Dove la sorte ti ha voluto chiamare. Angelo Astolfoni detto Nino, artista e giornalista di Venezia, sottotenente esploratore nella Grande Guerra
- Autore: Paolo Seno
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2020
Quindici cartoline in franchigia della Grande Guerra, quattordici scritte dalla stessa mano, un patrimonio interessante ma tutto sommato ordinario per un collezionista di ricordi del 1915-18. Da quell’acquisto è nata una curiosità, dalla curiosità una ricerca e dalla ricerca un libro, Dove la sorte ti ha voluto chiamare. Angelo Astolfoni detto Nino, artista e giornalista di Venezia, sottotenente esploratore nella Grande Guerra. È opera del collezionista e realizzatore dell’indagine, il veneziano Paolo Seno, pubblicata dalla casa editrice lucchese Tralerighe Libri, dello studioso di storia del Novecento Andrea Giannasi (giugno 2020, 154 pagine, con un’appendice di 16 pagine di fotografie di famiglia color seppia).
Il testo di Seno è un romanzo, un’opera d’invenzione quindi, su basi storiche e verificate con cura dall’autore. Da romanzo sono anche le circostanze in cui si è arrivati alla narrazione, descritte da Paolo in un’appassionata introduzione.
L’interesse fin da piccolo per la storia della Grande Guerra è cresciuto con gli anni e lo ha spinto a cercare testimonianze e documenti. Nel novembre 1997, il titolare di un negozio di numismatica di Mestre gli ha proposto un pacchetto di quindici cartoline, usate dai soldati per comunicare con i propri cari. A parte una, mostravano la stessa calligrafia ed erano firmate Nino, oppure Ofi, datate dal 3 al 24 giugno 1916 e inviate alla madre Ernesta e alla sorella Adriana (a volte chiamata Ina), di Cannaregio, Venezia. Mittente: Angelo Astolfoni, sottotenente X compagnia III battaglione 228° reggimento di fanteria.
Il contenuto non sembrava riportare eventi interessanti o inediti, ma lo stile con cui Nino si esprimeva e l’essere indirizzate alla sua stessa città natale hanno colpito Paolo Seno, indotto a chiedersi in quali vicende fosse stato coinvolto l’ufficiale e se fosse tornato vivo dalla guerra.
Una visita alla biblioteca del Museo della Battaglia di Vittorio Veneto gli ha consentito di accertare che il 228° formava con il 227° la Brigata Rovigo, costituita nel maggio del 1916 e impiegata in trincea il 24 giugno sull’Altopiano dei Sette Comuni. Con amarezza, ha verificato dall’elenco degli ufficiali caduti che Nino è morto il 29 giugno, nel 16° ospedaletto da campo. Aveva compiuto 25 anni da un paio di mesi.
In occasione di una vacanza ad Asiago, percorrendo i corridoi dell’ossario nel Sacrario del Leiten come descritto nelle prime pagine del romanzo, Seno dice di aver fatto la seconda scoperta: la lastra con il nome Angelo Astolfoni e il grado. In un momento di straordinaria intensità, nel trovarsi di fronte ai resti dell’autore delle cartoline, ha notato che si citava l’attribuzione al giovane ufficiale esploratore della medaglia di bronzo al valor militare.
Nei testi sulla Grande Guerra i reparti esploratori vengono considerati precursori degli arditi. Erano affidati a ufficiali che in aggiunta a particolari attitudini fisiche e tecniche avevano dimostrato la risolutezza e la forza morale necessarie per affrontare missioni estremamente rischiose. Nell’imperdibile Un anno sull’Altipiano, ne ha parlato anche il sassarino Emilio Lussu, reduce, politico e scrittore.
Il riconoscimento al valore, oltre a dimostrare il coraggio di Nino nei pochi giorni in cui era stato coinvolto nei combattimenti, ha spinto Seno ad andare “assolutamente a fondo della vicenda”, cercando di mettere a fuoco il più possibile la bella figura di militare incontrata.
I dati più accessibili erano relativi al coinvolgimento nel conflitto. I diari della Rovigo stilati giorno per giorno e la corposa documentazione conservata presso l’Ufficio Storico dell’Esercito a Roma gli hanno consentito di definire nel dettaglio il contesto in cui si è svolta l’esperienza bellica del Nino ufficiale, compresi i drammatici eventi che hanno causato la sua morte.
Nel Kriegsarchiv di Vienna, ha potuto inoltre accertare il reparto dell’esercito austro-ungarico schierato contro la brigata Rovigo a fine giugno, sull’Altopiano, dopo la Strafexpedition.
Servivano anche dettagli sulla vita privata del Nino borghese e nel 2004 un certificato di famiglia intestato alla sorella nell’anagrafe di Venezia ha documentato che Adriana si era sposata, aveva avuto una figlia e da questa un nipote, Jacopo Madaro Moro, nato negli anni ’50, coetaneo di Paolo. Una ricerca su Internet rimandava a un residente a Boston, con recapito email, visto che esercitava un’attività professionale. La risposta dagli Stati Uniti è stata immediata, con la foto di Nino allegata.
Jacopo si è dimostrato subito entusiasta della ricerca, ha testimoniato che in famiglia il ricordo del prozio era rimasto vivo. È nato un rapporto quasi fraterno: una fitta corrispondenza telematica, frequenti scambi telefonici e qualche incontro nella città natale hanno messo a fuoco ulteriori aspetti personali di Nino. Alla fine è stato proprio Jacopo a spingere Paolo a scrivere. Si è speso al meglio e il romanzo è il frutto di questo impegno.
A distanza di anni dal ritrovamento delle cartoline, Nino è diventato una persona di famiglia. Paolo Seno sostiene di non avere mai subito il fascino dei fenomeni soprannaturali, ma confessa il sospetto “che sia stato lui” a cercarlo.
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