Il demone della battaglia. Alessandro a Isso
- Autore: Gastone Breccia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2023
È sempre un piacere leggere Gastone Breccia.
Nel titolo più recente, Il demone della battaglia. Alessandro a Isso (il Mulino, 2023), lo sguardo dello storico, docente universitario e saggista si sposta verso un giorno di novembre del 333 avanti Cristo, nei pressi del fiume Pindaro, nella Cilicia meridionale.
Qui, 2.356 anni fa, a sud dell’antica Anatolia al confine con la Siria, il macedone Iskander il Grande ha sbaragliato il temibile e molto più numeroso esercito persiano di Dario.
Pubblicato da il Mulino nella collana “Intersezioni-Il giorno perfetto”, Il demone della battaglia. Alessandro a Isso (214 pagine) è un nuovo contributo dell’insegnante di civiltà bizantina e storia militare antica nell’ateneo di Pavia.
Livornese di nascita e romano di residenza, grande firma della società editrice bolognese (e non solo), ha scritto dal 2014, oltre al noto L’arte della guerriglia (2022), numerosi e sempre validi saggi di storia, sulle guerre afgane e su quelle nel Novecento in Afghanistan, Medio Oriente, Libia, Corea, limitandoci al Mulino.
Nel commento alla collana, si legge:
ci sono battaglie che si possono essere vinte o perse solo in un giorno preciso: la fortuna, l’abilità strategica e la capacità di guidare un esercito, una folla, una protesta si combinano in una vita o in un’impresa.
Ma non si limita allo scontro nell’attuale provincia turca di Hatay l’oggetto dello studio di Breccia, che senza troppo disagio per i lettori illustra l’ascesa dei re macedoni nel IV secolo a.C. e la sfida del giovane Alessandro alla potenza persiana.
Prima della battaglia di Isso, fa notare, mai un esercito greco aveva affrontato una grande armata achemenide guidata personalmente dallo shahanscha, il re dei re. La pur celebrata battaglia di Maratona, 157 anni prima, aveva contrapposto un corpo ristretto di spedizione dei Medi e una forza motivata e vincente di 10mila fanti pesanti ateniesi e plateensi.
Il successo sul campo di battaglia era stato tanto insperato e decisivo, da restare per sempre la testimonianza della superiorità di un popolo libero sulla potenza militare di un impero di schiavi. La Grecia era sopravvissuta al conflitto impari con il grande impero di Dario I e Serse.
Il principe Alessandro sarà stato certamente esortato a studiare le guerre persiane, sulla base della ricostruzione di Erodoto nel secolo precedente, ad approfondire il confronto tra Oriente e Occidente, a esaltare l’affermazione degli Elleni. Le virtù civili e guerriere, i valori condivisi e la cultura superiore, le stesse degli eroi di Omero e degli opliti a Maratona, alle Termopili, a Platea, avrebbero portato la piccola Ellade all’inevitabile resa dei conti con l’Asia e a conquistare il dominio.
Ma una vera nazione greca non prese mai forma e questo consentì alla Persia di avere buon gioco sulle divisioni tra le poleis, distratte dalle guerre fratricide peloponnesiache. Anche se i Medi non minacciavano direttamente il territorio greco, la situazione politica e militare rimase precaria, “avvelenata da un odio culturale intensificatosi per oltre un secolo”.
Alessandro crebbe in questo clima. Mentre il padre Filippo conquistava l’egemonia sul mondo ellenico, il giovane principe veniva educato, anche dal filosofo Aristotele, a emulare le gesta dei condottieri achei omerici nel vivo della lotta di civiltà con l’Oriente, a misurarsi con ricchezze capaci di sedurre e corrompere, con una potenza al tempo stesso smisurata e fragile.
Sicuro delle proprie origini semidivine, si convinse d’essere predestinato a compiere il disegno di tante generazioni: alla morte del padre ereditò il progetto d’invasione dell’Asia e trasformò una semplice spedizione per consolidare la frontiera orientale del regno in un più vasto disegno di rigenerazione del mondo conosciuto.
Nel 334 a.C., attraversati gli stretti e reso omaggio alla tomba di Achille, Alessandro sconfisse un esercito nemico comandato dai satrapi locali. Un anno dopo, lo shahanshah Dario III scese in campo alla testa di una grande armata. La battaglia nella Cilicia meridionale sarebbe stata decisiva per l’esito dell’intera guerra.
Quando a Isso lo schieramento persiano venne rotto e il nemico sbandò, preso dal panico alla fuga di Dario, i Greci non trovarono ostacoli tra loro e l’accampamento dei Medi, abbandonato dai difensori. Come d’abitudine, le mogli dei dignitari achemenidi avevano seguito i loro uomini in guerra, viaggiando su carri dorati e senza rinunciare al lusso estremo al quale erano abituate.
Si ammassarono al centro, cercando un aiuto che nessuno poteva più dare e venne a compiersi il destino di sempre delle donne in guerra, descritto con efficacia da Breccia. Violenze e stupri. I Greci le assalirono e divisero, colpendole con le aste delle lance, trascinandole per i capelli. Si appropriarono di gioielli, ornamenti, monili preziosi e dopo avere strappato loro i vestiti, oltraggiarono brutalmente i corpi nudi, come se volessero umiliare ulteriormente gli sconfitti violando le loro spose.
Il campo risuonava di lamenti e strepiti, secondo il destino toccato a ciascuna e non mancava nessuna espressione del male, dal momento che l’efferato arbitrio dei vincitori investiva ogni classe sociale e tutte le fasce d’età.
Il demone della battaglia. Alessandro a Isso
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