Dormiremo da vecchi
- Autore: Pino Corrias
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Chiarelettere
- Anno di pubblicazione: 2015
Ho pensato a “La terrazza” di Scola, e poi - giocoforza - a “La grande bellezza” di Sorrentino. Tra le pagine di “Dormiremo da vecchi” di Pino Corrias (Chiarelettere, 2015) soffia la stessa aria caustico-preapocalittica della migliore commedia all’italiana: quella capace di azzannare alla giugulare costume & società, radioscopia in campo lungo di una nazione alla deriva da sempre. Il contesto allargato del “Supermondo” (quello del cinema e dei suoi affluenti) che fa da sfondo al romanzo si pone, sotto questo aspetto, come meta-simbolico (il cinema come pancia del Paese rampante, ma anche come arte dell’apparenza, espressione “bugiarda” per antonomasia). Un macrocosmo trasversale, contiguo alla fine dei tempi, alla compravendita di corpi e anime per una foto di copertina o una comparsata tv. Personaggi in cerca d’autore (e produttore), fuori e dentro lo schermo fantastico, sullo sfondo eccitante di una “Dolceroma” sin dai tempi della dolce vita. Uomini e donne votati e attestati sulla triade denaro-potere-successo, passando per cene di lusso, marchette di lusso, cocaina, scandali, in misura maggiore o minore a seconda di ruolo e peso specifico raggiunto e/o raggiungibile. Come in una parabola esemplare, “Dormiremo da vecchi” gravita, non a caso, attorno alle vite di tre figure-cardine della Fabbrica dei sogni: produttore, attrice e sceneggiatore.
Il primo si chiama Oscar Martello e ha la faccia di uno che ha capito come stare al mondo, uno che si è fatto strada a gomitate alquanto generose. Vive d’un fiato e pensa altrettanto. L’incipit del romanzo ce lo consegna a ridosso dell’uscita di un film che ha prodotto e in cui non crede. Per salvarlo dal flop e salvarsi la vita escogita un “piano” da cui discende la prima delle vicende semi-gialle della trama.
La seconda è una specie di Marilyn capitolina, che risponde al nome di Jacaranda Rizzi: angelo bello & dannato, occhi color miele, cuore ibernato e un bel po’ di vuoti da riempire, a cominciare da quello lasciatole da un segreto che la tormenta da tempo (il secondo filone semi-giallo della trama).
L’ultimo dei tre protagonisti principali è Andrea Serrano. Campa scrivendo storie lacrime e sangue, come tocca alla maggior parte degli sceneggiatori di fiction televisive.
“Conosce i tre tempi del cinema, ma ha imparato che nulla vale quello luminoso dell’intervallo”.
Attorno a loro ruota la prevedibile consorteria di nuovi mostri, mogli, amanti, tirapiedi, questuanti, agenti, tenutarie di terrazze vip, attrici in disarmo, gossippari al soldo dei potenti, a un certo punto anche un poliziotto dall’anima ferita. Portatori di vite di corsa e solitudini senza rimedio, affresco acidulo di una Roma sempre più capoccia der monno ‘nfame.
Lo stile di Pino Corrias non si dimentica: è scattante, corroborato da parole che tintinnano, “suonando” come suonano le parole dei veri scrittori. Il romanzo avvince e fa riflettere, credo che anche per questo meriti il massimo e il più convinto degli apprezzamenti.
Dormiremo da vecchi
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