Finché Dio ci vede. Poesie
- Autore: Emanuel Carnevali
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2023
Per trovare una vita così piena di fatti infausti e di malattie accertate come quella di Emanuel Carnevali, si potrebbe andare a ritroso fino a Rimbaud per alcuni aspetti simili, ma se si scava a fondo la vita e le opere di Carnevali sono di gran lunga più dolorose, quasi insopportabili. La biografia ha qualcosa di un racconto noir di Edgar Allan Poe, in una famiglia dove il padre fugge dalla madre del poeta, avendo una seconda moglie che gli diede altri tre figli.
A ottanta anni dalla morte del poeta, il torinese Daniele Gigli cerca di mettere ordine in una vita randagia e oscura come quella di Carnevali, nato a Firenze, nel 1897. La sconosciuta arte poetica si palesa in questo libro intitolato Finché Dio ci vede. Poesie (Edizioni Ares, 2023, curatela di Daniele Gigli e traduzione dello stesso).
Arrivato negli Stati Uniti, all’età di sedici anni, dopo un’infanzia e una prima adolescenza sempre alla caccia di una casa con un letto, ma sempre scacciato da tutti per il suo carattere, imparò l’inglese dai manifesti pubblicitari e dal suo lavoro da lavapiatti e di qualunque lavoro. Pur amando gli Stati Uniti fino a diventare condirettore di Poetry, il poeta diceva sempre che le città americane avevano la loro essenza nel lavoro, un lavoro duro fatto da tanti emigranti. Da qui la durezza e la praticità dell’essere americano, che corrispondono poco con la vaghezza e l’ozio artistico di Carnevali.
Dalla lunga poesia Il giorno d’estate il poeta scrive:
Tutti i miei giorni / stanno in questa stanza / mi si premono addosso, vicini. / So cosa ho fatto, malfatto, sbagliato, frainteso, scor / dato, trascurato, / e ho perso la mia giovinezza. Tutti mi conoscono, / nessuno si stupisce; / mi hanno fatto posto in testa, fatto piccolo e legato/ per buttarmi in un angolino polveroso della loro / mente. / Tutti i miei giorni mi stanno rannicchiati / addosso, qui vicino a me; / la giovinezza non è che rimpianto e pazzia - / una pazzia... Gesù Cristo! Non sono già vecchio, non / conta che cosa vi ho detto e ciò che sono stato! / Non sono irrimediabilmente compromesso, non sono / perduto - / per pietà, / lasciatemi andare, lasciatemi libero! / Per pietà lasciatemi andare / con la mia giovinezza!
A Carnevali già la permanenza negli Stati Uniti era andata di traverso, anche se scrive le sue poesie in inglese, qui ritradotte da Daniele Gigli. Anche il sentire che ha perso la sua giovinezza è una tragedia, perché non potrà badare a sé stesso col lavoro, con la vita ordinata di chi ha un posto nel mondo. Dovrà rivolgersi al suo detestato padre per dire che torna in Italia, ma avrà bisogno di soldi, mentre il padre è crudele, perché non accetta di avere in casa un figlio che ha bisogno di cure costanti e di sedativi. Sappiamo che l’Italia era molto indietro nella pratica psichiatrica rispetto agli Stati Uniti. C’erano solo calmanti potenti che ti uccidevano la volontà o si faceva un abuso scriteriato dell’elettroshock. Il padre, che non lo voleva per casa perché non era un buon esempio per i figli più piccoli, lo abbandona in sanatori psichiatrici quando il poeta non ha più di quarantadue anni circa. Le poesie inedite sono uno strazio, perché è presente la giovinezza passata con una vecchiaia mai arrivata. Carnevali rimane in mezzo, solo, senza più la possibilità di trovare una compagna, un amico che non sia del sanatorio. Negli ultimi anni poi si accentua il morbo di Parkinson: una vita difficilissima tanto che in una poesiola (perché così le ha chiamate) molto dura con il titolo di Certe famiglie, leggiamo:
- Certe famiglie puzzano di rancido, di schifo / Gli affetti in certe famiglie/ sono come chi cerca calore / in un mucchio di letame. / In queste famiglie le cose / sono serpenti che salgono un albero morto. / Il mutuo soccorso in certe famiglie / si attacca a ogni membro come un abito zuppo. / Sono troppo affollate queste famiglie/ perché si dia spazio all’amore. / In certe famiglie / il volto del bello è oscurato: uno straccio insozzato di mille sozzure / ricopre il volto del bello. / Ma ci sono famiglie in cui il capo / è come una grande quercia. / Queste crescono sotto il sole / come un fascio di ranuncoli. / E sono belle agli occhi di Dio, / e sono belle agli occhi degli uomini.
Questi versi fanno capire che, pur vivendo una situazione limite, Carnevali riesce a poetare, a essere lucido e affilato. Nonostante l’indifferenza della sua famiglia con troppi figli, sembra sopportare la solitudine. Ma non sempre: ci sono versi che parlano di putrefazione, di cattiva volontà, di padri orribili.
Purtroppo non c’è niente di natalizio in questi versi, ma il poeta conosce famiglie felici e questa consapevolezza lo rende meno lieto, quasi invidioso, disperato. Ma poi passa tutto e le famiglie "felici" sono una chimera, un sogno della sua mente oscurata.
Finché Dio ci vede: Poesie
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