Fiabe e leggende popolari siciliane
- Autore: Giuseppe Pitrè
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Donzelli
- Anno di pubblicazione: 2016
Nel 1888, tredici anni dopo la prima imponente pubblicazione Fiabe, novelle e racconti del popolo siciliano, lo scrittore siciliano Giuseppe Pitrè pubblicava l’opera Fiabe e leggende popolari siciliane (Donzelli, 2016) che accoglieva centoquattro racconti inediti e venticinque varianti, la maggior parte da lui raccolti nel palermitano.
L’opera costituisce il volume XVIII della “Biblioteca delle Tradizioni popolari” e contiene la bellissima leggenda di Serafino Amabile Guastella, l’aristocratico di Chiaramonte Gulfi, intitolata La Lavannera di S. Giuvanni, riportata anche da Giovanni Gentile in un saggio sul medico palermitano presente nel volume Il tramonto della cultura siciliana.
L’argomento appassiona, giacché concerne il destino del peccatore dopo la morte: una sorta di teologia popolare che, ben diversa dalla religione cattolica o cristiana, fa pensare a una sorta di metempsicosi per cui sia l’anima che il corpo, al fine di espiare la colpa commessa, continuano a vivere in terra con le sembianze di un fantasma. Ecco la traduzione quasi letterale della leggenda:
Dicono che ai tempi antichi c’era una lavandaia, che aveva una comare battezzata, e una volta, come fu, come non fu, per motivi d’interesse, questa lavandaia si mise a sparlare della comare “Il Signore ce ne possa liberare, perché peccato come a questo non ce n’è.”
Guastella in nota ne spiega il significato: cominciò a dirle delle parole indecenti, qui molto ingiuriose per San Giovanni, protettore del comparatico. Sempre secondo quanto riportato da Guastella, la novellatrice si sente venire la pelle d’oca al solo raccontare di offese tra comari. Secondo il popolo, una parola ingiuriosa lanciata da comare a comare, non è perdonabile: e S. Giovanni la punisce severamente.
La conversazione tra le due inizia così:
La comare le diceva: - “pensate a San Giovanni!” - “Che San Giovanni e San Giovanni!” e non so che, e non so come. - “Vedete che il San Giovanni è geloso!” - “Che geloso e geloso!...”E le lacera con le unghie il viso.
All’insanabile conflitto segue un imprevedibile evento:
Dopo aver fatto questa bella sceneggiata, si carica il fardello del bucato, e se ne va al fiume, ma appena comincia a battere la tela, all’improvviso si ferma. Le altre lavandaie le dicono: - “Che fu? Che avete avuto?” - Vanno per guardare, e si accorgono che era morta. Vennero i becchini, e non fu possibile toglierla da dove era. L’attaccarono con le corde e un poco di persone si misero a tirarla; ma non ci riuscirono, perché sembrava una montagna. Finalmente ebbero a venire i preti per esorcizzarla, e solo così riuscirono a liberarla.
La chiusa, commenta Sebastiano Lo Nigro (“Racconti popolari siciliani”, Olschki editore, 1958), è come una mesta cantilena che scandisce il lavoro della lavandaia-fantasma:
Ora ogni notte se ne viene al fiumicello, e si mette a battere la tela, e, quando canta il gallo, s’arrampica sul tetto della chiesa di San Giovanni e sparisce, non si sa dove.
Il motivo del rivivere da fantasma si ritrova in una delle opere più prestigiose di Guastella: il poemetto Vestru dal sottotitolo Scene del popolo siciliano (Piccitto & Antoci, 1882 edizione subito tolta dalla circolazione, giacché zeppa di errori d’ortografia; II edizione, Ragusa, Piccitto & Antoci 1885; III edizione Chiaramonte Gulfi, Vacirca, 1936; IV edizione a cura di Gino Carbonaro, 1973).
Un pregio è dato dalla seconda parte che, in prosa dialettale, riporta storie e leggende da considerarsi come un documento di mitologia popolare, mostrando, in buona parte, una “dottrina” che fa centro attorno a una visione magica e animistica della realtà.
Chi muore con i piedi legati, non può intraprendere il nuovo cammino: resta sospeso nell’aria e non sa dove deve andare. È questa la sorte toccata a un prete ucciso dal sacrestano: l’anima, dice la narratrice, appare sul tetto della chiesa sotto forma di un cane bianco, malgrado il colpevole fosse stato giustiziato:
Ma con tutto questo l’animuccia è ancora a mezz’aria, e di tanto in tanto appare sopra le tegole della chiesa di san Silvestro.
Racconti leggendari questi, che, attraverso incisivi quadretti, rivelano la vita contadina, la cui visione demologica è davvero singolare: mette in luce aspetti etici entro una percezione spiritica, familiare peraltro a buona parte della narrativa siciliana da Luigi Capuana a Pirandello, per citare appena due nomi.
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