Fossi in te io insisterei
- Autore: Carlo Giuseppe Gabardini
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2015
Scrivere è terapeutico, lo dicono tutti, ed effettivamente è così. Scrivere lettere, poi, può essere addirittura un modo per arrivare meglio non solo al destinatario, ma anche a noi stessi. Un modo per guardarsi dentro, eppure è un’operazione difficile, perché invasiva: occorre pazienza, intelligenza e soprattutto coraggio per farlo, specialmente se la lettera che vuoi scrivere è indirizzata ad una persona che, in realtà, ormai abita soltanto nella tua testa e nel tuo cuore, e soprattutto se quella persona è tuo padre.
Ma noi una persona paziente, intelligente e coraggiosa l’abbiamo trovata, esiste davvero, ed è anche una persona dalla forte sensibilità e dal ricco bagaglio emotivo. Stiamo parlando di Carlo Giuseppe Gabardini e del suo primo romanzo Fossi in te io insisterei. Lettera a mio padre sulla vita ancora da vivere (Mondadori, 2015, pp.241).
“Diventare grandi è scegliere, e io senza di te non so più scegliere. Anche per questo devo salutarti: per poter scegliere da solo e così diventare adulto”.
È questo lo scopo della lettera che Carlo Giuseppe decide di scrivere a suo padre, scomparso ormai quindici anni fa: è giunta l’ora di diventare grandi e per farlo deve liberare suo padre dalle gabbie della mente, che si ostina a tenerlo lì, allacciato ai ganci delle emozioni, dei ricordi e del cuore.
Eppure quello di Gabardini non è in alcun modo un libro su suo padre, non si tratta di una lunga lettera in cui vengono esposti pregi e difetti di una figura che Carlo Giuseppe non esita a definire “giusta”. Fossi in te io insisterei è molto di più, è un mondo.
Accompagnati dallo sfondo di una Milano che cresce insieme ai protagonisti e ai lettori stessi e che cambia, dagli anni Settanta-Ottanta fino ai giorni nostri, ci muoviamo all’interno di un ambiente familiare composto da un padre, una madre e cinque fratelli. Carlopepe – ossia Carlo Giuseppe Gabardini in versione casalinga – è il terzo figlio, lo spartiacque esatto tra due maschi e due femmine. Proprio da qui, da questo caldo e vivo appartamento di una Milano un po’ diversa da quella attuale, si apre il racconto di un giovanotto tirchio, che colleziona bloc notes fai-da-te con le vecchie schedine del Totocalcio e che fa sfoggio di una leggera vena polemica, oltre che altamente ironica.
Il passato, il presente e l’idea di un futuro di Carlo Giuseppe prendono forma all’interno di questo caleidoscopio di emozioni e riflessioni, in un testo che diventa un coming out essenziale, necessario e sufficiente a spiegare la vita a chi lo legge. Sì, perché questo è un vero e proprio coming out dell’Esistenza, in cui confluiscono tutti i rivoli del vissuto umano, e nello specifico di Carlo Giuseppe: partendo dalla dichiarazione della sua omosessualità ad un padre che può sentirlo, ora, solo da lontano, senza riuscire a replicare, passando per la confessione – molto più amara – che la sua vita è tutto un groviglio di incertezze e paure perché da quando è venuto a mancare il suo punto di riferimento
“non sono più in grado di scegliere nulla, ma proprio nulla”
fino ad arrivare ad una considerazione che sfocia dritto nel cuore della società contemporanea: i padri, i nostri padri, che fine hanno fatto? Dove si sono volatilizzati quei giganti fatti di giustizia, severità e orgoglio che ci hanno insegnato come stare al mondo? Che ci hanno suggerito – mai imposto – cosa sia il bene e cosa il male? E che ci hanno detto che l’acqua liscia e l’acqua frizzante insieme non vanno d’accordo, ma che bisogna scegliere ogni volta tra l’una e l’altra? E che ci hanno insegnato che il mondo non sempre ha venature grigiastre, ma a volte o è bianco o è irrimediabilmente nero?
“Certamente influenzato dal mio piccolo caso personale, io ho la netta sensazione che qui i padri siano andati via tutti. Assieme a te”.
Orfani di padri, orfani di Dio, orfani di se stessi.
In un esperimento letterario così intimo e sofferto, che è a metà tra il saggio che insegna (senza mai ammonire), il ricordo che fluttua e che sgorga da una mente fragile e pur tuttavia coraggiosa, e il racconto di una vita intensa che vuole urlare, a gola spiegata, tutte le gioie e i dolori, Gabardini realizza un testo prima di tutto liberatorio. Una lettera al mondo sul mondo, dedicata a ciascuno di noi, individuale e collettiva allo stesso tempo: un testo che rimarca l’unicità di scelta e di essenza di ogni singolo essere umano, unico e irripetibile.
Carlo Giuseppe Gabardini si rivela non solo come attore (benché l’Olmo di Camera caffè sia un personaggio amatissimo), autore e scrittore, ma si rivela soprattutto come Uomo, mettendosi a nudo di fronte al pubblico dei lettori e, questa volta completamente, di fronte a suo padre. Carloepepe dipende da questo padre avvocato così autorevole in modo, tuttavia, autonomo: la bellezza di questo rapporto e la sua forza intrinseca risiedono proprio non solo nell’autenticità dei sentimenti provati e corrisposti, ma soprattutto nella forza di quell’amore viscerale che li lega ma non li costringe, che li avvinghia ma non li soffoca. Un amore che permette loro di mantenere le due personalità ben distinte, eppure unite, grazie alla forza di uno spirito critico che è ben radicato tanto nel padre quanto nel figlio.
Carlopepe è un eroe dei nostri giorni, un eroe che riesce a piangere, ad arrabbiarsi, che ammette le proprie insicurezze e che, nonostante tutto, raggiunge il traguardo più importante: infischiarsene delle aspettative altrui. Perché, si sa, le aspettative sono quella cosa che rovina tutte le altre, che rende schiavi e servi del prossimo.
“Cambiare si può. La società ci impone un ruolo, ma sta poi a noi dire: no, io non sono quello che pensi tu, sono quello che penso io; non quello che tu ti immagini, ma quello che io realmente sono”.
La forza di Fossi in te io insisterei è una forza che viene da dentro e che risiede in primis nella volontà di svelare gli altarini, nel cercare di dire sempre le cose come stanno, di far trionfare la verità sulla menzogna, perché la Giustizia è stato l’insegnamento più grande di papà Gabardini. I problemi vengono affrontati nel modo più difficile e tuttavia nel modo più audace: partendo da dentro, analizzando colpe, diritti, doveri e conquiste personali, con un occhio rivolto alla realtà, ma senza mai perdere di vista la propria interiorità.
Un romanzo sulla necessità di comprendersi, di venirsi incontro e di essere onesti, almeno con se stessi, sempre, e, ancora prima, un romanzo sul coraggio di prendere in mano la propria vita, scrutarla, studiarla, guardarla dritto in faccia.
“La soluzione, invece, dev’essere ordinare acqua frizzante e mentre la bevo ricordare che tu prediligevi la naturale; solo così comprendo te, rispettando me”.
Fossi in voi, io lo leggerei.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fossi in te io insisterei
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