deriva dalla nostra cultura: luoghi, circostanze, situazioni, erotismo morboso e malizioso. I registi che praticano il genere si limitano a trasporre sul grande schermo l’immaginario erotico dell’italiano medio e strizzano l’occhio alle fantasie degli adolescenti” (p. 11).
Non fosse che per motivi di natura antropologica sarebbe dunque bene assumere il filone per ciò che di fatto ha rappresentato: un prodotto commerciale con labili sotto-testo di denuncia di costume. Al cospetto di pellicole come L’insegnante al mare con tutta la classe o La moglie in bianco… l’amante al pepe credo che il discorso, piuttosto che sui roghi innalzati dalla critica tranchant, debba spostarsi sul grado di consapevolezza dello sguardo spettatoriale. Una tantum non guasta se riesci a cogliere la differenza che passa tra un film di Ingmar Bergman e uno con Lino Banfi. Legittimo, insomma, sistematizzare, come fa questo primo tomo di “storia” del filone, dedicato agli scult movies eroticomici di Sergio Martino, Mariano Laurenti, Michele Massimo Tarantini, Nando Cicero, Nello Rossati, per i quali Gordiano Lupi evita di profondersi in forzosi peana.
Lo sguardo dell’autore si mantiene oggettivo-descrittivo. Equidistante. Onesto. In obbedienza, mi pare di cogliere tra le righe, a un libertarismo (se mi si passa il termine impegnativo) da critico cinematografico onnivoro. Conscio che buona parte dell’industria cinematografica italiana (che fu) è passata dalle pierinate di Alvaro Vitali, dalle flatulenze di Bombolo, dai bollori di Renzo Montagnani. Per non dire dallo sguardo indiscreto dei registi cui sopra, fissati sulle forme iconiche di Gloria Guida, Edwige Fenech & le altre.
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