Corea, la guerra dimenticata
- Autore: Gastone Breccia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2019
Un decennio prima del Vietnam e quarant’anni in anticipo su Desert Storm nel Golfo Persico, il conflitto nella penisola coreana è stato un incubatore dello scontro tra il blocco mondiale comunista e quello occidentale, oltre che un laboratorio, anche delle operazioni armate di peaceinforcing delle Nazioni Unite. Così lo considera il docente e ricercatore Gastone Breccia, autore nel 2019 di un saggio per la Biblioteca Storica della bolognese il Mulino: Corea, la guerra dimenticata, 408 pagine, 25 euro.
Livornese di nascita, nel 1962 e cremonese di residenza, Breccia insegna storia bizantina e storia militare antica nell’Università di Pavia. Da qualche anno ha orientato il suo lavoro di ricerca soprattutto sulla storia bellica. Per il Mulino ha già pubblicato L’arte della guerriglia (2013), Le guerre afgane (2014), 1915: l’Italia va in trincea (2015) e Guerra all’Isis. Diario dal fronte curdo (2016).
Quello in Corea è un paradigma di tutti i conflitti della sanguinosa seconda metà del Novecento. È stata guerra civile e convenzionale, guerra limitata ma anche di coalizione, l’ultima con mischie corpo a corpo alla baionetta e la prima con i duelli aerei di caccia a reazione.
Quali le cause dello scontro tra le democrazie occidentali e i totalitarismi comunisti (cinese e sovietico)? C’era in palio la supremazia in Asia nordorientale e di lì a un decennio la frizione si sposterà in Indocina (Vietnam, Laos, Cambogia). E comunque si è trattato di una “provvidenziale alternativa alla terza guerra mondiale”.
Tremendi i costi per la popolazione civile. Ingenti le perdite umane per la compagine comunista, che spingeva i suoi combattenti in massa all’assalto. Scottanti gli insegnamenti per l’Occidente. Il generale Omar Bradley, capo di stato maggiore congiunto USA in quel periodo e tra i migliori pianificatori di tattiche militari, cominciò presto a considerarla:
un disastro militare per gli Stati Uniti. La guerra sbagliata, nel posto sbagliato, nel momento sbagliato e contro il nemico sbagliato.
Dello svolgimento del conflitto si conoscono in genere le fasi principali, con l’andamento altalenante del fronte.
Nelle prime ore di domenica 25 giugno 1950, un attacco convenzionale da terra dell’esercito della Corea del Nord sorprese le forze del Sud schierate alla frontiera del 38° parallelo. Le truppe sudcoreane erano impreparate e deboli. Reparti americani inviati in fretta vennero travolti e a luglio la Corea del Sud si limitava di fatto al perimetro difensivo intorno alla città portuale di Pusan.
L’ONU fece sua la campagna contro l’invasione comunista e numerosi Stati fornirono truppe. A fine settembre, uno sbarco alleato a Inchon ed una controffensiva spinsero indietro le divisioni rosse, fino al confine con la Cina, che non poteva accettare la situazione. Anche l’URSS forniva intanto segretamente al governo di Pyongyang (ch’era stata occupata dalle Nazioni Unite) aerei, piloti, specialisti e convogli di ottima artiglieria antiaerea, compresi i serventi.
Ad ottobre, consistenti contingenti di soldati cinesi - oltre 200mila uomini, che figuravano come “volontari in appoggio all’amico popolo nordcoreano oppresso dal capitalismo” - passarono il fiume Yalu e ricacciarono le colonne ONU fino alla vecchia frontiera del 38° parallelo.
I cinesi erano una valanga umana. Gli alleati godevano della superiorità aerea e tecnologica. I civili coreani del Sud e del Nord avevano comunque la peggio.
Il fronte finì per stabilizzarsi sul 38° parallelo, nella primavera del 1951. Combattimenti locali proseguirono per due anni, fino al cessate il fuoco e all’armistizio del 1953, che divise la Corea in due Coree.
Meno note le origini dello scontro, che risalgono alla seconda guerra mondiale. A Jalta, nel febbraio 1945, Roosevelt e Stalin si erano soffermati solo brevemente e verbalmente sull’istituzione di un’amministrazione fiduciaria nella penisola coreana, alla cacciata degli occupanti giapponesi. Non se ne parlò più, ma quando l’8 agosto 1945, dopo l’atomica su Hiroshima, l’Armata Rossa invase la Manciuria dirigendosi verso la Corea, gli americani si resero conto di rischiare di trovarsi di fronte al fatto compiuto.
Per evitare che il Paese fosse occupato per intero dalle truppe sovietiche, si affrettarono a proporre un accordo sulla spartizione temporanea: un colonnello studiò per mezz’ora una carta geografica scolastica nel Pentagono e pur ignorando del tutto la morfologia del territorio, le vie di comunicazione, le istituzioni politiche locali e gli eventuali titoli di proprietà, propose di tagliare in due la penisola coreana all’altezza del 38° parallelo. Mosca accettò il 15 agosto senza obiezioni: l’area del Nord era molto più vasta e ricca di risorse naturali, fabbriche e tutte le centrali idroelettriche, sebbene la popolazione si limitasse a 9 milioni di abitanti. Gli USA posero a capo del governo del Sud (21 milioni di abitanti, per lo più contadini), un nazionalista reazionario, Syngman Rhee, che con i suoi metodi oppressivi scatenò una dura repressione dei militanti e simpatizzanti di sinistra. Erano le prime vittime di una guerra civile. Era stato scavato un solco incolmabile tra coreani e coreani.
Corea, la guerra dimenticata (Biblioteca storica)
Amazon.it: 16,99 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Corea, la guerra dimenticata
Lascia il tuo commento