Guerra all’ISIS
- Autore: Gastone Breccia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2016
Serkeftèn (fino alla vittoria), non c’è alternativa per i curdi nella guerra contro lo Stato dei tagliagole. Una battaglia che combattono, donne comprese, al posto dell’Occidente. Una guerra quasi invisibile, poco documentata com’è dai media mondiali. Per questo, Gastone Breccia ha voluto raggiungere le zone del conflitto e raccontare quanto ha visto in un libro-reportage, “Guerra all’ISIS. Diario dal fronte curdo”, pubblicato a marzo 2016 da il Mulino (pp. 212, euro 16,00) nella collana Contemporanea.
Breccia è un docente, insegna storia bizantina nell’ateneo di Pavia. No press, no journalist, ha dovuto ripeterlo a tutti: poliziotti turchi, combattenti peshmerga, guerriglieri del PKK, il simpatico tassista che lo ha portato in prima linea, la comandante Meriem a Kobane. Perché “mai uno storico dovrebbe andare a vedere una guerra?” Per aiutare tutti a capirla e apprezzare il modo in cui viene combattuta da un popolo coraggioso,
“che sta conquistandosi la gratitudine del mondo pur non avendo ancora una vera patria”.
Il professore-testimone riconosce che, come Fabrizio Del Dongo a Waterloo (nella “Certosa di Parma” di Stendhal), chi è parte dell’evento può non capire affatto cosa stia accadendo attorno a lui. Esserci non significa comprendere: ma qualcosa deve pure significare. E allora, via, tra i curdi, dentro la guerra condotta in nome e per conto del resto del mondo.
Quel popolo guerriero vanta un primato al contrario: è il più numeroso gruppo etnico senza un proprio stato, pur essendo la quarta popolazione del Medio Oriente, dopo arabi, turchi e persiani. Sono più di 28 milioni, vivono fra Turchia, Iraq, Iran e Siria e si battono divisi tra peshmerga del KRG (Kurdistan Regional Government iracheno) e reparti militari delle fazioni-partito, PKK e PYD, costituendo una specie di esercito leggero, capace di condurre una guerra convenzionale contro le milizie dell’ISIS.
È un conflitto vero, duro, feroce. “Una tragedia, ma per metà anche un inganno”, insiste il docente auto-inviato. È una tragedia che si è abbattuta con violenza soprattutto sulla popolazione civile dell’ovest iracheno e della Siria, ma è anche una farsa, perché non c’è nessuna volontà di sconfiggere davvero l’Isis. Al governo Barzani (Kurdistan iracheno) ed ai suoi referenti occidentali, fa comodo avere un nemico alle porte, per vendere armi, ma non solo. I turchi, poi, fa notare Breccia, sono il problema e potrebbero essere la soluzione. Erdogan conduce una politica aggressiva che cerca la “pancia” del suo popolo, in vista delle prossime elezioni. Col suo decisionismo, il nuovo sultano potrebbe spingere con decisione verso una parziale autonomia dei curdi o, al contrario, attaccarli a fondo. Sarebbe un modo per fare chiarezza.
I russi sembrano quelli con le idee più chiare. Le ragioni dell’intervento di Putin in Siria sono tante, oltre a voler frenare un’incontrollata espansione del terrorismo. A Mosca sono giunti alla conclusione che il successo di Daesh e i flussi bidirezionali connessi (con le reclute straniere attratte in Siria, addestrate e rispedite nei paesi di provenienza, a seminare morte) potesse accrescere il radicalismo tra i musulmani di Russia. Una minaccia da cancellare a tutti i costi.
Intanto, sul terreno è in atto l’offensiva serkeftèn, fino alla vittoria: i curdi combattono contro l’Isis un conflitto che ammette quel solo obiettivo. In fondo al sentiero di guerra, non potranno che esserci il successo o la morte. Il Califfato non fa prigionieri, stermina i nemici in tanti modi crudeli, pubblici, ostentati, ripresi e trasmessi in rete per propagandare il terrore della forza esponenziale delle armate con le bandiere nere.
I curdi combattono ognuno per conto proprio, le fazioni hanno settori e obiettivi diversificati. Sono in atto le offensive che stanno riducendo l’estensione territoriale dello Stato islamico. Quale lo scenario futuro secondo Gastone Breccia? Assad più forte, ma ridotto a un vassallo di Mosca e Teheran. Erdogan costretto a inghiottire amaro, limitandosi a tenere in vita i turcomanni oltre il confine siriano e a sfruttare l’amicizia del Kurdistan iracheno. Tutti gli altri curdi ancora con le armi al piede. Sanno che quello che troveranno ala fine della guerra dipenderà anche dall’aiuto che il mondo saprà o vorrà dare loro, dal sostegno di altri popoli più fortunati. Come dice un proverbio curdo,
“quando due amici sono leali l’uno verso l’altro, Allah è il terzo in mezzo a loro. E regna la pace, e la terra fiorisce”.
Guerra all'ISIS. Diario dal fronte curdo
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